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Tutela dei minori ? No, MAFIA dei minori!
(1/1)
Jason:
Il business della “Tutela dei Minori”. L’ennesimo scandalo a Quarto Oggiaro (MI) . Vittime tre fratellini sottratti alla famiglia per quasi 5 anni.
Posted on venerdì, aprile 16th, 2010 at 05:27 in Rassegna stampa
I nostri 1.772 giorni d’inferno. (Di Antonio Rossitto- Panorama/Mondadori).
Giustizia minorile.
Un padre sferra un pugno sul tavolo. Così, nel maggio 2005, tre bambini milanesi vengono tolti alla loro famiglia. (Tanto per cambiare)
Ora sono tornati a casa e raccontano la loro vita in comunità. Tra indifferenza, vere violenze e abusi sessuali. ( :w00t: ma non era la sporca famiglia il luogo delle peggiori violenze ?)
Sharon ha 8 anni e porta sempre un fermacapelli rosa. La stessa tinta della felpa e delle scarpe. È il suo colore preferito: lo ha scoperto mentre viveva in una comunità di affido temporaneo. Ha avuto tutto il tempo per capirlo: c’è rimasta per quasi 5 anni, dall’11 maggio 2005 al 19 marzo 2010.
Più della metà della sua vita: è rimasta lontana dai genitori per 1.772 giorni. Sharon adesso è seduta nel soggiorno del piccolo appartamento in cui è tornata a vivere: a Quarto Oggiaro, periferia nord di Milano, un susseguirsi di palazzi popolari color pastello costruiti negli anni Cinquanta. La bambina si tocca nervosamente i capelli lunghi e neri: «Il giorno in cui mi hanno preso non me lo ricordo nemmeno» dice fissando il muro. «Avevo solo 3 anni. Tenevo ancora il ciuccio».
Due mesi fa, assieme a lei, è rientrato in casa suo fratello Mirko, di 13 anni. Mentre nel dicembre del 2008 aveva riabbracciato i genitori la sorella più grande, Vanessa, che ora ha 19 anni.
Tutti e tre sono stati tolti alla famiglia per un pugno sul tavolo. Una sera di aprile del 2005 il padre, Pietro Guccio, perde la pazienza. Quel giorno Vanessa ha marinato la scuola. Lui s’imbufalisce. Sferra un cazzotto e le stoviglie si sbriciolano a terra. Tutti restano basiti. ( Azzo, e questa?sarebbe violenza in famiglia ! Allora io, per quanti scatti nervosi che ho avuto dovrei essere dracula!)
Nella stanza accanto c’è un insegnante di sostegno: aiuta a fare i compiti e riferisce l’episodio ai servizi sociali. Guccio, però, non è un violento. Ha solo un aspetto poco rassicurante, massiccio e incombente. Ma la macchina della giustizia (mafia ) minorile è partita: un mese dopo i tre bambini vengono rinchiusi in un centro.
Gli ultimi due sono tornati meno di un mese fa: alti il doppio rispetto a quando erano usciti di casa. Adesso raccontano i loro 5 anni di calvario, passati in una comunità del Vercellese. Sharon centellina gli episodi con rabbia e distacco. Come quel giorno in cui prese uno schiaffo per avere messo il grembiule al rovescio: «Un ceffone forte» sottolinea. O quell’altra manata: «Avevo litigato con una compagna di stanza» chiarisce. «Faceva i dispetti, io le ho detto bastarda. Un educatore mi ha picchiato. Sono andata a scuola con le sue cinque dita stampate sulla faccia».
«E a me per avere dato un pugno sul tavolo hanno tolto i figli» ringhia il padre, 52 anni, un omone vestito di nero con una gran pancia e il volto guastato dalla sofferenza. Fa il magazziniere in una cristalleria. Ma prima è stato un mastro vetraio per trent’anni.
Guarda Sharon: «La mia principessa» dice.Mirko, nel mentre, si alza dal tavolo di legno del soggiorno. Va nella sua camera. Riappare con un pallone rosso tra le mani. Il papà lo chiama «Milito», come il giocatore dell’Inter. Il ragazzo è alto e ben piantato: felpa blu con la zip, jeans a vita bassa e scarpe da ginnastica color argento. Sta ricominciando a vivere, felice per avere ritrovato a scuola i compagni di classe delle elementari ed emozionato per il provino che sosterrà nel pomeriggio con una squadra di calcio. Anche lui naviga tra le brutte memorie: «Cinque anni da schifo» riassume mentre si alza il colletto della felpa fino a coprirsi la bocca. «Il tempo libero lo passavamo a pulire: i bagni, il cortile, perfino i tombini delle fogne. Pure il loro furgone, che era sempre sporchissimo. A chi si ribellava veniva tolta la paghetta: 5 euro a settimana». ( Bhe sempre meglio della famiglia, vero ?)
Invece gli educatori e i responsabili del centro, a suo dire, non muovevano un dito: «Solo se c’era qualche controllo si davano da fare». I diversivi, secondo il ragazzino, erano pochi: «Quando ho compiuto 11 anni, mi hanno dato un’ora d’aria al giorno» spiega, usando un lessico da carcerati. «Io però uscivo, cercavo una cabina telefonica e chiamavo a casa».
Vanessa, la sorella più grande, ha i capelli biondi e le labbra perennemente imbronciate. Racconta di essere stata molestata in comunità. I palpeggiamenti li rivive di notte: «Sogno quell’uomo che m’insulta, mi picchia, m’insegue. Sono passati 2 anni, però non riesco a dimenticare». Adesso, riunita la famiglia, l’educatore sarà denunciato.
