Venditti: «per mia madre ero un perdente e un fallito»Nel libro «L’importante è che tu sia infelice»: «Voleva che avessi una vita piena di amarezze».MILANO — Una mamma dominatrice, anaffettiva, ossessiva, in una parola devastante. È il ritratto della professoressa Wanda Sicardi Venditti, nella impietosa descrizione che ne fa il figlio Antonello Venditti nel libro L’importante è che tu sia infelice (Mondadori, pagg. 146, 17 euro). Il titolo è una frase ricorrente della signora Wanda al piccolo Antonello, grassoccio e insicuro. «Ha immaginato per me una vita di amarezze e delusioni in cui avrebbe potuto ancora farmi da mamma». Un comportamento che il cantautore descrive in maniera impietosa. Cui si contrappone una figura paterna, Vincenzino Italo, che è l’esatto contrario. Eroe di guerra, positivo. È nella carriera prefettizia (con delicati incarichi nei servizi segreti), ma anarchico nel cuore. Appoggia in tutto Antonello amministrandone con saggezza i proventi e sollevandolo da un rapporto diretto col denaro verso il quale l’artista provava poco interesse.
IL NERVO SCOPERTO - Non ancora ripresosi dalla bufera di alcune sue dichiarazioni a proposito della Calabria espresse durante un concerto («è stato un agguato in stile web, frasi extrapolate da un contesto più ampio») Venditti non ha ripensamenti: «La mamma riusciva sempre fino all’ultimo a toccare il mio nervo scoperto: mi voleva perdente e fallito. Mi ha lasciato un baule che non ho ancora aperto. E non credo che lo farò. Le è andata male: grazie a lei mi sono conquistato con fatica la mia libertà di uomo e di artista ». Wanda Sicardi Venditti muore il 31 luglio 2007. E lascia al figlio Antonello un baule. Che mette in moto ricordi, bilanci, paure. «Quella che ho scritto — spiega Venditti — è una sorta di autobiografia informale in cui tutti i personaggi, dal Dalai Lama al mio amico meccanico, da Jaco Pastorius a Marcello Casco, sono messi sullo stesso piano». Il libro, con rapidi scorci, abbina a delle figure femminili le varie canzoni: ecco Claudia che ispira «Notte prima degli esami» e «Alta marea», Cristina, bella e libera, che ispira «Il compleanno di Cristina», una sfortunata gita in Europa dopo la maturità fa nascere «Giulio Cesare». E poi i colleghi, i viaggi umanitari in Africa, il periodo della simbiosi con De Gregori, fra musica e strani viaggi in Ungheria, il Pci, i poker con Ennio Melis fondatore della Rca, il rapporto col partito comunista, la venerazione per Berlinguer. «Ancora oggi mi sveglio di notte e mi chiedo perché i miglioristi, come Napolitano e Trombadori, non siano usciti dal Pci per fondare un vero partito socialista».
MOMENTO DIFFICILE - Il momento più difficile: «Il lungo soggiorno a Los Angeles per l’album 'Buona domenica' in cui avevo l’impressione che la mia vita si stesse sfasciando nel menefreghismo generale, mentre il mio rapporto con Simona Izzo si stava sgretolando. In quel disco feci come Penelope, creavo e disfavo pur di non finirlo per non dover affrontare poi la mia vita vera. Arrivò la resa dei conti, la separazione da Simona in cui tutto mi va contro e nasce la canzone 'Ci vorrebbe un amico'. Mi salvò Dalla che mi indicò una casa da comprare a Trastevere, la casa della mia nuova vita da separato. La stessa che accoglie mio figlio Francesco che oggi sembra vivere la mia stessa situazione». Simona Izzo fu la sua musa? «Non l’unica. Ma la separazione fu deflagrante, come può essere fra due persone che sostanzialmente si amavano ancora ma avevano caratteri in conflitto. Stetti due anni a Milano. I musicisti erano diventati la mia famiglia, la mia casa il Castello di Carimate dove registravo e abitavo. Roma rappresentava la famiglia da cui mi volevo distaccare. La casa trovatami da Dalla e il 'Grazie Roma' segnarono la mia pace con la capitale». E oggi? «Prima la passione vinceva su tutto, adesso so volare sulla parole e sulla musica con intensità. In questo libro io sono una sorta di Forrest Gump, casualmente sempre al centro dei fatti, da Valle Giulia al Folk Studio al primo concerto romano dei Beatles». Resta il problema del baule della mamma. «Risolto anche quello. Non lo apro».
Mario Luzzatto Fegiz
17 ottobre 2009http://www.corriere.it/spettacoli/09_ottobre_17/venditti-madre-fallito_14f0f228-baef-11de-af7b-00144f02aabc.shtml