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Nascita del femminismo?

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giacca:

--- Citazione da: Vicus - Maggio 30, 2019, 08:15:16 am ---Al contrario, molte di loro vanno nel panico e fanno carte false per aggiudicarsi il primo zerbino che capiti loro a tiro. Si può dire che cerchino seriamente gli uomini a partire dai 40, prima (alfa a parte) se ne interessano solo per cercare validazione.

--- Termina citazione ---
Spero che hai ragione. Io ne ho quasi 50 e non posso cercare quelle di 30. E a 40 non sono da rottamare, anche a 50 una parte non lo sono per nulla.

Vicus:
Non dovrebbe esserti difficile trovarne di 40-50, ma anche quelle cercano uomini di "valore sociale" superiore al loro.

santiago:
Arrivo un pò in ritardo alla discussione. Scusate
Nascita del femminismo? Bella domanda.
Quando? o Perché?

Quando è nato il femminismo? Credo non sia possibile dare una risposta, si può forse risponde da quale data la storiografia femminista fa nascere il femminismo.
(La spiegazione complottistica della seconda metà del xx secolo, Ford e i finanziamenti vari, potrebbe forse spiegare la  nascita di “questo” femminismo, del femminismo attuale, ma non spiega la nascita del femminismo prima di questo periodo e dunque non risponde alla domanda).
In base alla storiografia femminista si può stabilire Christine de Pizan e il suo libro “La città delle dame” (1405) come punto di partenza. Questo per quanto riguarda singole iniziative (come quelle di Olympe de Gouges e Wollstonecraft). Ma se si parla di femminismo associativo e rivendicativo, di movimento femminista come lo intendiamo oggi si deve fissare come punto di partenza Seneca Falls e il 1848.

Christine de Pizan con il suo libro “La città delle dame”, una fortezza di solo donne, esseri di moralità perfetta (tra cui include ad es. la spietata assassina regina Fredegonda), dove gli uomini sono esclusi, compie una rivoluzione mentale copernicana: stabilice la forma mentis femminista. É brutto autocitarsi, ma ho scritto:

«Nel XIV secolo, la scrittrice Christine de Pizan nega per la prima volta l’universalità dell’origine dell’infelicità dell’anima umana, e individua nell’uomo il principale indiziato dell’infelicità delle donne. La donna, confinata nel ruolo assegnatole dalla società patriarcale, costretta a vivere in un mondo androcentrico a lei estraneo che non riconosce, è infelice per colpa degli uomini. Se per l’irrisolvibile infelicità dell’uomo il “problema” era “la vita” effimera e inafferrabile, origine dell’insondabile irrequietezza dell’anima, per Christine il “problema” della donna diventa “l’uomo”, la sua tirannia. La valle di lacrime universale, creazione divina e ineludibile, diventa con l’avvento del femminismo la valle di lacrime patriarcale, una costruzione maschile modificabile, un’infelicità guaribile mediante l’inevitabile conflitto dei sessi. La “condizione umana” si tramuta nella “condizione della donna”. La donna non è responsabile della propria infelicità, è infelice perché è oppressa, prigioniera, sottomessa, soggiogata, subordinata, schiava, e l’uomo è l’oppressore, il carnefice, lo sfruttatore, il dominatore, il padrone, il despota, il tiranno, terminologia che il femminismo non si è mai stancato di arricchire» (La grande menzogna del femminismo, pag. 115)

L'uomo, il patriarcato o qualsiasi cosa sia in relazione col mondo maschile è responsabile di ogni preoccupazione, problema o infelicità femminile. Il mondo femminile non ha alcuna responsabilità per nessuna delle preoccupazioni, problemi o infelicità maschili. Questa è la forma mentis di qualsiasi femminista/o:

«Quando Bob Marley sprona gli uomini (e le donne) a erigersi a difesa dei propri diritti (Stand up for your rights), la fazione oppositrice sottintesa è genericamente la società. Quando Beyoncé sprona le donne a comandare il mondo ed essere indipendenti, la fazione oppositrice sottintesa sono gli uomini. La differenza è sostanziale, per l’uomo l’antagonista nella lotta per i propri diritti è la società, per la donna l’antagonista nella lotta per i propri diritti è l’uomo» (La grande menzogna del femminismo, pag. 44)

Non so quanti tra di voi imputano alle donne tutte le loro problematiche e infelicità e state sicuri che le femministe ci rendono a tutti noi colpevoli di tutte le loro lagne.

Perché è nato il femminismo? Perché è nata in molte donne questa forma mentis?
Odio? Invidia? Incapacità di sopravvivere da sole? È un sentimento naturale di rivalità contro l'uomo?....
Domande non semplici, che cerco di rispondere nel secondo (e ultimo) volume “La grande menzogna del femminismo”, in uscita tra qualche mese.

Comunque per quanto riguarda la data della nascita del femminismo, o la capostipite, credo sia corretto coincidere con la storiografia femminista e incoronare a Christine de Pizan.

Vicus:
Grazie Santiago, come sempre scopro cose interessanti ed inedite. Sono del parere che il femminismo nella sua forma organizzata (suffragette) non abbia avuto un'origine spontanea. Da secoli circolavano progetti di ingegneria sociale e utopie di ogni tipo, dal socialismo fabiano ai falansteri di Fourier all'eugenetica di Campanella. In queste opere uomini e donne sono ridotti al rango di animali neutri da lavoro e (nel caso) riproduzione.
Si può anche considerare che le donne che scrivevano certi libri (ci metterei anche le sorellle Bronte con la loro ansia di emancipazione) erano delle artiste, delle "libere pensatrici" con tutto quel che ciò comporta.
L'uomo è il condificatore delle leggi e dei riti, le donne sembrano incapaci di costruire qualunque società organizzata. Per questo, come ha detto l'antropologa Mead, il matriarcato (salvo congetture mai verificate) non è mai realmente esistito.
Lo spiega l'antifemminista Wyndham Lewis già nel 1926:

"Tradizionalmente donne e bambini sono le categorie più [intellettualmente] indifese e meno dotate del genere umano […] i più creduloni e influenzabili tra noi tutti.
E' naturale, quindi, che un grande potere politico, interessato al dominio e null'altro, si impadronisca di loro per farne i suoi arnesi più maneggevoli. Mediante l'adulazione e la coercizione foggia la loro ignoranza e debolezza in uno strumento organizzato di dominio sociale e politico.
In un sistema in cui metà della massa di "animali" e "imbecilli" è usata contro l'altra metà, esiste un modo per cui la massa dei meno dotati, facilmente influenzati e creduloni può essere usata per distruggere la minoranza che sa un po' più di quanto dovrebbe sapere, che non è così facile da ingannare, perciò, e non è così indifesa. La guerra degli ignoranti contro gli intellettuali è un conflitto fomentato sullo stesso principio.

Lo scopo dei promotori capitalo-socialisti della guerra dei sessi è duplice. Da un lato è il discredito dell'autorità, sminuire il più piccolo e debole dei re, il padre di famiglia.
Dall'altro la rottura della famiglia, costosa e superflua, e il rilascio di orde di donne sul mercato del lavoro. Dieci casalinghe svolgono il lavoro (pulizie, cucina, ecc.) che due donne possono svolgere in un sistema collettivistico come quello di Fourier o della Russia comunista. Le rimanenti otto sarebbero disponibili per altre forme di lavoro. Questo è lo scopo economico della distruzione della famiglia e della casa."

Frank:
Resta il fatto che il femminismo può esistere solo in una società industrializzata.
Senza quel terreno fertile il femminismo è solo una parola, un'idea.

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