Autore Topic: Bologna, Via Indipendenza invasa da opere di street art femminista, queer  (Letto 2543 volte)

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 Bologna si riempie di opere di street art che declinano il femminismo nelle sue varie accezioni: contro la violenza, contro il razzismo, body e sex positive. È il progetto “La lotta è FICA” del collettivo Cheap.
Venticinque opere di street art che vogliono rappresentare il femminismo intersezionale, antirazzista, body e sex positive, hanno invaso i portici di via Indipendenza a Bologna: si tratta di La lotta è FICA, il nuovo progetto di arte pubblica di Cheap Festival, un collettivo tutto al femminile fondato da sei donne nel capoluogo emiliano nel 2013, e allo stesso tempo una manifestazione di arte pubblica che si tiene ogni anno nella città.

Le opere sono poster affissi alle colonne dei portici, che intendono rappresentare le lotte femministe che intersecano l’antirazzismo, offrire uno sguardo queer sui generi, porre dinnanzi al pubblico i corpi delle donne, corpi trans e corpi eccentrici. Per realizzare quest’opera sono state chiamate all’appello venticinque artiste donne: sono illustratrici, grafiche, performer, fumettiste e street artist che hanno lavorato con una pluralità di mezzi tale da poter dar forma a un vasto campionario di biografie, visioni, tecniche, modi di pensare e di vedere l’attualità, tutto unito dalle prospettive del transfemminismo.

Il progetto è partito significativamente dopo la fine delle misure per il contenimento del contagio di Covid-19 da coronavirus: durante le settimane del cosiddetto lockdown, tante donne che nelle proprie case non sono sicure perché convivono con uomini violenti, sono state costrette a rimanere segregate nelle loro abitazioni, e il problema della violenza di genere è stato ignorato all’interno del discorso pubblico istituzionale. E ancora, sono state chiuse le scuole, che non sono mai state riaperte, configurando un altro problema relativo ai ruoli di genere, vale a dire la divisione del lavoro, che per le donne comporta tipicamente una maggior responsabilità per quanto attiene alla cura domestica. La chiusura delle scuole ha fatto dunque aumentare questa richiesta, causando probabilmente per molte donne l’abbandono del lavoro salariato soprattutto laddove non è stato possibile attuare il lavoro da remoto (lo smart working). E ancora, l’emergenza sanitaria ha avuto effetti anche sullo spostamento di risorse economiche dai servizi di salute sessuale, riproduttiva, materna: in un paese dove i consultori erano insufficienti prima dell’arrivo del virus, è legittimo temere che a molte donne non verrà garantito il diritto di accedere a servizi sanitari fondamentali.

“Questa pandemia”, dichiara il collettivo Cheap, “ha funzionato in vari ambiti come un acceleratore che ci ha imposto un terribile reality check: all’interno di questa crisi, i divari di genere preesistenti si sono dilatati. In uno scenario del genere ripartire dal femminismo cisembra solo un atto di buon senso. Il progetto era in cantiere da gennaio ma non c’e nessuna casualità: stiamo finalmente assistendo ad un cambiamento del paradigma. A Bristol, la statua dello schiavista Edward Colston è stata rimossa e buttata nel fiume; negli Stati Uniti varie statue di Cristoforo Colombo sono state rimosse. A Milano si è affermato una cosa che noi troviamo di una banalità sconcertante, cioè che uno stupratore non merita una statua e attraverso di essa una celebrazione pubblica: eppure abbiamo assistito ad una levata di scudi agghiacciante in difesa di un suprematista bianco che parlava della sua schiava bambina come di un ‘animaletto docile’. Non siamo certe che la difesa del privilegio bianco maschile e coloniale si fermerà alla schiera dei bimbi di Montanelli che si stanno stracciando le vesti, argomentando che lo ‘stupro va contestualizzato’. Temiamo invece che non solo assisteremo a scene indegne del genere ogni qual volta un simbolo dell’oppressione verrà contestato, ma che le stessa situazione si ripeterà quando cercheremo di produrre un immaginario critico in opposizione a quello sopra citato”.

