Invito il "santiago pensiero" ad andare dall'ex marito di questa tizia :
https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/01/17/alienazione-parentale-il-caso-laura-massaro-ha-aperto-un-vaso-di-pandora/5674921/
che da almeno 4 anni combatte contro l'ostracismo nei suoi confronti, a fare la predica secondo la quale lui è stato stupido a sposarsi perché il matrimonio opprimeva gli uomini , anziché fornire un concreto aiuto , per quello che ovviamente si può fare ci mancherebbe altro
A quanto pare la recensione è arrivata prima della lettura dell'opera. Insomma, una recensione aprioristica. Dubito che l'esito della recensione finale cambierà di molto, in quanto si tratta di una recensione “predeterminata”. Speriamo.
Come sostengo ormai da molto tempo, la confusione (e la polemica) arriva da quello che dico io e da quello che Vicus dice che dico io, che non sono la stessa cosa.
Io non ho mai respinto la paternità, né la famiglia né ho affermato che la civiltà è stata creata dalle donne né che le donne abbiano oppresso per millenni gli uomini. Sinceramente, stanca ripeterlo.
Io sono un papà separato, i miei figli mi sono stati sottratti in una separazione conflittuale allucinante nata nel 2006 e che non è finita (!). Mi sono allora avvicinato alla questione maschile perché mi sono subito accorto che io avevo un problema non in quanto marito o in quanto padre, ma in quanto uomo. Il mio problema e la discriminazione che subivo in ogni sede era dovuta al fatto che ero un uomo.
L'opera nasce da questa esperienza vissuta, è esplicitato tanto all'inizio (introduzione) come alla fine, nell'epilogo (Requiem), un'appello per i diritti calpestati dei papà separati, esplicito. Dunque non capisco in che modo l'opera, che rivendica il ruolo paterno nella stessa premessa e nell'epilogo conclusivo, possa diventare un attacco alla paternità come fanno le femministe, quando è tutto il contrario. Naturalmente all'interno dell'opera denuncio la situazione dei mariti e dei papà separati (supportata come al solito da numerose citazioni e sentenze allucinanti), di papà che addirittura si suicidano per la perdita dei figli, come facevano nell'antichità.
L'intenzione dell'opera è realizzare un “capovolgimento” interpretativo, con un approccio perlopiù inedito, molto storico. Come c'è scritto all'inizio, titolo interno dell'opera, “Il secondo sesso capovolto”, titolo respinto dall'editore (ma da me mantenuto all'interno), l'intenzione dimostrare che è ragionevole e verosimile una lettura capovolta, non solo de “Il secondo sesso” (l'opera sinceramente a mio avviso più completa) ma di tutte le opere femministe precedenti e successive (citate nella bibliografia, comprese le tre enciclopedie delle Storia delle donne, libri promossi e finanziati da governi, università e “dottori”). E per capovolgere questa lettura della realtà (che è soggettiva!) ho usato principalmente i loro scritti, le loro fonti (!). Dunque viene fuori una narrazione perlopiù capovolta, che non vuol dire che sia falsa, di sicuro verosimile tanto come quella femminista. Importante perché io affronto gli argomenti spesso citando la premessa femminista per criticarla e smontarla. Lo scopo dell'opera non è pertanto creare un nuovo ordine sociale, familiare, religioso o qualcosa altro.
Ripeto di nuovo, il mio libro affronta quasi “tutto” perché il femminismo affronta “tutto”. Dunque gli argomenti specifici occupano soltanto una piccola parte nel complesso di tutta l'opera (ad esempio, il sessismo del linguaggio è trattato in più pagine del matrimonio nella storia). Naturalmente è lecito essere in disaccordo su questo o quell'argomento, ma vorrei smentire l'immagine che sembra venir fuori che l'opera consiste in un argomento esclusivo o principale, il matrimonio, quando presenta decine di tematiche diverse.
Detto questo, argomenti conflittuali: paternità, famiglia (matrimonio), sesso. Cerco di spiegarmi (per l'ennesima volta?)
