L'utopia queer che ci sembra così "nuova" e progressiva, è la riedizione di vecchie eresie (i dolciniani, i marcioniti, i carpocraziani ecc.) secondo cui bisognava mettere in comune i beni quanto i corpi. Questo collettivismo orgiastico, radicale, avrebbe fatto nascere come per magia "l'uomo nuovo". Conoscendo queste dottrine si capisce quanto preconizza Maurizio Blondet che afferma che in futuro, potrebbe essere illegale rifiutare un rapporto con un LGBT perché come scrive Aldous Huxley nel suo distopico
Mondo Nuovo, "ciascuno appartiene a tutti gli altri".
E' il Paese dei Balocchi di Collodi, ma anche la Maga Circe di Omero, che conducono invariabilmente all'asinificazione e alla porcificazione umane.
La guerra al maschile di una siffatta ideologia è inevitabile, l'unica scelta possibile per noi è difenderci o subirla inconsapevoli, in nome di una falsa "tolleranza" imposta solo a noi.
L'ideologia queer non ha nulla di nuovo come si potrebbe credere ma è la riedizione di vecchie utopie ed eresie che, anche se inattuabili, instaurerebbero l'Inferno sulla Terra.
Apparentemente permissiva, si basa in realtà su ferree leggi non scritte di cancellazione della civiltà e di ogni umanità nelle relazioni, in un voluto abbrutimento il cui scopo sostanziale è quello di soggiogare le masse per meglio perseguire gli interessi delle élite.
Per capirla, partiamo proprio da queste ultime, con l’improvvisa conversione di George Soros al solidarismo e a un social-capitalismo di tipo fabiano (la Fabian Society voleva realizzare un ibrido agghiacciante tra socialismo e consumismo).
Volete vedere il modello della società che ci si prospetta? Basta passare una settimana al Club Méditerranée. Se ne ricava l’impressione che il Club Méditerranée sia l’incarnazione di un’idea, di un desiderio immemoriale, attestato nella letteratura. Il Paese dei Balocchi, per esempio. La trasformazione dell’uomo in bestia in un contesto non dissimile si ritrova in un testo assai più antico e augusto: nell’Odissea, là dove parla della reggia di Circe la maga. Essa sorge “in luogo aprico d’ogni parte”. In quel luogo così fascinoso, potremmo dire così turisticamente privilegiato, la maga attrae i compagni d’Ulisse, apparecchiando loro “le carni infinite e il dolce vino”.
Non ho dubbi che qui, con una chiaroveggenza che parrà inverosimile solo a chi misconosce le facoltà profetiche dei poeti, si alluda proprio al Club Méditerranée. Omero offre un’indicazione inequivocabile: l’abbondanza del buffet, e il vino gratis a volontà, che sono due delle più note e reclamizzate attrattive del Club. Ma entrambi i testi ne denunciano, concordi, il risultato finale della sua frequentazione: l’asinificazione, o la porcificazione umana. Esagero? No. Pur con tutta la sua dozzinalità, il Club Méditerranée è - vuol essere - l’incarnazione nella società dei consumi di un sogno antico, anzi di una visione connaturata all’uomo: il Giardino delle Delizie.
Hyeronimus Bosch ha dipinto questo giardino immaginario, il Paradisus Voluptatis, accanto al Paradiso celeste e al Paradiso terrestre, come un terzo “luogo” distinto dagli altri due: è il luogo del vizio felice, dove si trasgredisce senza portarne pena. Il Giardino di Bosch è abitato da uomini e donne nudi e ammaliati. Due amanti nudi sono racchiusi in una bolla diafana, altri si bagnano in acque perlacee, o navigano su foglie e fiori, volano sul dorso di pettirossi o aggrappati a spore trasparenti, in mezzo a una natura stregata che sembra piegarsi a mille metamorfosi solo per compiacere i sensi e i desideri.
Le regole del Paradisus Voluptatis sono state dettate una volta per tutte dagli gnostici libertini del secondo secolo, specie da Carpocrate ed Epifane, anche se Fourier le ha perfezionate a metà del ‘700. Il Giardino delle Delizie, per costoro, è la società futura: da costruire attraverso la trasgressione volontaria delle leggi umane. Sono infatti le leggi e le morali, secondo gli gnostici, ad aver introdotto artificialmente nella società l’ineguaglianza, il “mio” e il “tuo”, il duro dovere; trasgredendole, si ricostituisce la perfetta indistinzione dello stato originario. Per gli illuminati di tutti i tempi infatti “l’uomo nasce buono” buono in tutte le sue tendenze, che non occorre temperare - “ma la società (la legge) lo corrompe”. Perciò nel Paradisus Voluptatis vige il comunismo: non corre moneta, tutto appartiene a tutti e soprattutto le donne, che sono in comune; il sesso non è limitato da alcuna norma. L’uomo, finalmente “liberato”, ritrova la sua “felicità naturale” nel seno di una natura ecologicamente pura ma complice fino alla ruffianeria: Fourier giunge a sostenere che, quando il Nuovo Mondo Amoroso sarà finalmente restaurato, le amare acque del mare si muteranno in bibita al lampone. Le leggi umane inducono, con la proprietà privata, la penuria: cancellare quelle leggi comporterà dunque, logicamente, il ritorno dell’abbondanza. Ognuno avrà “secondo i suoi bisogni”, fossero pure infiniti. Scorreranno fiumi di vino e di latte.
Se ora scendiamo di livello (bisogna scendere i ripidi gradini che separano l’utopia dalla realtà) constateremo che quel che il Club Méditerranée si sforza di offrire, dietro pagamento di cospicua tariffa settimanale, è proprio l’esperienza del paradiso gnostico.
