Autore Topic: Porfiri contro il mito del femminicidio  (Letto 1290 volte)

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Offline Vicus

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Porfiri contro il mito del femminicidio
« il: Agosto 27, 2021, 10:59:52 am »
Femminicidi. Questo o Quella, per Me Pari Sono. Aurelio Porfiri

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, con il consueto equilibrio il maestro Aurelio Porfiri affronta uno dei temi prediletti del politically correct e dell’informazione mainstream, cioè il tema del cosiddetto femminicidio. Ci permettiamo a margine di ricordare che la stragrande maggioranza dei femminicidi, in particolare in alcune aree del pianeta, avvengono nel grembo della madre. ma di questi femminicidio ovviamente le paladine dei diritti delle donne si guardano bene dal parlare…Buona lettura.

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Questo o quella, per me pari sono

Osservo con un certo fastidio, nella cronaca giornalistica, questo vezzo di connotare tutte le uccisioni che hanno donne come sfortunate protagoniste come “femminicidi”.
 
Ora, parafrasando il Rigoletto di Giuseppe Verdi, posso dire che “questo o quella, per me pari sono” (forzando le parole cantate dal Duca di Mantova, tra l’altro impenitente donnaiolo), cioè uccidere un uomo o una donna è ugualmente grave.

Se si uccide una donna sembra più grave in quanto donna, se si uccide un omosessuale sembra più grave in quanto sembra coinvolto “l’odio verso i gay” mentre quando viene ucciso un uomo sembra quasi questo rientri in un certo senso nella normalità.

Ora, si potrebbe affermare che “omicidio” si riferisce solo all’uccisione di un uomo, ma qui homo è da intendere nel senso latino che spesso gli viene dato, come “umano”, cioè che comprende entrambi i sessi.

Quando diciamo nel Gloria: et in terra pax hominibus, è anche in questo senso che intendiamo la parola. Per me è un errore cercare di delineare alcune uccisioni come più gravi delle altre con l’aggravante del sesso o dell’orientamento sessuale.

Si deve provare che questi fattori abbiano effettivamente giocato un ruolo nelle motivazioni dell’uccisione, che l’omosessuale sia stato ucciso in quanto tale e così la donna. In questo caso la motivazione del sesso o dell’orientamento sessuale giocherebbe un ruolo.

Quello che mi sembra di osservare nella cronaca è che molte donne vengono uccise nell’ambito di quelli che un tempo venivano definiti “delitti passionali”, non in spregio al loro sesso ma come prodotto di una relazione malata.

Chi uccide non manifesta odio verso le donne ma verso quella particolare donna, il che non giustifica la categorizzazione che ne viene fatta come se questi omicidi siano frutto di un odio generalizzato verso le donne, che non c’è.

Se una donna uccide un uomo, non viene trovato un termine per specificare che questo tipo di uccisione è più grave di altre, perché la realtà è che esse sono ugualmente gravi.

Invece, con l’uso di certi neologismi, si passa l’idea che certi atti sono più gravi di altri non in se stessi ma per l’oggetto dell’azione.

Per fare questo si instilla l’idea che le donne vengono odiate ed uccise in quanto tali il che è vero solo in una minima parte dei casi (e la cosa vale anche se una donna uccide un uomo).

A mio avviso non è questo il modo di promuovere la dignità della donna o di proteggerne i giusti diritti davanti la legge.

Se si vuole la giusta parità, meglio non rifugiarsi per cominciare in un ghetto verbale.

https://www.marcotosatti.com/2021/08/27/femminicidi-questo-o-quella-per-me-pari-sono-aurelio-porfiri/
Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto.

Offline Caiovaleriocatullo

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Re:Porfiri contro il mito del femminicidio
« Risposta #1 il: Agosto 27, 2021, 11:57:01 am »
Le femministe sostengono che il delitto passionale e le relazioni coniugali malate siano effetti di una modalità esistenziale maschilista che agisce sia nell'uomo che uccide la donna, sia nella donna che uccide l'uomo, di cui l'uomo è portatore e untore. Questo maschilismo, di cui le femministe parlano, non sarebbe altro che una vena narcisistica degenerativa e contagiosa all'interno delle menti in cui sarebbe radicato, connotata da elementi di "psicopatia sessuale".
A loro dire, esisterebbe una cultura dello stupro: sostenere che il motivo principale per cui la mente maschile, a volte, degenera è il fatto che per essere all'altezza degli standard posti dal genere femminile per essere riconosciuti come individui di valore occorre impegnarsi in sforzi che portano al collasso mentale e all'odio verso se stessi, significherebbe per le femministe giustificare lo stupro, cioè la violenza esercitata nella ricerca del riconoscimento del proprio valore attraverso l'aggressione sessuale diretta a donne.  Questa logica porterebbe anche al femminicidio.
Eppure il non essere riconosciuti per il proprio valore non c'entra niente con il sesso. Se le donne non sanno scindere il loro modo di vederci sessualmente dal loro modo di giudicarci come persone è un problema loro, non nostro. Noi uomini chiediamo solo di essere trattati come esseri umani e di non vederci tolta la nostra dignità: questo indipendentemente dai gusti sessuali delle donne nei nostri riguardi e indipendentemente dal desiderio, o meno, di intrattenere con loro relazioni sessuali e amorose.
Dunque non c'è alcuna cultura dello stupro. Tuttavia le femministe direbbero: si sta comunque giustificando un delitto incolpando la vittima. Insomma, se anche volessimo accusare la donna di aver violato l'umana dignità dell'uomo, non c'è alcuna correlazione fra questo fatto e il "femminicidio", se non appunto che quel modo di vedere le cose fornisce un tentativo di giustificare il femminicidio.
Diciamo innanzitutto che se ci fosse un riconoscimento della condizione maschile anche a livello legale, molti uomini avrebbero i mezzi per contrastare gli abusi che subiscono dalle donne attraverso la legge, e questo sarebbe un deterrente contro il ricorso al cosiddetto femminicidio. In secondo luogo noi neghiamo questo: che il femminicidio si distingua dall'omicidio. Non essendoci cultura dello stupro, non si può profilare che la donna sia uccisa in quanto donna. L'uomo violento, in quella fattispecie, uccide spinto dall'esigenza di porre riparo al danno ricevuto alla sua dignità umana, non al suo orgoglio maschile: non mira quindi all'uccisione del simbolico femminile, ma alla vendetta per un torto subito. Non v'è giustificazione per questo crimine, di nessun tipo, nemmeno il presunto "odio verso le donne".

Offline Vicus

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Re:Porfiri contro il mito del femminicidio
« Risposta #2 il: Agosto 27, 2021, 12:10:18 pm »
Per i crimini delle donne contro gli uomini vige sempre più l'immunità, o comunque pene molto più miti, e l'assoluzione preventiva sui media.
Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto.