Ancora una volta, in occasione della giornta internazionale contro la violenza sulle donne non poteva mancare (e come poteva essere?) il solito necrologio, anzi martirologio, sulle donne uccise, vittime della violenza maschile (le vittime della violenza femminile non fanno testo) a ricordarci- di più- che se una è donna e viene uccisa da un uomo, viene uccisa in quanto donna (chi obietta che il motivo magari è un altro è considerato un maschilista) e basta. Non a caso, il Tazebao femminista la Repubblica ci ricorda oggi che quest'anno in Italia le donne uccise da un uomo sono 95. Uno potrebbe dire che non è poi una cifra così alta e significativa dal momento che l'Italia ha 57 milioni di abitanti e la cifra in oggetto la si può anche considerare statisticamente fisiologica. Niente da fare: quando a morire sono le donne e ad ucciderle sono i "maschi" 95 donne morte sono già una "strage". Ma finchè si tratta di voler ridurre a zero un fenomeno che è comunque fastidioso per chi è donna, passi: è naturale che chiunque sia più sensibile ai pericoli che lo minacciano che a qualsiasi altra cosa. Ma qui si tratta di ben altro:
utilizzare cioè il problema come arma ideologica per un più ambizioso progetto di integrale reingegnerizzazione del genere maschile: e se ne è voluta occupare oggi la giornalista Michela Marzano con un articolo dal titolo illuminante ed inquietante: "La rieducazione del maschio". Non dell'uomo, si badi. Del "maschio". Colui che ha la colpa ontologica di essere tale, di essere nato tale e che deve espiare il peccato di origine con un'apposita "rieducazione" da effettuare nelle scuole, dallo Stato, dalle Istituzioni e magari (questo la giornalista lo fa abbastanza chiaramente capire) anche dalle organizzazioni femministe. Chi nasce maschio deve capire una volta per tutte che una donna va rispettata a prescindere da come si veste, dalle scelte che fa, da come usa la sua libertà e da come si comporta. Che siano i maschi - e solo loro- a conquistarsi il rispetto altrui: le donne tale rispetto lo devono avere comunque. E gratis. Questo è il mantra che si deve ripetere ai cittadini di sesso maschile. Questo è il messaggio che devono recepire e assimilare una volta per tutte. Che Lo vogliano o no. Che siano d'accordo o no. Che ci credano o no. Anche se lo ritengono una fesseria o una balla.
La violenza sulle donne è dunque il pretesto per realizzare l'antico progetto da sempre accarezzato dalle organizzazioni femministe: la rieducazione del maschio. Le morti femminili assolvono a tale funzione: richiamare l'attenzione delle istituzioni sulla necessità di attuare questo irrinunciabile programma. Per questo occorre tenere viva ed alta l'attenzione. Le morti femminili adempiono egregiamente a tale funzione: se non ci fossero sarebbe una vera disgrazia per il femminismo che verrebbe a privarsi del suo più incisivo motivo di polemica. Devono pertanto essere rese significative e rappresentative. Anche se sono poco numerose o persino in calo. O se ce ne fosse una sola