Molestie, botte e «lavori forzati». Ma anche pressioni psicologiche. «Se mi lamentavo, venivo presa in giro» protesta Sharon. «Mi dicevano: “Tua madre ha le tette fino alle ginocchia. E tuo padre è un panzone”». Si disperava, Sharon. Voleva tornare a casa. E la rimbrottavano: «“Non piangere, così non risolvi niente”. Ci facevano intendere che i nostri genitori non stavano facendo niente per riaverci indietro». I bambini non potevano sapere che, nel frattempo, i Guccio le stavano provando tutte: scrivere ai servizi sociali, tappezzare i balconi con la scritta «Liberate i nostri figli», perfino organizzare fiaccolate.
Tina Riccombeni, 44 anni, ripensa a quei momenti e si commuove. Ha avuto tre infarti e ha perso il lavoro. «Per 5 anni li abbiamo visti solo un’ora al mese» assicura la donna. «Non potevamo nemmeno toccarli». «Una volta mi sono commosso e ho tentato di abbracciarli» aggiunge il marito. «Mi hanno rimproverato: era vietato. “Se non riuscite a trattenervi, la prossima volta giocherete a nomi, cose e città” hanno detto».
La moglie riattacca a parlare: «Anche il giorno del loro compleanno: un’ora di incontro, due fette di torta, quattro foto e poi tutti a casa».
Interviene Vanessa. I ricordi si affastellano: «Quando ho saputo che mio nonno stava male, ho chiesto di poterlo incontrare, almeno per l’ultima volta» sostiene. «Mi è stato risposto: “Non lo vedrai né da vivo e nemmeno da morto”». ( :sick: :sick:)
Guccio le accarezza una mano: «I miei figli sono costati allo Stato 3 milioni di euro in 5 anni. Con tutti questi soldi avrebbero dovuto vivere da pascià. Invece in comunità sgobbavano come muli e mangiavano solo cibo surgelato. La cuoca c’era, ma serviva solo a riscaldare i pasti».
Nel centro che ha ospitato Sharon, Mirko e Vanessa c’erano 14 ragazzini e altrettanti educatori. Quando il tribunale dei minori di Milano ha deciso che anche i due fratelli più piccoli potevano tornare a casa, Sharon giura di aver sentito due dipendenti borbottare tra loro: «Se i bambini cominciano ad andare via, noi perdiamo il lavoro». ( Eccovi servita, la nuova mafia ! Eccola nel suo splendore, localizzata nei tribunali!)
Negli ultimi cinque anni i Guccio hanno perso ben altro.
(antonio.rossitto@mondadori.it)
Brutta storia al rallentatore.
Il loro caso era stato raccontato da Panorama già l’8 ottobre 2009.
Coincidenze.
Una settimana più tardi, dopo anni di rinvii e ritardi, il tribunale dei minori di Milano firma un decreto provvisorio: i due ragazzini possono gradualmente tornare a casa
Dopo 1.772 giorni lontani dai genitori, anche Sharon e Mirko Guccio sono tornati a casa, il 19 marzo 2010.
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Coincidenze. Il 15 marzo 2010 viene emanato il decreto definitivo.
«Quella dei Guccio è una storia emblematica» dice Claudio DeFilippi, l’avvocato che assiste la famiglia da due anni. «Basta la parola di un assistente sociale per togliere tre figli ai genitori. È un sistema scriteriato, che va rivisto proprio nell’interesse dei minori».
Il nostro commento.
Sono lustri che denunciamo queste situazioni, che conosciamo benissimo poiché vissute dolorosamente sulla propria pelle dai nostri associati e dai loro figli. Finalmente anche i media li portano in primo piano: il loro impatto e potere è sicuramente più efficace del nostro, visto che grazie all’articolo di Panorama i fratellini in questione sono rientrati in famiglia.
Pochi giorni orsono i sindaci di molti Comuni del nord sono scesi in piazza a lamentare bilanci in rosso e reclamare più fondi dal Governo centrale da destinare ai servizi. Perché continuano dunque a foraggiare ed alimentare questo business anziché aiutare le famiglie in difficoltà reale?
Abbiamo migliaia tra senatori, deputati, assessori e consiglieri comunali, provinciali e regionali: possibile che nessuno si senta in dovere di visitare a sorpresa – ed in maniera sistematica – i centri di accoglienza per controllare la condizione di vita dei minori ospitati?
Presidenti di Commissioni governative, ed ancor più i magistrati preposti, anziché trascorrere pomeriggi o serate nei salotti televisivi non potrebbero impiegare meglio il loro tempo – da noi profumatamente pagato – nel verificare l’efficacia delle normative in vigore e dei decreti emessi?
Auspichiamo che almeno il Ministro di Giustizia in carica avverta la necessità di inviare i propri ispettori ad esaminare l’operato del Tribunale competente del caso. E di inserire nella sua proposta di riforma della Giustizia opportune barriere al proseguo di questo scempio.
[Fonte gesef.org]
Ma porca puttana, sono anni che succedono queste cose, sono anni che le diciamo noi, la Gesef, Luca Steffenoni e quelli come noi, e siamo sempre accusati di misoginia! Ora basta questa storia prima o poi dovrà finire!
Jason:
E ovviamente nessuna femminista alza la voce...
Questa storia è identica a quella di Angela L.
ilmarmocchio:
va rivisto tutto il sistema, che e' marcio dalle radici
Jason:
--- Citazione da: ilmarmocchio - Giugno 04, 2010, 22:28:34 pm ---va rivisto tutto il sistema, che e' marcio dalle radici
--- Termina citazione ---
va distrutto e ricostruito
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