“L’ambizione del Club è quella d’essere un’utopia concreta”: così disse monsieur Gilbert Trigano, in una memorabile intervista sul mensile Successo. Gilbert Trigano: “capelli neri, occhiali spessi sul naso forte, un entusiasmo comunicativo”, ha scritto di lui Epoca: “È l’inventore, il presidente, il direttore generale della più originale fabbrica di vacanze del mondo: il Club Méditerranée. Governa cento villaggi turistici, cento “chiese” aperte ai credenti d’ogni razza: 75 mila letti vegliati da un calcolatore elettronico e profumati, ogni mattina, da due milioni di croissant. 600 mila adepti l’anno”. La descrizione può essere aggiornata aggiungendo che Trigano, oggi ritiratosi dagli affari con un capitale miliardario, si definisce un ex comunista; ma per il resto va bene. È il ritratto dell’Omino di Burro adatto al nostro tempo tecnologico e finanziario.
L’assenza di serrature nelle capanne in cui gli ospiti dormono ha una necessità ideologica profonda: è anche, e soprattutto, l’invito a “mettere in comune” i corpi. È questo principalmente ad attrarre legioni di uomini massa nei villaggi vacanza: l’incredibile facilità di rapporti sessuali “liberi e senza problemi”. Tutta quanta l’organizzazione del Club sembra fatta per condurre a quel fine: tutti in fondo sono lì per questo.
Così fin dal principio l’umanità ospite del Club diventa quel che devono essere le creature del paradiso gnostico: “veri adulti”, usciti di minorità, per cui non valgono più le costrizioni etiche che reggono la società normale; ma nello stesso tempo questi adulti, regrediti allo stadio dell’irresponsabilità infantile, pargoleggiano. Il Club dei Balocchi pullula di “divertimenti organizzati” a tutte le ore del giorno e della sera: dattilografe e ragionieri, carampane e giovanottini, vi partecipano ridendo, battendo le mani, ruzzando come bambinelli. Come dice Trigano, “Questo fa nascere il massimo senso di libertà”. Ma naturalmente questa “libertà” è tutta iscritta nella schiavitù del collettivo, delle leggi non scritte che reggono la mistica della società delle vacanze. Il divertimento, per così dire, è coatto, anche se la coazione è desiderata dagli ospiti. Quel che viene distrutto e reso impossibile è infatti qualcosa di prezioso, che però le anime volgari sfuggono e temono: la vacanza come solitudine meditativa, come agio di pensare a se stessi e alla propria vita, come pausa da riempire di introspezione.
Ha perfettamente ragione, Trigano, quando si vanta di essere riuscito “a rimanere visionario e socialista, sul piano delle idee, pur facendo il capitalista sul piano dell’impresa”. Quella che le sue parole hanno descritto è la società dei consumi quale aspira ad essere: totalitaria, sintesi suprema di capitalismo e collettivismo, una macchina sociale da cui siano stati espunti tutti quei “fattori di disturbo” che fanno degli uomini qualcosa di più e diverso da semplici consumatori. È l’utopia post capitalista, elaborata nei laboratori dove si sviluppa l’ideologia tecnocratica funzionale al grande capitale. La proprietà privata, di cui Trigano propugna l’abolizione con le sue conseguenze (l’abolizione del diritto di successione) è un ostacolo anche per i detentori del potere finanziario: perché ha valenze extra economiche (affettive, ad esempio); perché comporta il senso della continuità familiare; perché può essere lasciata “improduttiva”, ossia sottratta al giro fruttuoso della speculazione; e peggio, perché la sua formazione implica il risparmio, l’immobilizzo di capitali. I grandi capitalisti sanno che non occorre essere proprietari di un’impresa o di un patrimonio; conta averne il controllo, il più possibile anonimo. La proprietà è un “bisogno dell’anima”, ha scritto Simone Weil, perché essa “è un prolungamento della persona”. Ma qui è proprio la “persona” che va distrutta, perché l’uomo possa esser ridotto a mero consumatore.
Il Club Méditerranée è dunque in vitro il modello della società post capitalista che sogna il capitalismo più avanzato”. Una società dove nessuno dovrà più pensare a sé, perché il Collettivo (e coloro che lo controllano) penserà per lui e, nell’abbondanza del superfluo, ciascuno lavorerà nel Collettivo per avere il diritto di disporre dei beni collettivi; dove nessuno “avrà” qualcosa, mentre il Collettivo “avrà” tutti. È la società sognata da Marcuse, dove si può svolgere “un’esistenza piena di tempo libero sulla base dei bisogni vitali soddisfatti” . Nello stesso tempo è la società super capitalista che assicura l’”uso razionale delle risorse finanziarie” (escludendo la proprietà privata, residuo di un passato oscurantista) e in cui, attraverso una rivoluzione tecnologica, “allargando il regno della tecnica, saranno rimessi al loro posto come tecnici anche i problemi relativi alla finalità, considerati a torto problemi etici e a volte religiosi”.
Probabilmente per questo il Club Méditerranée ha influentissimi padrini. Nel 1957 l’impresa di Trigano rischiò il fallimento; per salvarla, si mobilitò un alto settore della finanza internazionale. Tutti nomi e sigle rappresentati nella Commissione Trilaterale, dove appunto si progettano instancabilmente ingegnerie sociali nella convinzione che gli uomini e le società stesse non siano che epifenomeni del processo economico. Questi potentati finanziari, salvando il mercante-filosofo Trigano, hanno assicurato la prosecuzione di un esperimento sociale dal loro punto di vista di grande interesse. Per ora, limitato al tempo libero. Un giorno chissà.
Stemma della Fabian Society: