Autore Topic: Generale Laporta: Aldo Moro non era a via Fani quel 16 marzo  (Letto 2740 volte)

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Offline Vicus

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Generale Laporta: Aldo Moro non era a via Fani quel 16 marzo
« il: Marzo 16, 2020, 09:28:27 am »

Preciso che non penso che Moro fosse filocomunista.

Prima di passare all'articolo due miei commenti:
1. Leonardo Sciascia cita una lettera di Moro: "Se la scorta non fosse stata, per ragioni amministrative, del tutto al di sotto delle esigenze della situazione, io forse non sarei qui". Commenta Sciascia: "Se con le «ragioni amministrative» Moro avesse voluto alludere a carenze e colpe che stavano più in alto dei cinque uomini, a maggior ragione avrebbe dovuto esserne pietoso.
Non era un cinico; e se lo fosse stato, avrebbe calcolato l'effetto a lui favorevole che una parola di compianto per quei cinque morti avrebbe avuto sull'opinione pubblica. Se la è, invece, calcolatamente vietata. Perché?"
2. La figlia Maria Fida ha detto: "L'inferno in cui viviamo oggi non è un effetto collaterale, ma una conseguenza voluta dell'uccisione di Moro".

E ora l'articolo:
Oggi, 16 marzo, ricorrenza del rapimento di Aldo Moro e della strage della scorta a via Fani, il generale Piero Laporta ci fa il regalo di una ricostruzione di ciò che accadde quel giorno, tanto clamorosa nelle sue conseguenze quanto realistica e dettagliata. Buona lettura.

Questo articolo lo dedico a quanti erigono immagini del presidente Aldo Moro con l’Unità in tasca e ai sedicenti esperti, ricercatori e registi, seminatori di falsità.

Costoro insultano consapevolmente la sua memoria e la sua dignità. Aldo Moro fu sinceramente e lealmente democristiano, atlantico, fedele alla Costituzione e vocato a cercare la collaborazione fra l’Italia, i suoi grandi gruppi industriali (come la Fiat) il Partito Comunista Italiano, il Dipartimento di Stato, l’Europa e il Medio oriente. Fu tradito da tutti, anche da quanti si dissero favorevoli alla trattativa. Fu una cinica commedia. Il risultato oggi è sotto gli occhi di tutti.

Aldo Moro non è stato rapito in via Fani, il 16 marzo 1978, alle ore 09.02, com’è stato sempre raccontato dagli uomini dello Stato, dagli investigatori, dai magistrati, dai politici, dalla stampa e dalla tivvù. Ce lo assicura lo stesso presidente Aldo Moro. Vediamo come.

In via Fani furono rinvenuti 91 bossoli, 49 dei quali d’una sola arma, d’un tiratore mai identificato, d’altissima perizia, peculiare a militari delle forze speciali, «un gioiello di perfezione», secondo un testimone, intervistato da “Repubblica” il 18 marzo 1978.

91 bossoli, 42 dei quali sparati dai rimanenti sei brigatisti. A detta di Valerio Morucci, «l’unica prova dell’azione era stata compiuta nella villa di Velletri». Ammesso che abbiano sparato, impossibile che abbiano acquisito perizia da tiratori, neppure lontanamente accostabile a quella del professionista. I brigatisti sono assassini buoni a sparare alle spalle di vittime inermi a brevissima distanza, niente di più.

Il presidente Aldo Moro, come si sa, sarebbe uscito indenne dalla tempesta di fuoco, quindi rapito e trasportato sull’auto che poi l’avrebbe portato alla “prigione del popolo”.

I suoi assassini potevano permettersi un ostaggio ferito? No, perché sarebbe diventato un problema logistico d’asperrima gestione.

I suoi assassini potevano permettersi di uccidere, sia pure casualmente, il presidente Aldo Moro? No, perché tutta la finzione successiva, ruotata intorno a una “finta trattativa” – e dimostreremo che fu una finzione – non sarebbe rimasta in piedi. Aldo Moro doveva dunque essere rapito incolume. Perché la sua incolumità fosse certa, egli non doveva essere sulla scena della strage.

Per capirci circa l’impossibilità di garantire l’incolumità di Aldo Moro, mentre i sette assassini sparavano, occorre seguire un elementare ragionamento. Supponete di impugnare una pistola e mirare a un bersaglio posto a 2 metri e mezzo da voi. Sparate dal fianco, senza mirare, confidando proprio sulla prossimità del bersaglio, esattamente come fecero i sette assassini. Se la vostra pistola o la mitraglietta, nel momento in cui sparate, devia di solo 4 centimetri, il colpo sul bersaglio è deviato di mezzo metro. Quattro centimetri sono nulla per un tiratore non addestrato. Se poi i centimetri fossero sei, solo due in più, perché il primo colpo vi ha spostato la mano, la deviazione finale sarebbe di 75 centimetri. D’altronde anche il precisissimo tiratore professionista, che spara senza minima dispersione, nulla potrebbe fare se l’ostaggio, come sarebbe naturale, si muovesse scompostamente e improvvisamente, ponendosi sulla traiettoria dei suoi colpi. Insomma, il presidente Aldo Moro, incolume, a via Fani non c’era.

L’obiezione più immediata è che ci sono testimonianze d’un uomo trascinato verso l’auto che poi di dilegua. Vi sono almeno due risposte possibili, una un po’ più perfida dell’altra. La prima. I brigatisti, dovendo simulare la presenza di Moro (che come dimostreremo non c’era) prepararono un figuro che ne fece le parti. I testimoni, scombussolati dalla strage, videro uno che in realtà non era Aldo Moro. La seconda. Far dire a un testimone d’aver visto ciò che non ha visto non è impossibile. Comunque sia, ai fini del nostro discorso questo dettaglio è secondario, perché Aldo Moro non c’era, come dimostreremo.

Da tutte le lettere che Aldo Moro ha scritto, quelle fatteci ritrovare, risalta la totale assenza di interesse per la sorte della scorta. Non una sillaba viene spesa da Aldo Moro. Questo dettaglio fu utilizzato da eminenti esperti per assicurare che Aldo Moro aveva scritto quelle lettere sotto dettatura, dunque non era più lui.

In realtà tale assenza di interesse per la morte dei cinque sventurati sarebbe inspiegabile per chi ha conosciuto Aldo Moro, un cattolico profondamente credente, d’assoluta bontà, compassionevole come un vero cattolico deve essere.

Aldo Moro, riferendosi alla scorta, scrisse solo che era stata inadeguata, nient’altro. Aveva ragione di scrivere così. Egli era infatti ignaro della sorte della scorta, sebbene fosse del tutto consapevole che essi si erano lasciati ingannare da chi lo aveva “prelevato”.

Nel libro “Aldo Moro, Ultimi Scritti, 16 marzo -9 maggio 1978”, a cura di Eugenio Tassini, ed. Piemme, 1998, a pagina 13, nella lettera a Francesco Cossiga, diffusa il 29 maggio 1978, Aldo Moro scrive:

«Benché non sappia nulla né del modo né di quanto accaduto dopo il mio prelevamento, è fuori discussione – mi è stato detto con tutta chiarezza – che sono considerato un prigioniero politico…» E più avanti continua, riferendosi a questo brano: «Soprattutto questa ragione di Stato nel mio caso significa, riprendendo lo spunto accennato innanzi sulla mia attuale condizione, che io mi trovo sotto un dominio pieno e incontrollato…»

È l’unica volta che Aldo Moro scrive “prelevamento”. Nelle lettere successive scriverà sempre “rapimento”. Egli non usava le parole a caso, tutt’altro, le distillava con estrema precisione. Qui correla il “prelevamento” alla ragion di Stato, dunque allo Stato e al “dominio pieno e incontrollato”.

A pagina 159 dello stesso libro, Aldo Moro fornisce la chiave di quanto accaduto, con un messaggio tanto inequivocabile quanto terribile, in una forma del tutto morbida, com’è nel suo stile.

Quando conclude la lunga lettera, scritta all’adorata moglie, nel giorno della Santa Pasqua, il 27 marzo 1978, butta lì alcune raccomandazioni, apparentemente inoffensive: «Ed ora alcune cose pratiche. Ho lasciato lo stipendio al solito posto. C’è da ritirare una camicia in lavanderia.

Data la gravidanza e il misero stipendio del marito, aiuta un po’ Anna. Puoi prelevare per questa necessità da qualche assegno firmato e non riscosso che Rana potrà aiutarti a realizzare. Spero che, mancando io, Anna ti porti i fiori di giunchiglie per il giorno delle nozze» e poi arriva il punto esplosivo «Sempre tramite Rana, bisognerebbe cercare di raccogliere cinque borse che erano in macchina. Niente di politico ma tutte attività correnti, rimaste a giacere nel corso della crisi. C’erano anche vari indumenti di viaggio».

Aldo Moro è quindi convinto che l’auto su cui ha viaggiato, quel mattino sicuramente sino alla chiesa di Santa Chiara, sia giunta a destinazione, senza di lui ma con le sue borse e quindi con la scorta in buona salute.

Tutte le mattine Aldo Moro, scendendo dalla sua abitazione di via Cortina D’Ampezzo, si fermava alle otto e trenta alla chiesa di Santa Chiara, per una breve preghiera prima di dirigersi al lavoro.

Aldo Moro ha quindi visto coi suoi occhi la sua scorta andare via, portandosi le sue borse e i suoi indumenti di viaggio e chiede alla moglie di recuperarli.

Questo significa che Aldo Moro non è in via Fani quando la scorta è annientata. La scorta deve essere annientata affinché non si sappia che cosa è accaduto prima, ad Aldo Moro, in piazza Santa Chiara, quando esce dalla chiesa.

Fin qui i fatti. Ora andiamo alle deduzioni.

Aldo Moro è stato allontanato dalla sua scorta. Questo può essere avvenuto solo per opera d’un drappello di carabinieri o poliziotti (finti o veri non sta a noi dirlo) comandati da un ufficiale ben noto al capo scorta, Oreste Leonardi, il quale mai avrebbe abbandonato il suo Presidente in mani sconosciute.

«Signor Presidente, mezz’ora fa Radio Città futura ha annunciato il suo rapimento» quindi rivolgendosi anche a Leonardi, il delinquente in uniforme avrebbe potuto aggiungere: «Abbiamo quindi pensato a un piano diversivo. Lei, signor Presidente, potrebbe venire con noi con auto blindata e scorta adeguata. Tu, Leonardi fai il tragitto prestabilito. All’incrocio fra via Fani e via Stresa troverai dei nostri in uniforme dell’Alitalia. Rallentate e fatevi riconoscere. Anzi, per evitare equivoci, perché non so bene da quale reparto arrivino, mettete le mitragliette nel portabagagli, caso mai le tirate fuori dopo. Ci vediamo in Parlamento».

In Parlamento, dove Aldo Moro pensava che la sua scorta fosse giunta indenne e con le sue cinque borse, gabbata dai rapitori veri, quelli che lo avevano “prelevato”, com’egli scrive a Cossiga. Una scorta inadeguata, dopo tutto, ha ragione Aldo Moro di lamentarsene. Come dite? Potevano telefonare al comando per sincerarsi che tutto fosse regolare? Non c’erano cellulari e quel mattino la SIP ebbe un’avaria; tutte le comunicazioni telefoniche erano bloccate. E’ verosimile che a Leonardi fosse consegnato un ordine scritto autentico nella sua falsità. Il resto è noto? Non è detto. Aldo Moro non poteva tornare vivo dalla prigionia, altrimenti avrebbe testimoniato, e sarebbero saltati tutti a cominciare dai fautori della linea intransigente della DC e del PCI, oltre ai fedeli servitori dello Stato prestatisi a questa porcheria. La trattativa aveva dunque un unico sbocco possibile: la morte di Aldo Moro, non la trattativa.

I suoi assassini, i pochi individuati, fanno una vita agiata.

Piero Laporta

https://www.marcotosatti.com/2020/03/16/il-gen-laporta-aldo-moro-non-era-a-via-fani-il-16-marzo-1978/
« Ultima modifica: Marzo 16, 2020, 09:42:45 am da Vicus »
Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto.

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Re:Generale Laporta: Aldo Moro non era a via Fani quel 16 marzo
« Risposta #1 il: Marzo 16, 2020, 16:36:49 pm »
Molto interessante... la mancanza della pietas per sorte della scorta, inusuale per uno come Moro, era già stata notata a suo tempo ma nessuno aveva dato peso più di tanto.

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Re:Generale Laporta: Aldo Moro non era a via Fani quel 16 marzo
« Risposta #2 il: Marzo 16, 2020, 18:04:40 pm »
Facile eludere la questione dicendo che non era lui. L'ipotesi di Sciascia è scioccante ma di una logica ineccepibile: la scorta era complice. E se fosse stata vittima di un raggiro a maggior ragione Moro avrebbe dovuto avere parole di pietà o (se proprio non sapeva che fine avevano fatto) almeno di comprensione per uomini presunti fedeli.
« Ultima modifica: Marzo 19, 2020, 00:30:52 am da Vicus »
Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto.

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Re:Generale Laporta: Aldo Moro non era a via Fani quel 16 marzo
« Risposta #3 il: Marzo 18, 2020, 15:41:26 pm »
Scusa, non ho capito, come complice? Intendi nel rapimento presso la chiesa e poi li hanno eliminati in via Fani perché pericolosi testimoni (con tanto di colpo di grazia)? Poi la scorta prendeva ordini dal ministero dell'interno o da chissà chi dei servizi.

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Re:Generale Laporta: Aldo Moro non era a via Fani quel 16 marzo
« Risposta #4 il: Marzo 18, 2020, 16:47:38 pm »
Secondo Sciascia, dal tenore dei messaggi di Moro che accusa inspiegabilmente la scorta in un momento del genere, quest'ultima fu complice nel non proteggerlo. Se ci fosse stato un errore, dice Sciascia, a maggior ragione avrebbe dovuto esserne pietoso.
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Re:Generale Laporta: Aldo Moro non era a via Fani quel 16 marzo
« Risposta #5 il: Marzo 18, 2020, 19:06:18 pm »
Quindi hanno preso ordini da qualcuno e dopo sono stati eliminati perché testimoni, giusto?

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Re:Generale Laporta: Aldo Moro non era a via Fani quel 16 marzo
« Risposta #6 il: Marzo 18, 2020, 19:53:09 pm »
Da quanto scrive Moro, qualcosa del genere.
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Re:Generale Laporta: Aldo Moro non era a via Fani quel 16 marzo
« Risposta #7 il: Marzo 19, 2020, 00:35:13 am »
C'è un'altra testimonianza della figlia Maria Fida, di gran lunga quella che parla più chiaro: "Degli uomini della scorta solo uno reagì (quello che uscì dalla macchina) perché era nuovo ed era l'unico che aveva avvertito un pericolo".
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Re:Generale Laporta: Aldo Moro non era a via Fani quel 16 marzo
« Risposta #8 il: Marzo 19, 2020, 11:16:05 am »
Ma quello nuovo era Zizzi, non Jozzino, giusto?

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Re:Generale Laporta: Aldo Moro non era a via Fani quel 16 marzo
« Risposta #9 il: Marzo 19, 2020, 11:59:47 am »
A me risulta Iozzino. Comunque ne parla Maria Fida in un'intervista: fu l'unico a percepire un pericolo e a reagire uscendo dalla macchina
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Re:Generale Laporta: Aldo Moro non era a via Fani quel 16 marzo
« Risposta #10 il: Marzo 19, 2020, 12:22:27 pm »
Sì, l'unico che ha usato la Beretta.
Ho un libro dell'epoca da qualche parte, adesso vedo se lo trovo e ti saprò dire.