Si tratta, conclude il collettivo, di un intervento di “arte pubblica che parla di femminismo, della connessione del potere sistemico nel generare funzionalmente sessismo e razzismo, della necessità di elaborare strumenti di decolonizzazione, di rappresentare corpi che orgogliosamente esulano dalla bianchezza o dall’eteronormatività o dalla visione binaria del genere: così come sappiamo che non si è pronti a eliminare i simboli del privilegio, pensiamo che sia ora che si facciano i conti anche con quelli della nostra liberazione. Esattamente come sta succedendo nel resto nel mondo: il dibattito vero dell’arte contemporanea oggi è attorno alla decolonizzazione come pratica artistica e riguarda tutte le figure coinvolte (artiste e artisti, curatrici, musei, collezionisti, AD, critiche, scrittori). La decolonizzazione è LA questione. Per noi si connette intersezionalmente ad altri grandi temi del femminismo affrontati nella pratica artistica di donne il cui lavoro è per noi un riferimento: le Guerrilla Girls, con cui abbiamo collaborato nel 2017, si sono per anni concentrate sulla questione del gender gap all’interno del sistema dell’arte; Tania Bruguera è stata ospite a Bologna della biennale Atlas of Transitions, dove ha realizzato un intervento tra arte pubblica e arte partecipata che sviscerava i temi della migrazione e dei confini, un’eredità coloniale; Kara Walker oggi porta avanti un percorso straordinario sulla blackness, percorso che lavora su altre pesantissime eredità coloniali e sui residui del suprematismo bianco”.

Diversi sono i temi affrontati nei venticinque poster. Ricorre, ad esempio, il tema del nudo, e il pensiero che il nudo possa essere un problema viene accolto da Cheap con una certa rassegnazione (“il problema”, dicono, “non è il nudo, anche se sicuramente qualcuno darà segni di scompenso davanti a deicapezzoli ed utilizzerà la cosa strumentalmente: in Italia il problema sono le donne libere che si autodeterminano. Per troppo tempo le donne sono state rappresentate dallo sguardo maschile: anche in questo è in atto un cambiamento di paradigma davanti al quale c’è la solita resistenza che porta a problematizzare le donne che si rappresentano in un nudo che non è eroico ma esprime potenza, a gridare allo scandalo le donne che passano dall’essere oggetto a soggetto del desiderio”).

C’è poi la narrazione femminista, ci sono corpi trans realizzati da persone trans, come ad esempio i lposter dell’illustratrice e fumettista Josephine Yole Signorelli (nota anche con lo pseudonimo “Fumettibrutti”), caso editoriale con P. la mia adolescenza trans uscito per Feltrinelli Comics: il suo manifesto affronta la feticizzazione di cui sono oggetto i corpi trans. Ancora, ci sono i temi dell’antirazzismo e della prospettiva anticoloniale, presenti nei poster dell’illustratrice Rita Petruccioli, dell’artista argentina Mariana Chiesa, della visual designer Ilaria Grimaldi e della street artist americana The Unapologetically Brown Series, quest’ultima alla sua prima prova in Italia. C’è anche un poster realizzato dal team Cheap, con la scritta tipografica “WE can’t breathe”, un rimando e un’espressione di vicinanza alle lotte di Black Lives Matter dopo l’omicidio di George Floyd, ma anche un modo per sottolineare un problema locale, ovvero il fatto che, secondo Cheap, l’Italia è un paese razzista senza sapere di esserlo, oltre che un paese con una storia coloniale e con uno sguardo ancora per certi versi coloniale, tuttavia non percepito.

Alla violenza di genere sono dedicati due poster di due artiste internazionali: Bastardilla, street artist colombiana che evoca i dati sull’incidenza della violenza tra le mura di casa; MissMe, artista di base in Canada già precedentemente ospite di Cheap a Bologna, che invece rivendica la rabbia come strumento di lotta. Infine, si citano il manifesto di Joanna Gniady sulle lotte femministe in Polonia, il contributo di Ivana Spinelli a partire delle suggestioni di Gimbutas e infettato dalla lezione di Haraway, i poster sex positive di Cristina Portolano e di Chiaraliki.art, le rivendicazioni del fat queer activism nelle immagini di Chiara Meloni, l’intersezionalità pop di Giorgia Lancellotti, la messa in discussione da parte di Maddalena Fragnito di ciò che è essenziale in un’ottica di critica netta al capitalismo, i poster body positive della perfomer Silvia Calderoni e quello firmato da Claudia Pajewski & Camilla Carè, le sirene trans di Nicoz Balboa, il binomio “amor y lucha” che attraversa come un “fil fucsia” i manifesti di Athena, Luchadora, Ritardo e Jul’Maroh, la sisterhood illustrata da Flavia Biondi, il divertissement visivo di Redville che gioca col titolo del progetto, le lumache ermafrodite sprigionate dal corpo queer disegnato da To / LeT.

Di seguito, una selezione delle opere del progetto La lotta è FICA. Tutte le immagini sono del fotografo Michele Lapini.
VEDI LIMK

https://www.finestresullarte.info/flash-news/6900n_bologna-street-art-la-lotta-e-fica.php

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Re:Bologna, Via Indipendenza invasa da opere di street art femminista, queer
« Risposta #1 il: Giugno 21, 2020, 20:57:07 pm »
Leggo,
Citazione
“Questa pandemia”, dichiara il collettivo Cheap, “ha funzionato in vari ambiti come un acceleratore che ci ha imposto un terribile reality check: all’interno di questa crisi, i divari di genere preesistenti si sono dilatati. In uno scenario del genere ripartire dal femminismo ci sembra solo un atto di buon senso. Il progetto era in cantiere da gennaio ma non c’e nessuna casualità: stiamo finalmente assistendo ad un cambiamento del paradigma. A Bristol, la statua dello schiavista Edward Colston è stata rimossa e buttata nel fiume; negli Stati Uniti varie statue di Cristoforo Colombo sono state rimosse. A Milano si è affermato una cosa che noi troviamo di una banalità sconcertante, cioè che uno stupratore non merita una statua e attraverso di essa una celebrazione pubblica: eppure abbiamo assistito ad una levata di scudi agghiacciante in difesa di un suprematista bianco che parlava della sua schiava bambina come di un ‘animaletto docile’. Non siamo certe che la difesa del privilegio bianco maschile e coloniale si fermerà alla schiera dei bimbi di Montanelli che si stanno stracciando le vesti, argomentando che lo ‘stupro va contestualizzato’. Temiamo invece che non solo assisteremo a scene indegne del genere ogni qual volta un simbolo dell’oppressione verrà contestato, ma che le stessa situazione si ripeterà quando cercheremo di produrre un immaginario critico in opposizione a quello sopra citato”.

Dunque, premesso che per me, che ormai ho quasi 50 anni, non esiste nemmeno il concetto di andare con una 18enne, anche nell' improbabilissima ipotesi che fosse consenziente, questa storia di Montanelli ha veramente frantumato i coglioni.
Li ha frantumati, perché "contestualizzare" non equivale certamente ad "approvare".
Per dire: un tempo era normale dire e scrivere negro, tanto è vero che anche sul vocabolario Zanichelli si poteva leggere "la razza negra", oppure "i negri sono popoli d’Africa di colore scuro", ecc.
Negli USA lo stesso Martin Luther King era solito dire negro, ed i suoi seguaci dicevano e ripetevano negro.
Tutto cambiò negli anni successivi, ovviamente nei soliti USA.
Pure Oriana Fallaci nel raccontare la storia di Martin Luther King, in un libro intitolato “1968”,
https://www.ibs.it/1968-dal-vietnam-al-messico-libro-oriana-fallaci/e/9788817096720
faceva riferimento ai negri.
https://books.google.it/books?id=aOgzDwAAQBAJ&pg=PT226&lpg=PT226&dq=martin+luther+king+era+solito+dire+negro&source=bl&ots=AUZAnorDjh&sig=ACfU3U1VwRkrsjAi8n0qKqJDRPwwaN23Lg&hl=it&sa=X&ved=2ahUKEwjLpYfH04HqAhWdSxUIHUAWDCoQ6AEwBnoECAsQAQ#v=onepage&q=martin%20luther%20king%20era%20solito%20dire%20negro&f=false

