In questo filmato Matteo D'Amico denuncia i danni delle quote rosa all'università. Si noti tra l'altro
il riferimento all'operato del ministro Fedeli, impregnato di ideologia femminista e LGBT, che conferma ancora una volta la stretta affinità, ormai divenuta identità tra queste due ideologie.
A differenza di altri attivisti maschili "paritari",
D'amico non esita a denunciare l'accesso a determinate carriere come un "attacco alla figura maschile e paterna" e una forzatura della natura (con particolare riferimento alle facoltà scientifiche).
A chi considera ormai "sacro" l'accesso delle donne negli atenei, basti ricordare che più donne all'università significa più disoccupazione e insignificanza maschile, come
più femminilizzazione della società a seguito della laurea e conseguente piazzamento di donne in posti decisionali.
Se sognate la parità (nello studio, lavoro, carriera) come panacea delle discriminazioni maschili, provate a convincere le vostre dirigenti donne negli uffici ad alto tasso di estrogeno in cui lavorate.
D'amico considera "folle" la cultura della parità di genere all'università, che come tutte le ideologie nega e forza la realtà, fonte di colpevolizzazioni, di proteste, di contenziosi con chi sceglie collaboratori di sesso maschile (caso Strumia insegna).
Ci sarà un inevitabile processo di alta conflittualità e di rifiuto dell'autorità, con degrado lento ma inevitabile del sistema di ricerca italiano.
Non manca il riferimento, che per noi attivisti maschili dovrebbe essere evidente e scontato, al mito maschile della carriera e del successo imposto alla donna come causa dell'agonia demografica dell'Occidente e dell'Italia in particolare.
Tra breve, la parità di genere lascerà il posto alla parità etnica, con quote marocchine o senegalesi. Stabilito il principio, è una conseguenza inevitabile.
Il tutto preteso da studi della immancabile Unione Europea, che fanno a loro volta riferimento a imprecisati studi "scientifici", dando per scontato che tutto ciò che proviene dalla UE sia obiettivo e benefico.
Una pressione che ricorda i
regimi totalitari, sotto la supervisione del Ministero, per ricomporre pesantemente commissioni e comitati con ruolo valutativo dei candidati che
non può che ferire pesantemente il sistema accademico italiano e colpire duramente i candidati maschi meritevoli. Un sistema che non può che
colonizzare ogni ambito della vita civile, scientifica, industriale, produttiva, della funzione pubblica e perfino militare di un Paese avanzato.
Le conseguenze saranno un degrado ulteriore della società italiana e della condizione maschile, un allontanamento delle donne dal loro ruolo naturale di mogli e di madri e un peggioramento della ricerca ad ogni livello: