I grassetti sono illuminanti. Articolo non disponibile al pubblico:
Dietro alla rivolta
Città in fiamme. Interi dipartimenti di Polizia smantellati. Statue distrutte o vandalizzate – compresa quella di Carlo Marx a Londra, oscuramente sbombolettata con falce e martello e la scritta George Floyd. Comuni anarchiche – pardon, Temporary Autonomous Zone (TAZ) – realizzate nel cuore degli USA. Video e foto di bianchi che puliscono le scarpe ai negri, o che si fanno portare via in catene, come spettacolini sadomaso di gruppo offerti in outdoor.
Il mondo è impazzito? No, si realizza solo un piano vecchio e stantio.
Alla conferenza di Valdai, nel 2013, Putin parlò di «dittatura delle minoranze» in realtà si tratta semplicemente di un cambio di pelle dell’oligarchia, che non sa più cosa farsene della democrazia liberale, e chiede una riformulazione del contratto sociale, sempre tenendo presente che al popolo bisogna dare l’illusione di essere al comando.
Soros ci cova
Il nome dello speculatore ungherese è stato fatto da tutti, perfino sulla TV nazionale italiana: a Quarto Grado, trasmissione di Nicola Porro, Giuliani ha parlato dei fondi che Soros avrebbe fornito ai rivoltosi.
Siccome il proverbio dice che la gallina che ha fatto l’uovo in genere si produce in una excusatio non petita, ecco che qualche giorno fa è arrivata la smentita ufficiale di Open Society Foundation.
L’organizzazione sorosiana butta fuori un raro comunicato stampa che giura di non aver parte nel finanziamento del caos USA, sia pur sposando la causa devastatrice che sta mettendo a ferro e fuoco l’America – con tanto di supposta copertura costituzionale.
«Coloro che protestano contro la morte del signor Floyd e la brutalità della polizia in tutta la Nazione lo fanno per una preoccupazione profonda e costante per il loro paese; non lo fanno per la paga da queste fondazioni o da altre, come affermano alcuni cinici. Tali affermazioni sono false, offensive e fanno male al vero fondamento della nostra democrazia, come sancito dal Primo Emendamento».
Notate qui come bizzarramente che nella press release dei Soros vi sia la negazione non solo della possibile influenza dei Soros, ma anche la negazione di qualsiasi altro «puparo» che gestisce i disordini.
Come lo sappiamo, non è dato saperlo. Esiste un club di pupari, di cui evidentemente fanno parte, ad una cui cena hanno tutti sinceramente giurato di non mettere qualche milione sulle rivolte che stanno massacrando la polizia, la classe media, e arricchendo gli oligarchi (le cui fortune personali, secondo alcuni calcoli, dal COVID sono aumentate di centinaia di miliardi di dollari)? Oppure Open Society mantiene un servizio di Intelligence che fornisce report affidabili?
Che vi siano strane manine in azione, è davvero qualcosa di non più discutibile.
Spuntano video in cui alcuni manifestanti bianchi sembrano dirigere – e pagare – i casseurs negri. L’infiltrazione di agents provocateurs sono un segreto di Pulcinella nella storia recente delle rivolte americane.
Nel 2016, il tale Robert Creamer – un uomo che agiva da “operativo” dei Clinton in grado di entrare ufficialmente ben 350 volte nella Casa Bianca di Obama – fu beccato con una telecamera nascosta che riprendeva una discussione sul possibile pagamento di agitatori per incitare alla violenza durante i raduni di Trump nel 2016.
L’episodio più inquietante, e tuttora irrisolto, è quello degli ammassi di mattoni che compaiono nei luoghi della protesta. Come ineffabili «armerie» per Black Bloc calate in punti strategici delle città in subbuglio, senza che vi siano cantieri in zona.
In altre zone, ha mostrato anche il popolarissimo podcast di Joe Rogan, sono comparsi cestini pieni di grosse pietre, disposti incredibilmente lungo le strade delle rivolte già nel pomeriggio.
Tornando a Soros, la sua implicazione in moti anti-governativi USA non è nuova: lo squalo magiaro donò 90 milioni di dollari ad alcuni gruppi femministi che erano dietro le proteste di gennaio 2017 per l’inaugurazione della presidenza di Donald Trump.
Nello stesso anno, rivelò il quotidiano anticomunista Washington Times, Black Lives Matter avrebbe ricevuto da George Soros almeno 33 milioni di dollari.
In quei mesi Los Angeles Times, giornale più mainstream, pubblicava la notizia secondo cui il Soros aveva «pompato nella Open Society 18 miliardi di dollari» creando così «un gigante filantropico». Un oceano di danaro, che finisce in cause controverse, ricordava il quotidiano californiano: dalla multinazionale dell’aborto Planned Parenthood a – scritto a chiare lettere – Black Lives Matter.
La cosa dovrebbe generare un cortocircuito, poiché è incontrovertibile il dato secondo cui la principale causa di morte per le vite dei neri è proprio Planned Parenthood, che è focalizzata soprattutto nei ghetti e nei margini della società, dove convincere una donna (in genere, nera) ad abortire è molto più facile. Una strage immane che attivisti americani hanno chiamato con la parola swahili Maafa, ossia «olocausto».
E l’Italia? L’ideale multiculturale dei miliardi di Soros trova una sponda anche in Italia.
Non è un segreto che L’«Associazione Carta di Roma» – associazione che promuove il «Protocollo deontologico concernente richiedenti asilo, rifugiati, vittime della tratta e migranti» il cui glossario ora è parte integrante del «Testo unico dei doveri del giornalista» – «riceve il supporto della Open Society di George Soros».
Se parli degli immigrati – cioè dei futuri George Floyd italiani, delle future minoranze legittimate alla violenza perché «discriminate» – lo devi fare con le parole di Protocolli sostenuti anche dai soldi di Soros.
Tanto per capire quanto sia pervasiva, globale, la ragnatela di cui stiamo parlando, e quanto sia antico il piano di cui stiamo vedendo ora una nuova fase.
Centro Sociale Anni Novanta Reloaded
Chi ha vissuto quegli anni non può mancare di notare come quello che sta accadendo, e non solo in America, sia una ripresa di tutto l’armamentario ideologico ed operativo della cosiddetta «cultura antagonista» degli anni Novanta.
La cosa può perfino parere spiazzante, perché i nomi degli ispiratori sono gli stessi di 4-5-6 lustri addietro, anche se gran parte dei rivoltosi non era nemmeno nata (ed alcuni, pensiamo, non sanno leggere o non sono interessati a libri e teorie).
Erano come spariti, invece, come un fiume carsico, ora misteriosamente riaffiorano trascinando con loro masse di persone e detriti.
È il caso di Murray Boockchin. Bookchin divenne particolarmente influente nei circoli filo-curdi a causa del fatto che Abdullah Öcalan ad un certo punto adottò le sue idee per far avanzare una visione di «confederalismo democratico».
Öcalan con il deputato Mantovani e la bandiera di Rifondazione
Öcalan, per chi lo ricorda, durante il suo esilio fu portato in Italia dalla Russia da un parlamentare di Rifondazione Comunista (il partito parlamentare più vicino ai Centri Sociali), Ramon Mantovani. Ci costò una crisi diplomatica con la Turchia, con assedio dell’ambasciata italiana ad Ankara («Avete dimenticato le Brigate Rosse?» recitavano in italiano certi cartelli della protesta turca).
Va notato come queste idee furono, dopo anni, implementate davvero nello staterello curdo avutosi con la guerra di Siria: il cosiddetto «Rojava», culto dei residui centrosocialisti, glorificato dai viaggi di «volontariato» e dalle pubblicazioni del celebre fumettista Zerocalcare. Il «Rojava», come sa chiunque, mai sarebbe stato possibile senza l’aiuto diretto dell’Esercito e dei servizi americani…
I centri sociali italiani per i curdi
I curdi giocano un ruolo di primo piano in questa storia di specchietti per le allodole: avanguardia incarnata per la cultura anarco-comunista degli «antagonisti».
Anarchia, autonomia, pedofilia
Dopo Bookchin, di cui si inizia a veder realizzate le teorie in terra americana, non poteva mancare di vedere rispuntare un’altra volta il pensiero di Hakim Bey.
Come il lettore certamente saprà, un gruppo di Antifa e anarchici a Seattle ha istituito la «Free Capitol Hill Zone» o «Capitol Hill Autonomous Zone» (CHAZ), in un’area vicino al distretto del dipartimento di polizia est ora abbandonato dalle forze dell’ordine.
Il nuovo «Stato» anarchico ha tanto di barricate di ingresso a fare da dogana con cartelli a mano che dicono «state entrando nell’area fuori dal controllo del Campidoglio». La cosa incredibile è che sindaci e governatori e politici della città stanno scusando questo che, a tutti gli effetti, è un atto di secessione: ciò che i Suprematisti Bianchi hanno minacciato per decenni (uno Stato tutto bianco in Idaho, Texas o chissà dove) gli anarchici lo hanno realizzato in poche ore, e con sorrisoni e pacche sulle spalle da parte dell’establishment democratico.
Fanno sorridere i problemi già emersi: la polizia (la quale per prima ha dato il via a questa follia abbandonando un distretto che copriva il quartiere ora in mano anarchica) che dice di non poter intervenire in caso di reati, una milizia di un rapper mediocre armato di Kalashnikov che la fa da padrone – anzi, come ha detto qualcuno, da «Signore della guerra» – e clamorosi appelli affinché qualcuno porti ai confini del nuovo anarco-Stato della carne vegana, perché oramai l’hanno finita e non sanno più di cosa cibarsi.
Ci sono testimonianze che dicono che i negozianti, i pochi che sono rimasti aperti, hanno cominciato a subire richieste di «tassazione» da parte di chi non si capisce chi: tra il pizzo e il fisco, come visibile grazie a questo splendido esperimento, c’è di mezzo solo la legittimità di un potere.
Tuttavia è altro che attira la nostra attenzione: la scelta del nome, CHAZ.
Un omaggio evidente alla teoria della TAZ, ossia Temporary Autonomous Zone: Zona Temporaneamente Autonoma. Anche questa una vecchia reminiscenza della cultura dei Centri Sociali, che pensavamo estinta per sempre assieme alle sue librerie polverose.
Invece eccotela qui di nuovo, e stavolta realizzata sul serio. Gli unici timidi tentativi di creazioni di TAZ – spazi dove la legge dello Stato non vale più, quindi incarnazioni fattuali dell’ideale anarchico in tutta la sua hybris – erano state le proteste dei No-Global che funestavano tutti i luoghi dove si trovavano WTO, NATO, G8 tra la fine degli anni Novanta e i primi 2000.
La massima realizzazione della TAZ fu la Genova del 2001. La gente tende a dimenticarlo, ma in quei giorni l’Italia fece qualcosa che nemmeno durante la Pandemia COVID ebbe il coraggio di fare (ma pur subendola dagli altri Paesi): sospese il trattato sulla libera circolazione delle persone in Europa, cioè Schengen.
Come ricorda chi all’epoca c’era, la città fu invasa da Black Bloc, truppe mascherate ed armate la cui provenienza non è mai stata appurata, a cui seguirono disordini coordinati che coinvolsero l’intera popolazione «antagonista», con camionette che arrivavano a distribuire assi di legno e altri strumenti di protesta.
2001, «Genova città aperta»
I Black Bloc ottennero quello che volevano: come disse uno di loro (un francese) in una intervista anonima che apparve sul Corriere della Sera, l’idea era quella di «aprire» la città, liberarla dalle leggi civili, penali, morali a cui è sottoposta. Genova divenne una TAZ: i negozi potevano essere saccheggiati, le pompe di benzina distrutte per ottenerne bottiglie Molotov, i poliziotti potevano essere attaccati: Carlo Giuliani, il grande martire della sinistra la cui famiglia all’epoca estraniata (era, tra le altre cose, tossicodipendente) è stata poi eletta nelle file del PD, attaccò il poliziotto Placanica con un estintore preso appunto da un distributore.
Nella TAZ non esiste più merce, degli oggetti fai quel che vuoi: ed anche della vita delle persone. Basta comprendere da chi arriva questa teoria per vedere con lucidità quale può essere il fine di tutto questo.
Il principale ideologo delle TAZ, i cui libri venivano diffusi nei circuiti di Centri Sociali e nei «teknival» (mega-rave di musica elettronica e anfetamine, talvolta tollerati dalle forze dell’ordine in tutta Europa), è lo scrittore e «poeta» Hakim Bey.
Il Bey, al secolo Peter Lamborn Wilson (1945-), era uno studioso di Islam. Nella sua particolare bizzarra parabola, si era avvicinato a movimenti sincretisti (la «Moorish Orthodox Church of America») così come all’uso dell’acido lisergico (LSD) con il movimento dello psichiatra-spacciatore freak pioniere della psichedelia Timothy Leary.
Wilson-Bey viaggiò in India per studiare il sufismo, ma venne attirato dalla pratica iniziatico-sessuale del Tantra. In Pakistan tornò a studiare l’Islam – la sua materia principale – e ad ammirare come clan e famiglie possano fare meglio dello Stato. Si spostò allora nella Persia dello Scià, dove l’Imperatrice gli offrì di curare la pubblicazione in inglese degli scritti della neonata Accademia Imperiale di Filosofia.
Con la Rivoluzione khomeinista scappò a casa, a New York, dove visse con il famigerato scrittore beat (omosessuale, forse anche pedofilo e uxoricida) William Burroughs.
Tuttavia, nessuna di queste grandi avventure fa sì che la prima riga della pagina di Wikipedia inglese non ricordi che Bey-Wilson «è una figura controversa nei circoli anarchici a causa della sua difesa della pedofilia».
Il teorico delle TAZ, ammiratore dei Pirati e del D’Annunzio fiumano, pubblicò scritti sul bollettino della NAMBLA (North American Man/Boy Love Association, «Associazione nordamericana per l’amore Uomo/ragazzo). La NAMBLA, che talvolta è emersa anche come possibile riferimento nei casi di pedofilia ecclesiastica – e perfino in quello di Manuela Orlandi – è oggi un ente che dire controverso è poco; tuttavia all’epoca pare si potesse promuovere la pedofilia apertamente. Vi era coinvolto il poeta beat par excellence, Allen Ginsberg.
Manifestazione della NAMBLA
Non tutti gli anarchici sono d’accordo con questo hobby dell’ideologo delle TAZ: «per aver sostenuto quest’ultima organizzazione, il cui obiettivo era di legalizzare la pedofilia e la pederastia, Bey è stato fortemente attaccato da numerosi altri anarchici», scrive l’enciclopedia online.
«Scrivere per la NAMBLA equivale ad attivismo nella vita reale. Come Hakim Bey, Peter crea una teologia della liberazione per i molestatori e la pubblica per un pubblico di potenziali criminali» dice Muhammad Knight, uno scrittore musulmano americano che aveva cominciato a mettere in piedi una biografia del personaggio per poi rinunziare davanti all’orrore di quanto sopra.
Anche l’intellettuale anarchico Robert Helms è sconvolto. Egli accusa il Wilson-Bey di usare «l’anarchismo in modo eticamente distorto e opportunista fingendo che il sesso adulto-bambino sia una libertà naturale. Non lo è, e non solo quasi tutti gli anarchici non sono d’accordo con lui, ma contesterebbero anche il diritto di uno stupratore di bambini a un rimedio non violento in molti casi» scrive in polemica ferocissima.
Helms accusa quindi apertamente Wilson-Bey di usare il concetto di TAZ per difendere la pedofilia, citando una precedente pubblicazione che aveva creato, Wild Children, per «collaboratori da 17 anni in giù». Helms ricorda infine lo strano silenzio che in tutto il mondo anarchico americano (e non solo) calava su questa passione di Bey. I libri di Bey, in vendita nei centri sociali in traduzione italiana, in effetti mai riportavano questo particolare.
Diventa chiaro qui come l’anarchia sia solo un pretesto per distruggere l’ordine morale: una zona senza più regole è il luogo dove il pervertito può commettere i crimini più abbietti senza rischio alcuno.
Questo ci porta al livello inferiore della protesta: quello metafisico, l’attacco al padre. [Cosa si diceva dell'istinto paterno non naturale e di liete comunità in cui non esiste paternità?]