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Re:Generale Laporta: Aldo Moro non era a via Fani quel 16 marzo
« Risposta #11 il: Marzo 19, 2020, 12:33:28 pm »
Trovato... libro del '79, prima che iniziassero coi depistaggi.

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Re:Generale Laporta: Aldo Moro non era a via Fani quel 16 marzo
« Risposta #12 il: Marzo 19, 2020, 13:20:43 pm »
Si era Iozzino (o Jozzino). Il libro di Sciascia L'Affaire Moro è del '78 ed è una miniera di informazioni: sempre basandosi sulle lettere di Moro, che contenevano messaggi in "codice" a vari personaggi politici, ipotizza che almeno in un primo momento fosse stato portato in un'ambasciata ("dominio pieno e incontrollato").
Un altro servizio giornalistico evidenziò come Moro, notoriamente molto abile negli anagrammi, scrisse due frasi che ricombinate dagli stessi amici e familiari dello statista, indicavano un luogo preciso non lontano dal luogo del rapimento (da un articolo de La Stampa):

Dalla Lettera a Zaccagnini: "Se non avessi una famiglia così bisognosa di me, sarebbe un po' diverso".
Dalla Lettera alla Dc: "E' noto che i gravissimi problemi della mia famiglia sono la ragione fondamentale della mia lotta contro la morte".

Dopo tantissimi tentativi quel gruppo di amici di Moro giunse ai seguenti anagrammi, sorprendentemente convergenti:
Il primo testo: "Son fuori Roma, dove la Cassia in basso forma un'esse, vedo pini e bimbi".
Il secondo: "Le Br mi tengono prigioniero nel cottage a mattoni a sommo della valle di Formello tra Flaminia e Cassia: Aldo M."
Per precisione nel primo anagramma restava fuori una g, e nel secondo tre lettere: h, i, u.
I due anagrammi indicavano, se presi sul serio, un luogo abbastanza preciso: zona di Formello, tra Flaminia e Cassia. Quella zona è raggiungibile in meno di un quarto d'ora da via Fani, ed è ancora più vicina alla nota - adesso - via Gradoli, di cui si continua a parlare fino ad oggi.

Da notare che sopo le frasi in questione Moro continuò a scrivere su un altro foglio, nonostante ci fosse ancora quasi tutta la pagina bianca, probabilmente per evidenziarle.

La figlia Maria Fida disse che Moro non fu ucciso per il compromesso storico, ma perché voleva dare all'Italia piena autonomia finanziaria, proprio comme Kennedy che infatti fece la stessa fine.
E' noto l'adagio: "Datemi il controllo della moneta di una nazione e non mi importa di chi farà le sue leggi."
« Ultima modifica: Marzo 19, 2020, 13:35:07 pm da Vicus »
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Re:Generale Laporta: Aldo Moro non era a via Fani quel 16 marzo
« Risposta #13 il: Marzo 19, 2020, 15:50:44 pm »
Adesso mi leggerò Sciascia, che peraltro come scrittore non ho mai gradito.
Quello che ho io è di Padellaro, uscito per Rizzoli; oggi credo sia introvabile.
Poi ho tutta la letteratura recente, ovviamente, per non parlare dei film, perfetti per gettare fumo negli occhi... e le interviste a Moretti, insopportabile; anche un bambino si accorgerebbe che racconta balle.
La storia degli anagrammi però non mi convince appieno...

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Re:Generale Laporta: Aldo Moro non era a via Fani quel 16 marzo
« Risposta #14 il: Marzo 19, 2020, 19:02:01 pm »
Neanch'io gradisco Sciascia, ma è tra le fonti cruciali per capire qualcosa della vicenda Moro anche perché pochi anni prima scrisse un romanzo (Todo Modo) da cui trassero pure un film, che in un'atmosfera dissacratoria "prediceva" l'omicidio dello statista. Ma guarda un po'... Da notare infine che ai tempi del fattaccio era parlamentare radicale.
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