L’Inquisizione, La Leggenda Nera Smentita da Studiosi Laici.Come promesso in un mio recente commento, per i lettori di SC riporto alcuni estratti di un mio articolo inserito nella ricerca intitolata “Quello che i cattolici devono sapere – Almeno per evitare una fine ridicola”, pubblicata nel 2015. Un libro che smaschera decine di leggende nere contro la Chiesa e non solo.
[…] Il termine Inquisizione ha la stessa etimologia di inchiesta, ricerca, questura e storicamente si distinguono in Inquisizione medievale, per contrastare l’eresia catara; Spagnola, per i falsi conversos ebrei e i marranos musulmani; Inquisizione Romana, istituita da papa Paolo III nel 1542, dove il Sant’Uffizio operò soltanto su una parte della penisola italiana, soprattutto contro la diffusione del protestantesimo. Come vedremo, questa istituzione fu voluta a gran voce dal popolo, esasperato dalle sette che sobillavano le folle. Chiariamo subito che la condanna al rogo per gli eretici era una pena stabilita dal diritto penale e non dal diritto canonico. La Chiesa non condannò mai al rogo, ma fu il braccio secolare che lo decideva e lo attuava. L’eresia era considerata come crimine di lesa maestà, e quindi fu stabilita la pena capitale, ma se l’accusato si pentiva, veniva perdonato e reintegrato nella comunità.
Lo storico danese Gustav Henningsen, analizzando 44.000 casi di inquisiti tra 1540 e il 1700 (dunque, relativa alla più inflessibile Inquisizione secolare), risulta che solo l’1% fu giustiziato. Con la mentalità di oggi può sembrare eccessivo anche quell’1%, ma dobbiamo considerare che durante quei secoli non c’era in ballo solo la Cristianità, ma la stessa sopravvivenza dello Stato, della famiglia e della comunità.
Oltre ad avere l’Islam alle costole, l’Europa era minacciata soprattutto dalle sette eretiche che nascevano come funghi. Gli eretici sono sempre esistiti, anche nel modo pagano, ma mai avevano messo in pericolo l’istituzione secolare e religiosa con tale virulenza. Cosa propugnavano i catari? Verso la metà del XII secolo i catari, o albigesi, bogomili, bulgari, etc… appellativi che variavano secondo i luoghi dove si insediavano, si diffusero soprattutto nel sud della Francia e nel nord Italia. Questa dottrina, che professava un insieme di manicheismo, gnosticismo e cristianesimo, era ritenuta una vera calamità anche per l’assetto politico-istituzionale. I catari erano divenuti talmente potenti che, se per i governanti doveva essere colpita militarmente, per l’aspetto teologico era necessario l’intervento del papa. Nel 1162 Luigi VII re di Francia, scrive una lettera di fuoco a papa Alessandro III, per la sua riluttanza nell’affrontare il pericolo cataro: « […] essi sono molto più malvagi di quel che appaiono. […] La Vostra saggezza abbia un’attenzione tutta particolare per questa peste e la sopprima prima che possa crescere ancora. […] Se agirete altrimenti, i malumori non si placheranno facilmente e voi scatenerete contro la Chiesa romana i violenti rimproveri dell’opinione pubblica». (G. B. Guiraud – Elogio della Inquisizione – Leonardo Ed. 1994).
Di quali tipi di violenze parla il re di Francia? Non certo di discettazioni teologiche. Per i catari la materia è un male da estirpare, condannano il matrimonio, la procreazione, la proprietà privata, il lavoro e promuovono l’aborto. I beni degli adepti – come accade anche oggi in non poche chiese scismatiche – devono essere ceduti ai perfecti. Predicano il furto, la rapina, l’assassinio dei nemici (di fatto uccisero non pochi religiosi indifesi e persone che si opponevano alla loro dottrina), nonché l’endura, che prevedeva anche il suicidio di massa. Gli affiliati non dovevano prestare obbedienza alle autorità secolari e religiose, ma solo ai perfecti. Questi negavano i sacramenti, l’unico ammesso era il consolamentum, che non veniva impartito, come afferma una certa vulgata, prima della morte, ma per il battesimo spirituale e poteva essere fatto una sola volta. Ogni caduta era irreparabile e veniva talvolta impedita perfino con l’uccisione o col suicidio, la cosiddetta endura, ottenuto lasciandosi morire di fame o tagliandosi le vene. Solo i perfecti erano certi della salvezza, ed essendo al di sopra del peccato, era loro consentito anche l’abuso sessuale e la sodomia. Se per ipotesi la setta dei catari dovesse diffondersi oggi, non credo che i nostri governi userebbero la mano leggera. Se per un post su Facebook ritenuto omofobo si rischia l’oscuramento del nostro sito o una condanna, quali metodi utilizzerebbero con gente come i catari? Davvero vogliamo dare lezione di civiltà ai nostri antenati?
Prima che si istituisse l’Inquisizione, molti eretici finivano nelle mani delle folle inferocite che, spaventate per i loro eccessi e per la propria incolumità, si facevano giustizia da sole. Ma accadeva pure che innocenti venissero accusati falsamente di eresia per invidie locali, o venivano processati sommariamente dai principi e signori feudali interessati alla confisca dei loro beni. Per tutti questi motivi la Chiesa istituì l’Inquisizione, utilizzando ecclesiastici capaci di garantire un processo equo, che avesse come fine principale la salvezza delle anime. L’eretico pentito riceveva solo sanzioni spirituali, mentre l’impenite reo di crimini veniva consegnato alle autorità civili.
Jean Dumont (1923- 2001), storico francese di fama mondiale, per le sue ricerche sulla Inquisizione spagnola e francese, si distingue dal mondo accademico per aver svolto le sue ricerche direttamente negli Archivi dove si trovano i documenti originali. I suoi rigorosi studi da decenni sono adottati come libri di testo nelle università di storia. A proposito della crociata contro gli albigesi, dove, secondo la vulgata masso-protestantica fu distrutta la città di Bézier e uccisi tutti i suoi abitanti, chiarisce: «Ai capi militari della crociata, che chiedevano come distinguere tra abitanti albigesi e cattolici, il legato pontificio avrebbe risposto “Uccideteli tutti, Dio riconoscerà i suoi”.
È una frase famosa, che si radica nella memoria di tutti gli scolari francesi. Bene – continua Dumont – eruditi locali hanno recentemente mostrato che a Bézier non vi erano albigesi, che la crociata non è passata per Bézier e meno che mai sono transitati dalla città “legati pontifici”». Lo storico francese ricorda, tra l’altro, che le supposte corruzioni morali nei conventi sono state divulgate dagli illuministi per screditare la Chiesa.
Inquisizione spagnola
Chi ha sentito parlare dell’inquisitore Torquemada, molto probabilmente avrà un brivido alla schiena. Già il nome stesso sa di tortura… È abusare troppo dell’intelligenza altrui se diciamo che molto probabilmente i massoni e i marxisti hanno deciso d’infamare proprio lui, per il cognome che porta? Dato che i massoni ci considerano profani, e i marxisti massa, non c’è da stupirsi se nei loro testi di storia ci trattano come utili idioti. Difatti gli storici hanno prove abbondanti che confutano quest’altra leggenda nera su Tomás de Torquemada. In realtà, è stato uno dei maggiori mecenati della sua epoca, «ma desterà ancora maggiore stupore sapere che Tomás de Torquemada e stato un inquisitore generale relativamente mite e liberale, che si è battuto per ottenere ampie amnistie come quella del 1484, di cui ha beneficiato il nonno di santa Teresa d’Avila, un ebreo converso sorpreso a giudaizzare» che riabilitato diventò direttore delle finanze reali di Avila. «Ma ancora: a chi la Chiesa mette in mano l’Inquisizione? A conversos, a cattolici di origine ebraica come Tomás de Torquemada e come il suo successore Diego Deza. Garanzia di un trattamento senza pregiudizi anti-giudaici; e forse ragione occulta delle incredibili menzogne che tutta una letteratura di propaganda ha diffuso su questi personaggi».
È ormai un fatto indiscusso che «le formule “prigione perpetua” e “prigione irremissibile” non significano affatto l’ergastolo, ignoto in Spagna. La “prigione perpetua” durava in genere cinque anni e quella “irremissibile” otto. Le prigioni dell’Inquisizione erano fra le migliori dell’epoca – continua Dumont – e molti istituti moderni a favore dei detenuti risalgono all’Inquisizione spagnola: il trasferimento in casa o in convento dei detenuti anziani e ammalati, per esempio, così come la semi-libertà. Tutto questo in un’epoca in cui il carcere laico era – quello si – spesso spaventoso. Vale la pena, forse, di aggiungere una parola sulla tortura: era comune all’epoca nella procedura laica, mentre le istruzioni degli inquisitori generali raccomandano di farvi ricorso con la più grande parsimonia. Anche qui parlano i verbali e gli archivi: nell’epoca di maggiore voga della tortura, in Spagna, a Valenza, su duemila processi dell’Inquisizione, nell’arco che va dal 1480 al 1530, sono stati ritrovati dodici casi di tortura. La proporzione in altre epoche e altre città in genere non e la stessa: è minore». (Massimo Introvigne, intervista con lo storico J. Dumont – Cristianità, n. 131, marzo 1986).
