Martini, troppe poche donne nelle stanze dei bottoni
Roma, 14 giu. (Adnkronos Salute) - Troppe poche donne nelle 'stanze dei bottoni' che governano la sanità italiana. A ribadirlo è il sottosegretario alla Salute Francesca Martini, nel corso della tavola rotonda su 'Sanità e prospettive per le donne medico', organizzata a Verona nell'ambito del 44esimo Congresso nazionale della Società italiana per la radiologia medica (Sirm)."Oggi la presenza femminile nel Servizio sanitario nazionale è il 60,9% del totale - sottolinea Martini - Tuttavia, nella distribuzione dei ruoli le donne costituiscono il 32,2% dei medici, mentre sono il 75,5% del personale infermieristico. Nella dirigenza medica del Ssn le donne sono presenti al 32%. In Europa la percentuale di medici donna è simile in Italia e in Grecia; Paesi come Finlandia e Svezia, ma anche Spagna e Portogallo si collocano sopra il 45%; altri come Gran Bretagna e Norvegia attorno al 40%". Secondo il sottosegretario, "le donne medico sono relegate a determinati settori della professione, in particolare all'area materno-infantile e nella medicina di base, e la loro rappresentanza è quasi assente in altre specializzazioni considerate appannaggio del sesso maschile (neurochirurgia, cardiochirurgia, urologia). Solo una donna ricopre la carica di presidente dell'Ordine dei medici, pochissime quelle che ricoprono il ruolo di primario (11% del totale), di docente ordinario (per la chirurgia generale solo il 2% sono donne) o di manager delle Aziende sanitarie locali". Anche le facoltà universitarie di medicina "sono piene di ragazze molto motivate - fa notare Martini - che finiscono nei tempi prescritti, in media a 26,5 anni e con buoni voti (107/110), il loro corso di studi. Nell'anno accademico in corso, infatti, le donne rappresentano il 60% degli immatricolati a Medicina e Chirurgia e specializzate il 47% (pediatria, ginecologia, odontoiatra e per ultime chirurgia e oncologia). Oggi, ogni 10 laureati 8 risultano essere donne. La percentuale di iscritte agli Ordini dei medici sotto i 30 anni di età sale al 70%". Una tendenza, questa, che non riguarda solo l'Italia, "ma anche Europa e Stati Uniti - assicura il sottosegretario - In Portogallo le studentesse in medicina sono al 65%; in Gran Bretagna i medici donna sono il 60% e in Svizzera, se negli anni '60 solo l'1% dei medici erano donne, nel 2006 la percentuale è salita al 57%. Da qui - secondo Martini - la necessità di avviare un'ampia riflessione sulla femminilizzazione della sanità, sulle problematiche ad essa correlate, sulle proiezioni future del Ssn". Martini ricorda il primo Forum del dicastero di Lungotevere Ripa, attivo per oltre un mese sul sito web del ministero, per dare voce alle donne che lavorano nel Ssn. "Il punto di partenza della riflessione del ministero - spiega - sono i dati sulla dirigenza del Ssn, che fotografano una situazione con molte donne in corsia e poche nelle stanze dei bottoni. A fronte di un medico donna ogni tre camici bianchi, soltanto una donna su dieci occupa un posto di dirigente medico di struttura complessa, cioè l'ex primario. Infatti, solo l'11,7% delle donne medico sono a capo di strutture complesse con rapporto esclusivo, mentre i camici rosa a capo di strutture semplici raggiungono il 26%". I dati sembrano confermare "come, in un contesto sociale in cui si danno per acquisiti elementi fondamentali quali le pari opportunità - osserva Martini - sia ancora in atto un processo di differenziazione e gerarchizzazione in grado di attribuire alle differenze biologiche una capacità di strutturazione sociale, soprattutto in campo medico. La stessa proporzione si rileva fra i manager delle Aziende sanitarie, mentre le cose vanno ancora peggio se guardiamo alle università". La presenza delle donne nella professione e nel mondo universitario "diminuisce rapidamente man mano che si scalano i livelli gerarchici. La penalizzazione ai vertici e l'essersi auto confinate nelle specialità in cui è meno complicato conciliare vita e lavoro non comporta un prezzo più basso in termini di sacrifici personali. A fronte di un processo che ormai sembra irreversibile di femminilizzazione del Ssn, considero fondamentale intraprendere una serie di misure organizzative e culturali volte a facilitare e valorizzare il ruolo della donna medico nel Ssn", insiste il sottosegretario. "Ho quindi avviato - ricorda - l'indagine conoscitiva sulle donne in sanità, avente come obiettivi: l'analisi dei dati esistenti e comprensione dei trend, lo studio delle principali cause che determinano le differenze di accesso delle donne ai ruoli apicali del Ssn nonché ad alcune discipline mediche, lo studio delle dinamiche che possono incidere positivamente sul rapporto medico donna-paziente, lo studio dei modelli organizzativi delle strutture del Ssn in riferimento alle esigenze delle donne che vi lavorano. I risultati dell'indagine conoscitiva e le proposte avanzate dalla Commissione del ministero saranno presentati in occasione della I Conferenza nazionale sul tema 'Ssn: un sistema sempre più al femminile' che sto organizzando. Il fenomeno della femminilizzazione della medicina non può e non deve rimanere soffocato da una situazione sociale e organizzativa ostile", ripete Martini. Il sottosegretario sottolinea come le rappresentanti del gentil sesso debbano "essere messe in grado di dimostrare le loro capacità, anche perché il fare medicina delle donne è molto vicino al modello di presa in carico globale della persona. E culturalmente hanno maggiore attenzione al contesto globale, non solo clinico, di un paziente. Dunque non solo medici, ma professionisti con la padronanza di una visione globale", prosegue Martini. "Proprio perché la sanità rappresenta una grande opportunità per le donne - aggiunge - ritengo strategico continuare a lavorare sulla medicina di genere e sui modelli di riferimento. Un esempio fra tutti: i tempi e l'organizzazione del lavoro dovranno cambiare quando ci sarà una prevalenza di donne in medicina. E questo può essere trainante anche per i contratti collettivi di lavoro", precisa. "Ed è palese - sostiene - che si debba lavorare su modelli culturali dove un medico, in quanto donna, non è accettata da un paziente di sesso maschile, e questo non perché non sia adatta a determinati compiti. Mi auguro - conclude il sottosegretario - che in questo modo nel prossimo futuro assisteremo a un'entrata massiccia delle donne anche nei ruoli apicali del Ssn e sono convinta che alla lunga vincerà la qualità e l'etica".
Martini, DIMETTITI. Liberi un posto ( magari per tua figlia )