Questo estratto da un articolo di Marcello Veneziani fotografa la contaminazione dei movimenti maschili con l'ideologia dominante, che a sua volta sostiene il femminismo. Noi uomini proponiamo un modello di società diversa e migliore o in fondo ci sta bene così? Siamo ancora capaci di trasmettere la civiltà dei nostri padri? Non perdetevi i grassetti:
Mi consegnô quelle pagine scritte a mano e mi chiese di aggiungere al testo una nota citazione di Vico che non aveva sottomano.
In quell'ultimo incontro parlammo della trasformazione del Pci in partito radicale e neoborghese; e lui che amava épater le bourgeois, spiazzare i benpensanti, disse che ci sarebbe da scrivere un Elogio di Stalin.
Del Noce fu il primo a prevedere la mutazione della sinistra dal comunismo allo spirito radical, la resa al capitalismo globale, all'individualismo e alla liberazione sessuale. Secondo Del Noce il comunismo si sarebbe suicidato nelle braccia del capitalismo, i comunisti sarebbero diventati agenti della nuova borghesia cinica e permissiva, braccio secolare della nuova rivoluzione dei diritti civili contro la tradizione. Per Del Noce era rimasto irrealizzato e tradito tutto ciò che aveva di grande il socialismo, a cominciare dalla denuncia dell'alienazione; la nuova sinistra aveva invece traghettato la società borghese nella società neo-borghese di massa. Lo scriveva prima della caduta del Muro di Berlino, sin dai primi anni Settanta.
Su piani diversi collimavano con molte sue diagnosi le riflessioni di due autori, l'eretico Pieraolo Pasolini e Franco Rodano, che così descriveva la società contemporanea: «È la società degli uomini vuoti: esseri senza più fini, senza più valori, senza nemmeno il richiamo, la spinta, alla salvezza, della sofferenza materiale; esseri che possono sentirsi vivi solo nelle furie astratte del sesso o nei sussulti subitanei e imprevedibili, negli sfoghi, di una sporadica e fatua anarchia». Parole che Del Noce sottoscriveva e che probabilmente nessun intellettuale di sinistra oggi approverebbe.
Del Noce individuava la cerniera che avrebbe collegato i vecchi comunisti al nuovo spirito radical in una certa cultura azionista, laicista e gobettiana, che si esprimeva tramite un quotidiano-partito, La Repubblica di Eugenio Scalfari. Rispetto al passato, la nuova sinistra tendeva perdere i suoi tratti popolari e proletari per incontrare una nuova borghesia, intellettuale e imprenditoriale, emersa col Sessantotto, munita del conforto dei nuovi poteri economici e finanziari. Facevano da contorno gli sbandieratori dell'etica e del moralismo giudiziario che celebravano in realtà la liquidazione dei valori comunitari, morali e religiosi. Del Noce descriveva questo passaggio non solo nei suoi libri ma anche nei suoi articoli culturali sul Tempo di Roma, allora diretto da Gianni Letta, su Intervento di Giovanni Volpe e sul Sabato vicino ai ciellini. Scritti ignorati dalla cultura ufficiale, senza alcuna replica dagli stessi interessati. Del Noce ravvisava le tracce di un nuovo bipolarismo tra radicali e radicati.
Quel che abbiamo visto in seguito è la realizzazione puntuale dell'analisi delnociana: la sinistra diventa partito radicale di massa, garante della società liberata dai vecchi arnesi di Dio, patria e famiglia. La bioetica, l'eutanasia, l'aborto, la relativizzazione della famiglia, la liberazione sessuale, l'apologia dell'omosessualità e la legalizzazione della droga, diventano i suoi punti di forza e di attrazione: l'impronta del partito radicale e delle battaglie referendarie sul divorzio e sull'aborto era evidente. Ma dall'altra parte c'è un partito radicato di massa? La domanda cadde nel vuoto ai tempi di Del Noce, e anche oggi. Del Noce descrisse Il suicidio della rivoluzione. Ma sottotraccia descrisse pure il suicidio della conservazione.
In cosa noi uomini ci differenziamo da tutto ciò?
"Io profetizzo l’epoca in cui il nuovo potere utilizzerà le vostre parole libertarie per creare un nuovo potere omologato, per creare una nuova inquisizione, per creare un nuovo conformismo e i suoi chierici saranno chierici di sinistra"
Pier Paolo Pasolini