Lucifer Life Matters
Certo, c’è l’interesse osceno delle multinazionali di appoggiare la rivolta, e lo stanno facendo apertamente. Come con il COVID, esse si arricchiscono (Amazon, Netflix, Facebook, Google, Microsoft: profitti da record) a discapito del business della piccola e media borghesia (per esempio, i negozi) oramai spacciati.
La liquidazione della classe media è una realtà che conosciamo da anni, un altro piano che avanza, iniziato probabilmente quando l’Ulivo mondiale (gli anni di Clinton-Blair-Prodi, etc.) fece entrare la Cina nel WTO, iniziò la globalizzazione; fateci caso, a protestare gli incontri per questi accordi c’erano gli stessi anarchici, un’opposizione sintetica che distruggeva qualsiasi altra forma di opposizione razionale (se sei contro la globalizzazione, sei un no-global).
Ovunque in questo nuovo ordine mondiale che è di fatto la globalizzazione cinese, ci sono ditate di dragone tanto visibili (quanto negate) anche nel caso della Pandemia: Clinton prese soldi dal Partito Comunista Cinese nel 1996 per farsi rileggere presidente, Blair fu amante di Wendi Deng (allora moglie di Rupert Murdoch, sospettata di essere una spia di Pechino), Prodi è ancora oggi pappa e ciccia con la Cina.
Certo, c’è la questione politica. È la mossa disperata per salvare Biden, candidato improponibile per gli stessi democratici (girano foto su come tocca le donne, anche bambine).
Se Trump organizzasse una repressione violenta, i democratici potrebbero riuscire nell’impossibile: portare i neri a votare; se i neri votassero in massa, grazie all’isterizzazione in corso, ci sarebbero grosse possibilità di cambiare gli equilibri elettorali.
Ci preme però dire un’altra cosa: alla base della rivolta c’è l’attacco alla figura del padre. La fatherlessness, l’essere senza padre, è la cifra costante della comunità nera americana. [Che problema c'è, l'istinto paterno non è naturale ci viene detto.] I ragazzi non hanno modelli, quindi, se non gli spacciatori di quartiere con i loro soldi, i papponi e i macchinoni, i rapper dei videoclip. Il problema è serio e trattato oramai pubblicamente da diverse voci anche della comunità afroamericana, come la bravissima Candace Owens.
Una città senza più leggi è l’esecuzione dell’ennesimo parricidio: disintegrano anche lo Stato-padre, per cui tutto diventa possibile. Senza padri, si sa, diventa una festa per i pedofili, perché i bambini non hanno più chi li difenda: di qui l’interesse acceso di Bey per la costruzioni di spazi anarchici, dove l’ordine morale – cioè ciò che lo separa dal consumare la sua perversione predatoria – è sospeso o eliminato per sempre.
La morte dello Stato-padre (la «Patria») se volete, permette non solo le gozzoviglie dei pedofili, ma anche quelle del capitalismo più imperialista: senza più sindacati, tribunali, leggi, la legge della giungla (il mercato) domina incontrastata. Ecco perché i predatori neoliberisti stanno tutti con coloro che devastano i loro stessi punti vendita (pensate alla Nike).[Cosa si diceva qui delle leggi civili e della "moralizzazione" ostacolo alla libertà degli uomini?]
Meglio un negro in Consiglio di Amministrazione che un sindacato che tratta per un salario migliore.
Meglio un popolo senza padre [cosa si diceva della paternità "di gruppo"], cioè senza difese, per fare dell’umanità quel che si vuole.
Chi non vi vede lo spirito di Lucifero, colui che per primo si ribellò al Padre?
In assenza del padre, si sa, ma a breve non si potrà più dire pubblicamente (anzi: si può venire oggi stesso espulsi dall’Albo degli psicologi), c’è anche un’altra cosa che succede: saltano fuori ragazzi omosessuali [chiamiamo Antisessismo per fare un brindisi]. Era la vecchia idea di Freud, ripresa dal compianto dottor Joseph Nicolosi, i cui libri, lo abbiamo appena scoperto, sono stati rimossi da Amazon.
Anche questo prodotto del parricidio è già stato comprato e assimilato dalla Oligarchia che oggi, per mezzo di minoranze barbare, brucia le città. E con loro, brucia quel che resta della Civiltà [Dov'è il problema, la civiltà è stata creata dalle femmine per fregare l'uomo].