Questo tanto per evidenziare che le sensibilità odierne son ben diverse da quelle di alcuni decenni fa.
Per esempio: quand’ ero ragazzino io era normale parlare di “handicappati”, senza che questo scatenasse chissà quale putiferio; mentre oggi le stesse persone vengono definite “diversamente abili”.
Non solo.
In passato se davi un calcio a un cane, che magari voleva morderti, non succedeva nulla, mentre oggi se qualcuno prova a fare una cosa del genere in pubblico, il rischio di esser denunciati per “violenza sugli animali” è altissimo.
Basta dire che attualmente molte donne partoriscono… cani
https://www.google.it/search?q=passeggini+per+cani&sxsrf=ALeKk001fNLx9Wr0gZsxJyr7W2soaEkyPA:1592150425685&tbm=isch&source=iu&ictx=1&fir=MsZxlnklpOmfnM%253A%252CIBhecYBMhIJ7pM%252C_&vet=1&usg=AI4_-kS2XW21Mg323sLJRH3FQ4gKskB0kw&sa=X&ved=2ahUKEwjX5bTE1oHqAhUUw8QBHchQAIgQ9QEwA3oECAQQGw&biw=1366&bih=657#imgrc=MsZxlnklpOmfnM
(ed anche gatti), anziché bambini.

E ancora: un tempo era normale che i genitori educassero i figli a schiaffoni.
Anzi, in molti casi usavano pure la cinghia dei pantaloni.
E questo era socialmente accettato, quindi normale (in Italia come altrove).
Ma visto con “gli occhi di oggi” è un qualcosa di inaccettabile.
In passato era anche impensabile che un padre o una madre aggredissero verbalmente ma anche fisicamente un professore (o una professoressa) che aveva messo un cattivo voto al figlio (o alla figlia).
Anzi, i genitori tendevano regolarmente a dar ragione agli insegnanti.
Ai "miei tempi" era pure normale provarci in maniera sfacciata con una ragazza o una donna, senza per questo essere accusati di molestie e violenza sessuale, ecc ecc.

Alla fine della fiera quello che trovo più insopportabile è che questa massa di stronze femministe, anti-uomo bianco etero a prescindere, che continuano a scassare il cazzo con la storia del "privilegio bianco" (neanche fossimo nell' Alabama del 1850), si guardano bene dal fare certi discorsi nei confronti degli africani, perché qualora qualcuno(a) non ne fosse al corrente, quella delle spose bambine è un' usanza africana, non certamente italiana... eccheccazzo!
https://www.africa-express.info/2017/10/26/spose-bambine-una-piaga-devastante-africa-centrale-e-occidentale/

Volendo le stronze potrebbero parlarci delle VERE società patriarcali africane, nonché di tutte le altre "meravigliose" usanze africane.
Al limite potrebbero spendere due parole sulla mafia nigeriana.
https://www.linkiesta.it/2019/04/mafia-nigeriana-estorsione-racket-prostituzione/

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Re:Bologna, Via Indipendenza invasa da opere di street art femminista, queer
« Risposta #2 il: Giugno 21, 2020, 23:56:08 pm »
Una chiosa: sono le stesse persone che non dicono una parola da anni ad oggi contro il monumento dedicato a Pasolini pluridenunciato per corruzione sessuale di minorenni.

Offline Vicus

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Re:Bologna, Via Indipendenza invasa da opere di street art femminista, queer
« Risposta #3 il: Giugno 22, 2020, 00:22:56 am »
Almeno Pasolini, a patto di scremare alcuni aspetti della sua opera, era un grande artista e un grande intellettuale che vide con decenni di anticipo la cancellazione dell'identità culturale italiana.
« Ultima modifica: Giugno 22, 2020, 05:19:08 am da Vicus »
Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto.

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Re:Bologna, Via Indipendenza invasa da opere di street art femminista, queer
« Risposta #4 il: Giugno 22, 2020, 01:49:41 am »
Si pero' moralmente io non ergerei mai un monumento ad un pedofilo. Credo che neanche si possa fare legalmente se uno ha precedenti del genere.

Offline Vicus

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Re:Bologna, Via Indipendenza invasa da opere di street art femminista, queer
« Risposta #5 il: Giugno 22, 2020, 05:23:10 am »
Veramente Pasolini andava con adulti o adolescenti. Non so perché, ma a discutere con te ho l'impressione che qualsiasi argomento serio sulla questione maschile, si trasformi presto in una specie di film porno in cui sono tutti d'un pelo e d'una buccia.
« Ultima modifica: Giugno 22, 2020, 05:49:47 am da Vicus »
Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto.

