Femminicidi. Questo o Quella, per Me Pari Sono. Aurelio Porfiri
Cari amici e nemici di Stilum Curiae, con il consueto equilibrio
il maestro Aurelio Porfiri affronta uno dei temi prediletti del politically correct e dell’informazione mainstream, cioè il tema del cosiddetto femminicidio.
Ci permettiamo a margine di ricordare che la stragrande maggioranza dei femminicidi, in particolare in alcune aree del pianeta, avvengono nel grembo della madre. ma di questi femminicidio ovviamente le paladine dei diritti delle donne si guardano bene dal parlare…Buona lettura.
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Questo o quella, per me pari sono
Osservo con un certo fastidio, nella cronaca giornalistica, questo vezzo di connotare tutte le uccisioni che hanno donne come sfortunate protagoniste come “femminicidi”.
Ora, parafrasando il Rigoletto di Giuseppe Verdi, posso dire che “questo o quella, per me pari sono” (forzando le parole cantate dal Duca di Mantova, tra l’altro impenitente donnaiolo), cioè uccidere un uomo o una donna è ugualmente grave.
Se si uccide una donna sembra più grave in quanto donna, se si uccide un omosessuale sembra più grave in quanto sembra coinvolto “l’odio verso i gay” mentre quando viene ucciso un uomo sembra quasi questo rientri in un certo senso nella normalità.
Ora, si potrebbe affermare che “omicidio” si riferisce solo all’uccisione di un uomo, ma qui homo è da intendere nel senso latino che spesso gli viene dato, come “umano”, cioè che comprende entrambi i sessi.
Quando diciamo nel Gloria: et in terra pax hominibus, è anche in questo senso che intendiamo la parola. Per me
è un errore cercare di delineare alcune uccisioni come più gravi delle altre con l’aggravante del sesso o dell’orientamento sessuale.
Si deve provare che questi fattori abbiano effettivamente giocato un ruolo nelle motivazioni dell’uccisione, che l’omosessuale sia stato ucciso in quanto tale e così la donna. In questo caso la motivazione del sesso o dell’orientamento sessuale giocherebbe un ruolo.
Quello che mi sembra di osservare nella cronaca è che molte donne vengono uccise nell’ambito di quelli che un tempo venivano definiti “delitti passionali”, non in spregio al loro sesso ma come prodotto di una relazione malata.
Chi uccide non manifesta odio verso le donne ma verso quella particolare donna, il che
non giustifica la categorizzazione che ne viene fatta come se questi omicidi siano frutto di un odio generalizzato verso le donne, che non c’è.
Se una donna uccide un uomo, non viene trovato un termine per specificare che questo tipo di uccisione è più grave di altre, perché la realtà è che esse sono ugualmente gravi.
Invece,
con l’uso di certi neologismi, si passa l’idea che certi atti sono più gravi di altri non in se stessi ma per l’oggetto dell’azione.
Per fare questo si instilla l’idea che le donne vengono odiate ed uccise in quanto tali il che è vero solo in una minima parte dei casi (e la cosa vale anche se una donna uccide un uomo).
A mio avviso non è questo il modo di promuovere la dignità della donna o di proteggerne i giusti diritti davanti la legge.
Se si vuole la giusta parità, meglio non rifugiarsi per cominciare in un ghetto verbale.
https://www.marcotosatti.com/2021/08/27/femminicidi-questo-o-quella-per-me-pari-sono-aurelio-porfiri/