PROLOGO
Per il lettore di mente più aperta, cominciamo da una introvabile lettera di M. McLuhan, che non si riferisce al tempo di Bruno ma ad OGGI:
"Per tutto lo scorso anno
ho esplorato i rapporti tra le società segrete e le arti, una cosa disgustosa. Non so cosa ne sappia tu, ma io so che
non c'è artista o critico vivente di fama che non stia al loro gioco. Ovvero ai loro rituali e dottrine come base dell'organizzazione artistica...
È strano come i domenicani [si tenga a mente: ordine di origine spagnola] sembrino avere una
grande sete di tecniche gnostiche di gnosis servendosi delle passioni.
Bruno, Savonarola, Campanella."
Sempre allo (spero non troppo ipotetico) lettore accorto segnalo un episodio della serie di Star Trek palesemente intrisa di cultrua massonica (Mcluhan studiava e prendeva sul serio la cultura popolare), in cui un vulcaniano in un abito di stile domenicano sostiene che in principio la loro civiltà non seguiva la via della logica ma delle
passioni. Spero non sorpenderà sapere che sceneggiatori e registi di serie popolari hanno una cultura che non potremmo farci in dieci vite.
E ora veniamo al punto: Giordano Bruno fu realmente un "libero pensatore"? La Chiesa Cattolica lo ha "perseguitato e messo al rogo"?
La mistificazione di questa storia ad opera della massoneria oltre un secolo dopo la sua morte impose Bruno all’opinione pubblica come un “martire del libero pensiero”.
Ma in realtà
Giordano Bruno cambiò innumerevoli volte idea e casacca a seconda dei potentati di turno e del proprio tornaconto. Fu in ordine: monaco domenicano, protestante, ariano, astrologo, cabalista e mago.
Vagò per le corti d’Europa
protetto e stipendiato da nobili e re, ma i suoi rapporti finivano sempre con fughe e liti.
Fu scomunicato prima dalla chiesa cattolica, poi
processato dalla chiesa calvinista, perseguitato dai luterani e infine processato dal sant’uffizio per la denuncia di Giovanni Mocenigo.
La chiesa cattolica tentò sempre di salvarlo e aiutarlo fino alla fine e in sette anni di reclusione non esiste alcuna documentazione relativa a tortura.
Nel video che segue il
prof. Umberto Spiniello, Direttore del Canale YouTube “L’Ancora e il Delfino”, ricostruisce l’incredibile storia di questo personaggio.
GIORDANO BRUNO, IL FOLLE CHE FU SCOMUNICATO NON SOLO DALLA CHIESA CATTOLICA, MA ANCHE DA CALVINISTI E LUTERANI
Divenne l'icona del libero pensatore perseguitato: per questo i massoni gli fecero un monumento nel 1889 (che nonostante le proteste di più papi è ancora al suo posto)
di Giovanni Tortelli
Nel 1576 fuggì a Roma ma anche da lì dovette ben presto allontanarsi perché raggiunto dalla denuncia di aver occultato delle opere di san Giovanni Crisostomo e di san Girolamo perché annotate con le glosse proibite di Erasmo da Rotterdam, e forse anche perché
coinvolto in qualche modo nell'omicidio di un confratello (V. Spampanato, Documenti della vita di Giordano Bruno, Olschki 1933, pp. 125-126).
Fu a questo punto che
lasciò l'abito domenicano. Si diresse quindi a Genova dove visse impartendo lezioni di grammatica e di astronomia. In quest'epoca Bruno manifestò anche il passaggio al materialismo filosofico, e in astronomia all'eliocentrismo copernicano. Ma le peregrinazioni dell'ex domenicano erano solo agli inizi: sempre nel 1576, da Genova si spostò in varie città, per raggiungere infine Ginevra, dove trovò l'aiuto del marchese de Vico che là aveva radunato una piccola comunità di napoletani passati al protestantesimo.
Giunto a Ginevra nel 1578, Bruno
si fece subito calvinista, si iscrisse alla "chiesa protestante italiana" e si immatricolò come studente di teologia.
In breve tempo però riuscì a mettersi nei guai anche coi calvinisti, cioè con la quasi totalità della popolazione ginevrina:
arrestato per diffamazione nel 1579, fu processato e scomunicato e obbligato alla ritrattazione.
MORDI E FUGGI EUROPEO
Lasciata Ginevra passò da Lione per poi stabilirsi per due anni a Tolosa, città cattolica, sede di un'importante università, presso la quale fu lettore del De anima di Aristotele. Ma dopo essersi attirato l'ostilità degli aristotelici per la sua adesione all'ars combinatoria di Lullo, nel 1581 passò a Parigi dove insegnò con profitto e la sua fama giunse fino al re Enrico III di Valois che lo fece "lettore straordinario e provisionato", cioè stipendiato. A Parigi scrisse il Candelaio, commedia che descrive un mondo assurdo, violento e corrotto,
i cui protagonisti sono la magia e l'alchimia, l'amore infedele e la beffa.
Nell'aprile 1583 giunse a Londra come accompagnatore dell'ambasciatore francese de Castelnau. A Londra, Bruno pubblicò tre opere in latino che avevano come oggetto la memoria e la disposizione di tutte le arti e scienze (
ars combinatoria, cabala) in formule che assicurassero un sapere sempre più illimitato e i Dialoghi italiani, dedicati alla metafisica del sapere, attraversati da quell'amarezza già evocata nel celebre ossimoro del Candelaio: "In tristitiahilaris, in hilaritatetristis". La pubblicazione di quest'opera sollevò un vespaio e
dovette scappare anche da Londra, rientrando in Francia.
A Parigi continuò la sua denigrazione contro la Chiesa cattolica e contro i Sacramenti e in special modo l'Eucaristia «ignoti a san Pietro e a san Paolo» (A. Verrecchia, Giordano Bruno: la falena dello spirito, Donzelli 2002).
Si inimicò anche l'ambiente dei sorbonisti che all'epoca era totalmente di formazione aristotelica e decise perciò di partire per la Germania, prima a Magonza e poi a Wittenberg.
A Wittenberg però la fazione calvinista della città riconobbe in lui l'antico avversario di Ginevra e gli fu subito ostile e così, pur
dopo aver composto l'Oratio valedictoria nella quale esaltava Lutero, Bruno dovette riparare a Praga presso re Rodolfo II d'Asburgo che lo accolse benevolmente e al quale dedicò lo scritto Articuli centum et sexaginta.
Nel 1589, da Praga si trasferì a Helmstädt (Bassa Sassonia) dove fu incoraggiato dal principe Enrico Giulio figlio del regnante duca di Braunschweig. Qui si occupò ancora di mnemotecnica, di cosmologia e di metafisica a cui aggiunse anche
quattro trattati di magia (De Magia; Theses de magia; De magia mathematica; De rerum principiis et elementis et causis). Per motivi ignoti fu
scomunicato dal sovrintendente della chiesa luterana della città, ottenendo il primato di essere scomunicato contemporaneamente da tre confessioni religiose, la cattolica, la calvinista e la luterana.
Nell'aprile 1590 lasciò Helmstädt e giunse a Francoforte dove scrisse, fra le altre cose, De triplici minimo et mensura, un testo che sviluppava ancor più i suoi studi sulla matematica e sulla memoria e che giunse nelle mani del nobile veneziano Giovanni Mocenigo, il quale invitò Bruno a Venezia. Questi accolse subito l'offerta, forse perché vedeva nella Repubblica di san Marco la realizzazione dei suoi ideali di potenza e libertà.
Nel marzo 1592
cominciò a impartire a Mocenigo le lezioni concordate ma il giovanotto ne rimase deluso e chiese a Bruno la restituzione del compenso che gli aveva già elargito. Fu la rottura. Quando Bruno stava per lasciare definitivamente Venezia per tornare a Francoforte, Mocenigo, la notte del 21 maggio 1592, lo fece sequestrare dai suoi servitori dopo averlo denunciato al Sant'Uffizio.
LO SCONTATO FINALE
Mocenigo accusava Bruno di non credere né alla transustanziazione, né alla distinzione di Dio in Tre Persone, inoltre di credere nella pluralità dei mondi e di avere tanto in odio la Chiesa da incitare gli Stati alla confisca di tutti i beni ecclesiastici (Spampanato, cit., pp. 59 ss.).
Queste accuse erano tanto più gravi perché confermavano tutti i capi d'imputazione che Bruno aveva collezionato fin dai tempi del suo noviziato, classificandolo come un recidivo. Quando Giordano Bruno fu condotto in prigione, furono sequestrate anche tutte le sue carte. Non uscì più dal carcere e Roma ne ottenne ben presto l'estradizione da Venezia.
Fondamentalmente, Bruno fu per tutta la sua vita
il nemico giurato del principio d'autorità [non si confonda autorità con tirannia e "potere", che egli vedeva realizzato in tutte le religioni ma in special modo in quella cattolica.
Giordano Bruno divenne ben presto l'icona del libero pensatore immolato per i suoi ideali dall'oscurantismo cattolico. Più tardi,
la nascente massoneria riconobbe in lui l'"indomito spirito di ricerca, ribelle a qualsiasi imposizione dogmatica, un ideale affine al libero pensiero su cui essa si fonda" (A. Mola, Storia della massoneria italiana, Bompiani 1984).
Il monumento eretto in suo onore in Campo de' Fiori, inaugurato il 9 giugno 1889, giorno di Pentecoste, fortemente voluto dalle forze anticlericali e massoniche, suscitò violentissime polemiche: papa Leone XIII chiese che la statua non fosse esposta al pubblico, il giorno dell'inaugurazione digiunò davanti alla statua di san Pietro e chiese che in Campo dei Fiori venisse eretta una cappella riparatoria.
Nemmeno coi Patti Lateranensi del 1929 si riuscì ad abbattere la statua, più volte contestata anche da parte di Pio XII. Essa rimane come ricordo di una sfida alla Chiesa che percorre i secoli.
Insieme al "caso Galileo", quello di Giordano Bruno, morto sul rogo nel 1600, è uno dei più utilizzati per attaccare la Chiesa Cattolica.
http://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=5563Chi era veramente Giordano Bruno? Un campione del libero pensiero o un mago bestemmiatore? Facciamo chiarezza su
una delle vicende più strumentalizzate dalla propaganda anticristiana
Come è noto,
a partire dalla "guerra civile ideologica" che si apre nel corso dell'Ottocento fra élites massoniche e liberali e Chiesa Cattolica, la figura di Giordano Bruno svolge un ruolo tutt'altro che secondario, e questo difficile e oscuro pensatore viene trasformato nel simbolo del "libero pensiero", di una modernità "illuministica" ingiustamente ostacolata dalla Chiesa stessa.
Ma chi è veramente Giordano Bruno? Per capirlo occorre più che mai ricominciare da capo e considerare
aspetti biografici normalmente poco conosciuti o abilmente celati.
Bruno nasce a Nola nel 1548 e, ancora molto giovane, a Napoli, per continuare gli studi, veste l'abito dei domenicani. Rimane per dieci anni in convento, laureandosi in teologia e ricevendo gli ordini sacri, ma ben presto si scontra con i superiori come sospetto di eresia, in quanto da tempo si è dedicato a pratiche e a letture proibite. Il giovane filosofo nel 1576 lascia il convento e fugge. Bruno, sulla base della
lettura di testi ermetici e magici, sviluppa una sofisticata ars memoriae, una memoria artificiale cioè, che fa da fondamento a tutte le sue successive concezioni.
Elabora intanto una metafisica che concepisce l'universo come infinito e privo di centro, increato, dove
Dio è pensato panteisticamente come coincidente con il mondo e con la natura; il cosmo è pertanto infinito e in esso tutto viene divinizzato.
Questa filosofia porta con sé la necessità di distruggere il cristianesimo, la sua morale, la sua concezione dell'uomo, segni per il filosofo di un'estrema decadenza e povertà del mondo.
Giordano Bruno inizia quindi una serie di drammatiche peregrinazioni attraverso l'Europa. La sua prima tappa importante è a Ginevra, dove aderisce alla confessione calvinista dominante per venire ben presto processato, scomunicato e costretto a fuggire in Francia. Qui entra in contatto con Enrico III di Valois che forse, secondo la Yates, lo invia in Inghilterra con una precisa missione politico-culturale:
cercare di convincere la regina Elisabetta e i circoli colti della corte inglese ad aderire alla nuova religiosità magica ed "egiziana" di cui Bruno si fa banditore e sacerdote. Lo scopo è smorzare la contrapposizione fra cattolici e protestanti trovando un
comune terreno "ermetico" di intesa. Un altro storico inglese, John Bossy, nel 1991 pubblica un testo fondamentale, "Giordano Bruno e il mistero dell'ambasciata", in cui avanza la tesi che
Bruno a Londra si sia posto al servizio dei servizi segreti di Sir Walsingham, aiutandoli a sventare i complotti dei cattolici inglesi,
giovandosi a questo scopo anche delle confessioni che carpisce in qualità di sacerdote all'ambasciata francese di cui è ospite.
Dopo l'esperienza inglese, e un breve e sfortunato ritorno in Francia, Bruno passa un lungo periodo in diversi stati tedeschi e a Wittenberg
tesse uno strabiliante (e strumentale) elogio di Lutero, infarcito di accuse durissime contro il Papa.
La sua adesione opportunistica al luteranesimo non gli impedisce però di essere scomunicato ancora una volta ad Helmstadt proprio dai protestanti locali. Bruno è infatti tradito dal suo
carattere focoso e irascibile, dal suo senso smisurato del proprio valore. Nel 1591 è raggiunto da un invito di un nobile veneziano, il Mocenigo, che vorrebbe imparare da lui la mnemotecnica.
Perché il filosofo accetta il rischio di rientrare in Italia?
Secondo il Corsano lo si comprende se si considerano i
testi di magia nera che Bruno ha scritto in Germania prima del rientro a Venezia: sono scritti terribili in cui il mago italiano sviluppa tecniche per realizzare "legamenti" magici e soggiogare così le persone che si intendono asservire ai propri scopi.
Forte di queste tecniche Bruno intenderebbe nientemeno che recarsi a Roma e conquistare il Papa, spingendolo a riformare il cattolicesimo in senso magico-egiziano: un progetto incredibile che fa dire alla Yates, una studiosa solitamente molto prudente, che il filosofo è ormai ai confini della follia, del delirio conclamato.
Il Mocenigo però rimane sconvolto da quanto vede e sente fare dal suo ospite - in particolare dalle sue bestemmie - e lo denuncia all'Inquisizione con accuse molto precise; il tribunale veneziano lo arresta senza esitazioni.
Inizia in tal modo la fase veneziana del processo di Giordano Bruno che si conclude con una spettacolare e spontanea abiura da parte del filosofo di Nola, che ritratta le sue convinzioni - non si sa quanto sinceramente - e invoca il perdono dei giudici promettendo di ravvedersi. Il Sant'Uffizio romano ha però deciso di avocare a sé la causa e ottiene dalla Repubblica di Venezia il trasferimento dell'imputato:
inizia così la seconda parte del processo, che si svolge a Roma a partire dal febbraio del 1593 per ben sette anni.
L'Inquisizione romana si muove con una scrupolosità straordinaria: verbalizza minutamente numerosissimi interrogatori, fa analizzare da teologi esperti tutte le opere di Bruno, sottopone ripetutamente al filosofo elenchi di errori filosofici e teologici che gli chiede di abiurare, fornendo all'inquisito ampi mezzi di difesa.
Contrariamente a quanto si è abituati a pensare, la cella in cui Bruno viene rinchiuso e dove rimarrà per sette anni è - a detta del grande storico Luigi Firpo - un luogo abbastanza vivibile, ampio e luminoso, dove la biancheria viene cambiata due volte alla settimana e dove l'imputato può usufruire di vari servizi come il barbiere, i bagni, la lavanderia. Nei verbali rimane traccia, ad esempio, della richiesta avanzata da Bruno di avere un cappello di lana per l'inverno e una copia della Summa di Tommaso, richieste prontamente soddisfatte.
A Roma, nel corso del 1597, forse subisce una seduta di tortura; "forse" perché non va dimenticato che per l'Inquisizione la semplice minaccia di ricorrere alla tortura viene registrata nei verbali come tortura effettivamente somministrata.
All'inizio del 1600 il Tribunale presieduto dal cardinale Bellarmino, che ha tentato in tutti i modi di convincere il filosofo dei suoi errori, dopo una lunga serie di ultimatum posti al Bruno, a cui
egli risponde con la promessa di voler abiurare, per poi tornare sui suoi passi, decide di consegnarlo al braccio secolare: si arriva così al tragico rogo del 17 febbraio 1600.
Dunque
la morte di Bruno, per quanto tragica, se contestualizzata nel momento e nelle condizioni storiche in cui avvenne, non ha nulla né di misterioso, né di barbaro; ed anzi
si può affermare, senza essere temerari, che pochi altri processi - non solo cinquecenteschi - hanno visto da parte dei giudici mettere in atto un comportamento così scrupoloso e corretto, così moralmente e deontologicamente irrepresensibile.
Matteo D'Amico
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