Paternità: Ho aperto in questo Forum addirittura un post apposta per dirimere sulla questione, in modo di fornire ognuno argomenti e/o documenti della propria tesi. Non mi sembra che siano arrivati. Comunque la mia posizione (e dell'opera): la paternità (si intende affettiva) non è qualcosa di naturale. Ho segnalato che persino una parte del femminismo nega che la maternità sia un processo naturale, malgrado sia molto più evidente il legame che si crea dopo nove mesi di gravidanza. La paternità è un processo affettivo che si deve coltivare nell'uomo. Questa tesi è difesa nell'opera da numerose citazioni tanto etnologiche come etologiche, possono piacere o meno, ma rendono la posizione che ritiene l'amore paterno un processo automatico naturale a mio avviso indifendibile. Ripeto (ennesima volta) che qualcosa sia naturale o culturale non legittima di più o di meno un argomento (ad. es. l'omicidio o lo stupro è naturale, fa parte di una comportamento naturale). Dunque, una volta che si è costruita nella psiche maschile un legame affettivo con la prole, è un crimine spezzare questo legame. Non vedo come questa “realtà” possa sminuire i diritti dei padri, e per quale motivo non si dovrebbero adoperare gli stessi argomenti contro le madri usando le teorie femministe che sostengono che la maternità non è naturale. Detto questo, l'argomento era stato trattato in base a questa premessa della storiografia femminista: “nel matriarcato, quando gli uomini avrebbero scoperto la paternità (anche secondo questo modo di pensare la paternità non sarebbe un processo immediato e naturale), avrebbero soggiogato le donne per trasmettere i geni e i beni in sicurezza”. Io nego che la scoperta della paternità sia sorta dal nulla e per mano maschile, al contrario era di tutto interesse per le donne in un ambiente ostile (con minore capacità di sopravvivenza, ancora peggio con la prole) coltivare questo sentimento affettivo a proprio vantaggio (come avviene da un punto di vista etnologico e etologico, con esempi forniti nel libro). Penso all'attualità, per fare un esempio che ho segnalato nell'opera e mantenendo le distanze, come le uniche paternità “obbligatorie” di pari tempo condiviso richieste dalle madre, e concessi dai Tribunali, sono quelle che hanno figli con grandi problematiche di salute e richiedono tempo e cure.
Famiglia: non capisco in quale parte dell'opera è stata demonizzata la famiglia. Al contrario, mi sembra che ci siano qualche volta commenti di apprezzamento.
La domanda è : quale tipo di famiglia? E anche qui purtroppo non sono riuscito a ottenere una risposta. Lungo la Storia e nelle diverse società sono esistite e esistono numerosi tipi di famiglia, che a noi occidentali possono sembrare allucinanti. Immagino che qualcuno abbia in mente unica ed esclusivamente la famiglia intesa come matrimonio monogamico. Perché? E perché dovrebbe essere soltanto quel modello di famiglia l'unico universale e imposto per legge? Eurocentrismo, cristianocentrismo o egocentrismo? Comunque l'opera non si occupa di famiglia, ma ci sono dei concetti legati: matrimonio e sesso.
Credo sia fondamentalmente sbagliato legare il concetto di matrimonio (modo di vita scelto tra due adulti) con quello della paternità (crescita di un figlio). Questi due processi spesso coincidono ma possono avvenire anche in maniera distaccata. Dunque da una parte c'è la crescita di un minore, e la mia posizione è sempre stata quella di garantire il diritto del minore a crescere con un modello di riferimento forte maschile (paternità) e un modello di riferimento forte femminile (maternità). Paternità e maternità non sono in discussione.
Dall'altra parte ci sono due (o più adulti) che decidono di vivere in coppia o gruppo come meglio considerano secondo le proprie credenze, morale e fede, ciò che chiamiamo matrimonio. Oltre per una collaborazione per la sopravvivenza, il matrimonio diventa tale perché c'è tra i loro membri anche il concetto di “amore-sesso”. La mia opera non critica nemmeno il matrimonio in sé, anzi parla di matrimoni felici, l'opera critica molto fortemente il concetto della “monogamia” sessuale, che è innaturale nell'uomo (di nuovo supportato da numerosi citazioni e fonti), e di conseguenza il “matrimonio monogamico” o qualsiasi matrimonio sessualmente limitativo. La sessualità maschile è espansiva e senza limiti, al contrario di quella femminile (il libro cita fonti e argomenti). Le tesi femministe sono: “il matrimonio è un'istituzione a danno delle donne”. Nell'opera, dimostro il contrario, il matrimonio era l'istituzione che aiutava a sopravvivere soprattutto la donna (e prole), l'uomo se la cavava anche senza. Inoltre, lungo la Storia dimostro che il matrimonio è stato ritenuto un peso principalmente dall'universo maschile, le donne al contrario volevano sposarsi. Questi sono fatti (supportati da fonti e citazioni), chi non è d'accordo può pubblicare le proprie fonti e citazioni contrarie. Altra tesi: “la morale sessuale a colpito in maniera più devastante la vita sessuale delle donne”. E qui la mia critica diventa molto netta (e qui, a quanto pare, c'è lo scontro con la posizione di Vicus), la mia posizione è che l'uomo non ottiene alcun beneficio logico della moralizzazione del sesso (nemmeno dunque di sposarsi in un matrimonio monogamico), della culturalizzazione del sesso diverso di quanto avviene in natura (come abbiamo visto nulla c'entra l'argomento della paternità in questo ambito). Al contrario, le donne ottengono soltanto benefici dalla moralizzazione del sesso (e anche del matrimonio monogamico) (tutto spiegato in maniera più approfondita e supportato da numerosi fonti e citazioni).
Ho già spiegato che “moralizzazione del sesso” e “costruzione della civiltà” non sono sinonimi, comunque, andiamo avanti così.
Lo scopo del libro non è sostenere che “gli uomini abbiano vissuto millenni oppressi dalle donne”, tesi mai affermata da nessuna parte. È anche vero che dal libro viene fuori una fotografia di sofferenza maschile e non molto bella per l'immagine femminile, per il semplice fatto che è una fotografia capovolta de “Il secondo sesso”, dunque narra i misfatti delle donne e le sofferenze degli uomini. Molto superficialmente, e penso che qui si possa concordare, divido la sofferenza in due tipi: quella fisica (che si può contare: morti, feriti, imprigionati, torturati) e quella psicologica. La prima è obiettiva, e su questa qualsiasi confronto è superfluo. L'uomo è senza ombra di dubbio la vittima fisica della Storia. Molto diverso quella psicologica, che è soggettiva. Su questa io offro una lettura, naturalmente maschile.
Valori, religioni: non è un'opera sulle religioni né vuole essere un'opera moralista. Naturalmente critico gli “eccessi” delle religioni, tutte, parlo principalmente del cristianesimo perché io e il femminismo siamo nati in Occidente. Comunque non mi sembra di aver scritto un libro assolutamente antireligioso, anzi nella parte conclusiva, all'ora di criticare i “nuovi” valori del femminismo, mi sembra di confermare e avvalorare molti dei valori cristiani (e religiosi in sé).
Ribadisco, è lecito dissentire (e naturale, direi, visto il numero di argomenti trattati), ma dai commenti e recensioni che mi arrivano ogni tanto dai lettori mi sembra che ci sia una generale approvazione. Su questa sede mi sembra Frank ha affermato di aver letto l'opera (non so se solo il primo volume o entrambi i volumi) e dal commento (che ringrazio) non mi sembra deluso. Se te la senti (sarei curioso, anche per migliorare), fammi sapere succintamente magari i punti che trovi problematici o in disaccordo dell'opera.
Come sempre, senza acredine, volevo solo chiarire la mia posizione (anche perché vedersi criticare di non essere empatico con i papà separati quando io provengo proprio da quel contesto e da quell'esperienza è un controsenso).