Autore Topic: Il globalismo vuol portarci a un comunismo tribale?  (Letto 735 volte)

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Offline Vicus

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Il globalismo vuol portarci a un comunismo tribale?
« il: Settembre 25, 2019, 00:41:30 am »
Se questa ipotesi si provasse vera, sarebbe perfettamente conforme all'invasione programmata di popoli tribali nel nostro Paese:

Per il lettore medio, l’idea della società tribale come modello per l’Occidente e la stregoneria amazzonica come nuovo paradigma per la teologia possono sembrare sconcertanti. Tuttavia, per qualcuno che ha studiato il processo storico rivoluzionario, ha perfettamente senso.
Ne L’origine della proprietà privata, della famiglia e dello stato, Friedrich Engels afferma che il tribalismo è l’obiettivo finale del comunismo. Dopo la dittatura del proletariato e una fase di transizione del socialismo autogestionario, la società comunista finale – il “socialismo ad un livello superiore” – sarebbe come la tribù, dove non c’è proprietà privata, né famiglia né Stato e, quindi, nessuna “alienazione”. I pensatori marxisti consideravano il tribalismo il “comunismo originale”, a cui la storia tornerà, completando così il suo ciclo evolutivo.
Ecco perché il comunismo ha sempre promosso l’indigenismo come un modo per promuovere la rivoluzione, specialmente in America Latina. Il primo congresso indigenista interamericano ebbe luogo nel 1940 a Pátzcuaro, in Messico. Tutti i pensatori e leader indigeni nel ventesimo secolo appartenevano a partiti comunisti o socialisti.
Più tardi la Teologia della liberazione iniziò a presentare gli indios come una classe “oppressa” bisognosa di “liberazione”. Da qui la nascita della teologia indigena, che successivamente venne adottata da diversi episcopati latinoamericani, in particolare in Brasile.
Nel 1977 il pensatore brasiliano Plinio Corrêa de Oliveira scrisse il libro Tribalismo indigeno: ideale comunista-missionario per il Brasile nel XXI secolo. In esso il leader cattolico denuncia le correnti indigeniste che dominavano la Conferenza episcopale. Capitolo dopo capitolo, mostra come queste correnti avessero abbandonato l’ideale missionario. Per loro non si trattava più di evangelizzare gli indios, ma di imparare da loro, che presumibilmente avevano mantenuto una sorta di innocenza primordiale in comunione con la natura, ormai persa dalla società occidentale. Presentavano la tribù sia come ideale religioso che sociale. [...] Tutto era stato previsto.
Diane Montagna

Fonte: LifeSiteNews
Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto.