Circa 300.000 giovani lasciano l’Italia ogni anno [e altrettanti immigrati arrivano]. Uno ogni 5 minuti.
Negli ultimi 12 anni sono partiti 2 milioni di italiani. Quasi una famiglia su tre ha un figlio all’estero o che pensa di andarci.
Un giovane su due vorrebbe andarsene. L’Italia vorrebbe essere lasciata da quasi un terzo dei residenti.Secondo Confindustria questo esodo ci costa 14 miliardi all’anno di perdita di capitale umano.
Dovrebbe essere la notizia di apertura di tutti i media, invece silenzio e rassegnazione. Non fa comodo a nessuno parlarne perché è la sconfitta del sistema Italia e mette sotto accusa tutte le politiche economiche fatte finora.
Anzi, l’emorragia dei giovani italiani è raccontata come un fenomeno positivo, in nome della mobilità, globalizzazione, conoscenza. Un tempo l’esilio era una condanna. Ora sono tutti esuli volontari.
La campagna contro il posto fisso, per l’abbattimento dei salari, quella pro emigrazione giovanile, pro mobilità e flessibilità sono due facce delle stessa medaglia:
distruggere l’esistente e impoverire l’Italia, privarla del futuro.
Più si impoveriscono le Nazioni, più si rendono preda degli appetiti altrui e questi Paesi, depauperati delle loro sostanze, vengono regolarmente colonizzati e svenduti al miglior offerente.
In Italia stiamo assistendo da decenni a questo gioco al massacro. Stiamo sbagliando tutto e non ci rendiamo conto di una cosa essenziale: visto che l’accento è solo sulla mobilità e sul globalismo, se non si ritrova un po’ di sano orgoglio legato a una riscossa italiana è finita.
Il ritornello è: “l’Italia fa schifo”. Questa narrazione ci è stata imposta e abbiamo rinunciato a lottare. I giovani se ne vanno alla spicciolata, individualmente. Se ne vanno senza protestare, senza cercare di cambiare le cose in Italia. Sono impregnati di esterofilia e giustamente, perché l’Italia gli offre uno stage sottopagato anziché il contratto fisso che hanno altrove, dove le loro capacità sono apprezzate, mentre
in Italia sono considerati un fastidio e le richieste di lavoro una rogna a cui non vale nemmeno la pena di rispondere.
Cosa dobbiamo fare, allora? Per Barbara Pavarotti, ex-giornalista del Tg5, la risposta è chiara: “Ricominciare a lottare in Italia per cambiare, per scalzare la mentalità che ci vuole tutti esuli”. Il suo impegno si è tradotto in un video documentario prodotto dalla Fondazione Paolo Cresci intitolato “Italia addio, non tornerò” (guardate il trailer seguendo il link:
L’Inail scrive che in Italia mancano 4 milioni di posti di lavoro nella sanità, nell'istruzione, nella Difesa, nella Pubblica Amministrazione. Gli uffici pubblici lamentano una scarsità di personale e chi è occupato deve sopperire a fatica a questa mancanza. Nel privato, poi, le imprese si dichiarano tutte overbooking. Certo, devono fare profitti con la minor spesa possibile.
Insomma, nel fenomeno dell'emigrazione giovanile italiana, la narrazione vigente è una truffa: è una diaspora, frutto (quantomeno, per essere buoni) di una strategia miope; per essere cattivi frutto di una strategia che mira a umiliare l’Italia, depauperarla e minarla alle radici sgretolando anche le famiglie e dividendole. Strategia pericolosissima perché - anche così - si cede una fetta di sovranità utilissima a chi vuole rendere l’Italia una colonia sostituendo la popolazione italiana con altre etnie (se proprio vogliamo essere cattivi).
Il famoso motto "Divide et impera" vale sempre. Vogliamo reagire o essere rassegnati ad accettare tutto come abbiamo fatto finora? Sveglia, giovani: è arrivato il momento di una nuova rivoluzione! Intervento tratto dall’incontro per la presentazione del nuovo mensile "Sovranità Popolare", ripreso per voi dalle telecamere di Byoblu.