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Re:Bologna, Via Indipendenza invasa da opere di street art femminista, queer
« Risposta #6 il: Giugno 22, 2020, 14:43:13 pm »
Non è mia intenzione essere volgare ma per risponderti ti devo riportare la denuncia contro Pasolini alla quale mi riferivo che non puo' che essere espressa in termini sessuali espliciti se non avrebbe senso. 

https://viaggiatoricheignorano.blogspot.com/2017/04/il-processo-pasolini-per-corruzione-di.html

(.....)
Ma il 1949 fu anno importante, suo malgrado, anche per Pier Paolo Pasolini poiché l'attrazione per i ragazzi non rimase ancorata agli scritti ma si manifestò fisicamente.
Il 29 agosto, alla sagra dedicata a Santa Sabina, che si svolgeva nel paese di Ramuscello, Pier Paolo Pasolini incontrò un ragazzo di 15 anni e tre cugini, due di 16 e l'ultimo di 15. Offrì loro dei dolci e propose d'accompagnarlo in un prato per mangiare dell'uva.
Cosa avvenne nei minuti successivi?
«Pasolini cominciò a baciare uno dei ragazzi mettendogli la lingua in bocca e palpandogli le carni poi, sbottonandosi i pantaloni, scacciava fuori il suo membro, facendosi masturbare fino a lussuria soddisfatta, pagando poi il ragazzo lire 10. Tutto ciò avveniva alla presenza di altri tre minori»1-2
Nei giorni successivi un brigadiere, Luigi Scognamiglio, venne a conoscenza di uno scandalo che «consisteva nel fatto che quattro ragazzi minori avevano masturbato un individuo.»
Non esistevano denunce.
Il brigadiere, insieme ad un appuntato, Bortolo Menegatto, si recarono nella frazione di Ramuscello a raccogliere informazioni e, ove possibile, delle testimonianze.
La procedura fu inconsueta poiché nessuno aveva sporto denuncia.
Da qualche tempo circolavano voci su Pier Paolo Pasolini e sulla sua presunta omosessualità.
Nel 1949 il fatto era riprovevole.
L'ostilità della popolazione era acuita dal fatto che il poeta era insegnante di prima media.
Esiste la possibilità che i ragazzi siano stati manovrati da qualcuno?
Il brigadiere Scognamiglio queste cose non le conosceva, la politica era lontana dalla testa degli attenti carabinieri di provincia.
Decise di convocare i quattro ragazzi nella locale stazione dei carabinieri per procedere ad interrogatorio. Uno dei quattro, Renato Sovran, sostenne di non aver fatto nulla. Era a conoscenza del comportamento degli altri ragazzi, ma lui si era sottratto.
Il ragazzo parlò.
Sostenne che in un'altra occasione Pasolini gli aveva proposto di andare al cinema con lui: gli avrebbe pagato il biglietto d'ingresso. Renato sostenne che conoscendo la “malattia” del professore non aveva accettato l'invito e che «cercò di stargli al largo». I restanti ragazzi confermarono le voci: si era svolto tutto sull'erba di un prato stando seduti per terra. Erano due le possibili denunce: la prima per atti osceni in luogo pubblico; la seconda per corruzione di minore, poiché uno dei ragazzi aveva meno di sedici anni all'epoca dei fatti.3
Chiamato a deporre, Pier Paolo Pasolini dichiarerà: «Non posso e non voglio negare che le dichiarazioni fatte dai suddetti ragazzi rispondono in parte almeno esteriormente a verità. Del resto certi particolari mi sfuggono perché essendo sera di sagra e trovandomi in compagnia di amici avevo un po’ ecceduto nel bere: è appunto da imputarmi all’euforia del vino e della festa l’aver voluta tentare questa esperienza erotica di carattere e di origine letteraria accentuata dalla recente lettura di un romanzo di argomento omosessuale di Gide. Del resto sulle ragioni letterarie e psicologiche che mi hanno spinto a questo e almeno in parte lo giustificano potrò più esaurientemente spiegarmi con coloro che eventualmente mi dovranno giudicare. Non ho altro da dire.» 4
Proviamo ad immaginare il viso e lo stupore dei carabinieri che raccolsero la deposizione: Gide e l'esperienza erotica di origine letteraria.
Per quanto potessero essere acculturati, erano uomini che svolgeva mansioni di controllo della popolazione nella periferia dell'Italia.

Sicuramente compresero che il professore era ubriaco, e che si è lasciò andare ad atti osceni in luogo pubblico con l'aggravante della corruzione di minore.
Su iniziativa della zia Giannina, fu immediatamente attivato un avvocato, Bruno Brusin, che si recò a parlare con le famiglie dei ragazzi. Furono offerte 100.000 lire a testa per il silenzio. La paura di uno scandalo, e le copiose ricchezze piovute dalla zia di Pier Paolo, indussero le famiglie dei tre ragazzi a non sporgere denuncia.
Il processo proseguì.
La posizione di Pasolini fu alleggerita della denuncia di corruzione di minore.
Il 29 novembre furono raccolte le dichiarazioni dei tre cugini, che ribadirono quanto espresso al brigadiere Scognamiglio. Il 28 dicembre il processo a porte chiuse fu celebrato a San Vito del Tagliamento. Gli imputati erano tre: Pasolini e due dei tre ragazzi. Il professore, bravo con le parole, si concentrò sul punto che risulterà decisivo per il dibattimento: «i fatti non si sono svolti in un luogo pubblico, bensì in una proprietà privata, lontano dalla vista dei passanti, in un campo nascosto da siepe e da un boschetto d'acacia.»5
Ancor prima del dibattimento in aula, il PCI aveva espulso Pasolini dall'organico del partito.
Correva il 26 ottobre.
La notizia dell'estromissione del professore dal partito fu resa pubblica tramite un articolo apparso sull'Unità e redatto da Ferdinando Mautino. Le parole con cui liquidarono il professore furono durissime ed intrise della retorica dell'epoca: «i decadenti poeti e letterati, che si vogliono atteggiare a progressisti ma che in realtà raccolgono i più deleteri aspetti della degenerazione borghese».
L'Unità fu obbligata ad assumere quella posizione poiché, nelle settimane antecedenti i fatti di Ramuscello, aveva denunciato la perversione di un, non meglio specificato, massimo esponente democristiano e della possibilità che lo stesso fosse caduto nella corruzione di minore.
Non potevano risparmiare Pasolini dopo tali denunce.
Questa linearità di pensiero verrà ribadita nella primavera dell'anno successivo da Palmiro Togliatti con le seguenti parole: «al sentire Gide, di fronte al problema dei rapporti tra i partiti e le classi, dare tutto per risolto identificando l'assenza di partiti di opposizione, in una società senza classi, con la tirannide e relativo terrorismo, vien voglia di invitarlo a occuparsi di pederastia, dov'è specialista, ma lasciar queste cose, dove non ne capisce proprio niente.»6
Il processo a Pier Paolo Pasolini come si concluse?
La sentenza giunse nel gennaio del 1950: i tre imputati furono condannati a tre mesi di reclusione e al pagamento delle spese processuali. La pena fu interamente condonata per effetto dell'indulto.
La sentenza comportò la sospensione dell'insegnamento per Pasolini.
Il 28 gennaio, nel cuore della notte, Pasolini e la madre partirono dalla stazione di Casarsa con obiettivo Roma.
Partenza o fuga?
Il padre di Pasolini, militare in carriera, alla notizia delle indagini delle forze dell'ordine aveva dato in escandescenze, incrinando un rapporto familiare da tempo complicato a causa della palese omosessualità del figlio.
La vicenda giudiziaria si concluse nella primavera del 1952 con la piena assoluzione degli imputati.
Il motivo?
Il prato ove i tre ragazzi «avevano menato l'uccello a vicenda al Pasolini» era una proprietà privata e non visibile durante le ore notturne.7

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Re:Bologna, Via Indipendenza invasa da opere di street art femminista, queer
« Risposta #7 il: Giugno 22, 2020, 17:09:06 pm »
Una chiosa: sono le stesse persone che non dicono una parola da anni ad oggi contro il monumento dedicato a Pasolini pluridenunciato per corruzione sessuale di minorenni.

dunque il nesso tra la street art femminista e Pasolini sarebbe che chi fa quelle opere non protesta contro il monumento a Pasolini? ma neppure io protesto contro quel documento, quindi io e le femministe della street art siamo nello stesso calderone?  :wacko:
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Re:Bologna, Via Indipendenza invasa da opere di street art femminista, queer
« Risposta #8 il: Giugno 22, 2020, 17:45:32 pm »
"Maschio" ama mandare avanti discussioni senza capo né coda al solo scopo di buttarci dentro esperienze omosessuali e altre pratiche di confine, facendo del forum una specie di film porno personale a ciclo continuo.
Ecco "rifondato" Questione Maschile...
« Ultima modifica: Giugno 22, 2020, 20:53:54 pm da Vicus »
Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto.

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Re:Bologna, Via Indipendenza invasa da opere di street art femminista, queer
« Risposta #9 il: Giugno 22, 2020, 18:14:06 pm »
"Maschio" ama mandare avanti discussioni senza capo né coda al solo scopo di buttarci dentro esperienze omosessuali e altre pratiche di confine, facendo del forum una specie di film porno personale senza interruzione.
Ecco "rifondato" Questione Maschile...
:lol:
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Re:Bologna, Via Indipendenza invasa da opere di street art femminista, queer
« Risposta #10 il: Giugno 22, 2020, 20:30:04 pm »
Si pero' moralmente io non ergerei mai un monumento ad un pedofilo. Credo che neanche si possa fare legalmente se uno ha precedenti del genere.

Nemmeno io, però è significativo che tu non abbia alcunché da dire in merito alla questione delle "spose bambine", ovvero di un' usanza tipicamente africana al cui riguardo neppure le femminucce femministe nostrane hanno mai un cazzo da dire.
Quando c'è da dare contro ai nostri connazionali, "chi di dovere" è sempre in prima fila, ma non appena si va a parare sugli stranieri - specie se africani - non vola neppure una mosca.
Che strano, eh ?

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Re:Bologna, Via Indipendenza invasa da opere di street art femminista, queer
« Risposta #11 il: Giugno 22, 2020, 21:00:18 pm »
Frank, no io condanno qui fermamente la vicenda delle spose bambine africane, hai fatto bene a puntare il dito contro le femministe che attaccavano ieri e attaccano oggi Montanelli non mi pare nemmeno a me  che abbiano detto una sola parola contro questa usanza per me un disperato tentativo di dare un futuro economico alle proprie bambine è questo è inammissibile. Su Montanelli dissento un po' dal tuo giudizio in quanto non mi accompagnerei mai con una minorenne per ragioni morali.

Online Frank

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Re:Bologna, Via Indipendenza invasa da opere di street art femminista, queer
« Risposta #12 il: Giugno 22, 2020, 21:30:37 pm »
Su Montanelli dissento un po' dal tuo giudizio in quanto non mi accompagnerei mai con una minorenne per ragioni morali.

maschio, questo è quanto ho scritto ieri.

Citazione
Dunque, premesso che per me, che ormai ho quasi 50 anni, non esiste nemmeno il concetto di andare con una 18enne, anche nell' improbabilissima ipotesi che fosse consenziente, questa storia di Montanelli ha veramente frantumato i coglioni.

Perciò figurati con una minorenne.
Ovviamente il discorso cambia radicalmente con una 28enne.

Semplicemente trovo ridicola e strumentale questa manfrina su Montanelli, che già nel 1972 parlò di questa storia,


 
ma, guarda un po', solo ora "chi di dovere" vuole buttar giù la statua a lui dedicata.

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Re:Bologna, Via Indipendenza invasa da opere di street art femminista, queer
« Risposta #13 il: Giugno 22, 2020, 21:34:50 pm »
Ti chiedo scusa, mi era sfuggito. Mi sembri una persona di buon senso e buoni principi e mi sembrava strano che affermassi una cosa del genere.

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Re:Bologna, Via Indipendenza invasa da opere di street art femminista, queer
« Risposta #14 il: Giugno 22, 2020, 22:05:18 pm »
dunque il nesso tra la street art femminista e Pasolini sarebbe che chi fa quelle opere non protesta contro il monumento a Pasolini? ma neppure io protesto contro quel documento, quindi io e le femministe della street art siamo nello stesso calderone?  :wacko:

Se ritieni che un uomo a prescindere da una condanna per atti osceni con minori meriti un monumento per le sue qualita' intellettuali e artistiche non vuol dire che rientri nel calderone delle femministe, la vita è piena di coincidenze.