Va bene ma ricondurre la virilità alla barbarie è davvero semplicistico, gli esempi contrari non mancano.
Risé non può ignorare che l'assenza di civiltà che lui vagheggia consiste nell'orda che commette razzie in stile Arancia Meccanica (film che fa esplicito riferimento alle fratrìe primordiali). Ci sono tracce di questo stato pre-civile in tutte le culture: nei romani (ver sacrum in cui si espelleva la gioventù mandandola a saccheggiare le popolazioni vicine, ratto delle Sabine), nei "riti di passaggio" degli adolescenti giapponesi, nei matrimoni delle popolazioni amazzoniche o siberiane in cui la sposa viene "rapita", nel dio-teppista Rudra dei Veda.
La civiltà è emersa da quel caos informe; ne parla anche Ortega y Gasset ne L'Origine Sportiva dello Stato.
In realtà il regresso nell'inciviltà, lungi dal liberare la virilità, segna lo scacco delle nuove generazioni che non hanno né uno scopo né un posto e dissipano la loro esistenza nello sballo del sabato sera. Per chi volesse approfondire:
Già nei Veda un dio-teppista, Rudra, comanda una banda di semidei adolescenti scatenati al saccheggio gratuito, alle imprese guerresche, che si eccitano col soma: una bevanda di cui sappiamo solo che era uno stupefacente. E il mito di Romolo e dei suoi primi romani, tutti maschi giovani che rapiscono per bravata le Sabine, non vi dice niente? Pensateci: la scoperta del sesso come fatto di gruppo, fra risate masnadiere e ribalderie. Il mito evoca una psicologia che anche noi abbiamo conosciuto: la banda giovanile esisteva anche nella preistoria. Anzi, non esisteva altro.
È infatti dalla banda giovanile - non dalla famiglia come crede chi non ci ha mai pensato - che ha origine il primo gruppo umano organizzato, la prima forma di Stato. I nomi delle più antiche formazioni politiche, in Grecia e a Roma, tradiscono quell’origine: eterìe o fratrìe, gruppi di “eguali” o di “fratelli”, rigorosamente maschili; la curia, o co-viria, drappello di giovani maschi armati. I coetanei formano un gruppo solido e pericoloso, appartato dalle altre generazioni, segregato dai suoi rituali “segreti” che servono a saldare l’identità di ciascuno con quella del collettivo: a Sparta, il pasto comune degli Spartiati; nelle società dell’Africa o dell’Asia, la “casa degli uomini” riservata ai maschi prima delle nozze, club, tempio e covo della banda giovanile, luogo di riti che le donne della tribù non devono vedere, pena la morte.
Nel mondo italico restano tracce incerte di un rito antichissimo e tremendo, il ver sacrum. Quando la popolazione di un gruppo arcaico diventa eccessiva sulla sua terra, le messi vengono lasciate sui campi; e la verde messe dell’uomo, i maschi adolescenti, viene ugualmente mandata a perire. Il grano biondo è consacrato agli dei inferi; la bionda gioventù espulsa ritualmente, come morta, con il divieto di tornare indietro: dovrà conquistarsi una propria terra nelle tenebre esteriori, nell’ignoto infestato da fiere e da nemici mostruosi. La poplazione indoeuropea si sparse quasi certamente così, con espulsioni periodiche di eterie, tra l’Asia e l’Europa. La fiaba di Pollicino e dei suoi “fratelli”, mandati a perdere nella foresta primordiale dai genitori incapaci di nutrirli, conserva il ricordo angoscioso di questa dura usanza.
I vecchi, i patres che così la espellevano, sapevano bene che cosa avrebbe sostenuto la banda dei ragazzi esposta alle violenze e alle magie delle terre selvagge: precisamente l’ardimento scervellato, il gregarismo che, crudele verso i “diversi”, si fa disciplina militare; l’esagerata baldanza di tutti che copre la paura di ognuno, l’essere “tutti per uno e uno per tutti”: personalità incipienti, ancora senza identità, e perciò fungibili. È l’età in cui la vitalità accetta alla leggera il rischio mortale, in cui capita di perire per eccesso di voglia di vivere, di farsi uccidere per gioco. O per sport.
È facile manipolare la vitale stoltezza giovanile. Per millenni, i patres l’hanno sfruttata solo per esigenze estreme e superiori, con pia mancanza di scrupoli. I patres hanno sempre saputo che la banda giovanile, pericolosa nella tribù, “serviva” nelle durezze della guerra: dove la morte degli amici, l’ascesi atletica e militare, avrebbero infine fatto delle giovani belve - quelle sopravvissute - degli uomini adulti. Da sempre, sono i quindicenni e i diciottenni che combattono le guerre più sanguinose; e nel pericolo estremo della patria sono loro che la comunità butta in linea, a perdere. Persino la Chiesa di prima, quella saggiamente dura, lo ha fatto a modo suo. L’adolescenza è l’età a cui si può chiedere tutto: anche il sacrificio supremo da cui l’uomo adulto, sposato, il padre, arretra. La Chiesa arruolava a quell’età: chiedeva ai ragazzi, imperiosamente, la vocazione. Solo loro potevano accettare la chiamata nel senso militare, a morire a se stessi.
Nel nostro secolo, sempre più spesso, del tesoro greggio della vitalità giovanile si sono impadroniti gli stregoni delle masse, i dittatori. Hitler che nelle sue ultime ore decora i quindicenni chiamati a difendere Berlino, rinnova in senso satanico l’antico ver sacrum; ma c’è in lui ancora un barlume della pietas arcaica. I senescenti gerarchi cinesi, che hanno eccitato la ferocia gregaria delle giovani Guardie Rosse, per usarla come mero strumento del loro potere, fanno più ribrezzo. E ancor più i cattivi maestri che, senza esporsi, hanno mandato a perire e ad uccidere l’adolescenza dei nostri anni di piombo.
Ma anche quelli furono, almeno, anni di fuoco. Nell’oggi freddo in cui le ideologie sono morte, l’uso malvagio della gioventù ha raggiunto un gradino più abbietto, e senza l’ombra di una giustificazione. La società “s’interroga” sulle stragi del sabato sera; ma non sul fatto che il patrimonio della vitalità giovanile, da millenni estrema riserva di sventato eroismo per casi estremi, essa l’ha ceduto a mani oscene. Le troppo tenere mamme che impazziscono all’ipotesi che i loro figli adolescenti possano morire in grigioverde sui confini, li consegnano senza fiatare a loschi gestori di sale da ballo, al marketing del “consumo giovanile”, ai sinistri sciacalli del mercato. I preti stessi esitano ad esigere per Dio quelle vite giovanilmente stolte; non hanno di questi scrupoli le camorre che spacciano a quelle vite, per venalità, narcotici da schiavi. Le droghe spacciate al dettaglio ai nostri ingenui, stupidi, defraudati ragazzi hanno nomi che alludono - sardonicamente - a quello cui la gioventù aspira da sempre, fin dalle fratrie primordiali: eroina, ecstasy. Surrogati di eroismi, di erotismi, di visioni estatiche ormai inattingibili.