Sentiamo lo storico italo-americano John Tedeschi, che nel 1997 ha pubblicato Il giudice e l’eretico. Studi sull’Inquisizione romana: «Non è un’esagerazione affermare che il Sant’Uffizio fu in certi casi un pioniere della riforma giudiziaria. L’avvocato difensore era parte integrante della sua procedura […], nei tribunali dell’Inquisizione l’imputato riceveva una copia autenticata dell’intero processo […] e disponeva di un ragionevole lasso di tempo per preparare la propria replica». Senza contare che numerosi manuali inquisitoriali abbondavano di consigli su possibili strategie difensive.
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Ricordate Il nome della rosa, dove Umberto Eco rappresenta il monaco inquisitore Bernardo Gui come un essere malvagio? Monnezza! Per farsene un’idea, leggiamo le direttive che Bernardo Gui impartiva ai suoi subordinati: «In mezzo alle difficoltà e ai contrasti l’inquisitore deve mantenere la calma né mai cedere alla collera o all’indignazione […]. Non si lasci commuovere dalle preghiere o dall’offerta di favori da parte di quelli che cercano di piegarlo; ma non per questo egli deve essere insensibile sino a rifiutare una dilazione oppure un alleggerimento di pena a seconda delle circostanze e dei luoghi. […] Che l’amore della verità e la pietà, le quali devono sempre albergare nel cuore di un giudice, brillino dinanzi al suo sguardo, sicché le sue decisioni non abbiano giammai ad apparire dettate dalla cupidigia e dalla crudeltà». Da notare che gli accusati non erano solo i cosiddetti eretici. Fino a quando fu nelle mani della Chiesa, l’Inquisizione si occupava anche dei processi a carico di assassini, violentatori, ladri e criminali di tutte le risme. Se colpevoli, le condanne venivano eseguite dal braccio secolare, ma la Chiesa faceva di tutto per salvarli e reintegrarli. Alla fine del Quattrocento, inizio Cinquecento, l’Inquisizione spagnola, francese e portoghese passò nelle mani del potere temporale, quindi la Chiesa – tranne il Sant’Uffizio romano – a partire dal XVI secolo non aveva più niente a che fare con i processi dei paesi cattolici europei. Il famoso processo a Giovanna d’Arco (1412-1431) non fu fatto dall’Inquisizione canonica ma da quella secolare. I prelati coinvolti nel processo erano politicizzati e prezzolati. Già nel 1456 papa Callisto III dichiara la nullità di tale processo.
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Scrivendo questo articolo arriva la notizia dagli Stati Uniti, dove il signor Albert Woodfox dopo oltre 43 anni d’isolamento è stato rilasciato. Secondo i giornali americani, Woodfox ha vissuto tutti questi anni in una piccola cella 23 ore su 24. Tra l’altro, sembra che la sua condanna sia un errore giudiziario. Secondo il Time magazine on line, su circa due milioni e trecento mila carcerati, 80.000 vivono in isolamento, e i suicidi sono “altamente sproporzionati”. Solo negli Stati Uniti dagli anni trenta ad oggi sono stati condannati alla pena capitale 17.255 persone. Secondo uno studio del 2004 condotto da Samuel Gross, docente della prestigiosa University of Michigan School Law, negli ultimi trent’anni sono stati condannati a morte 340 persone innocenti, di queste solo 144 persone sono uscite vive dalla prigione, 183 innocenti sono finiti sulla sedia elettrica o legati al lettino nella stanza del boia per l’iniezione letale. Questo si verifica in un paese democratico cinque secoli dopo l’Inquisizione. E se andiamo a vedere cosa accade attualmente nei paesi atei o musulmani, ci renderemmo conto che i nostri avi non meritano appellativi infamanti e tanto meno dovremmo vergognarcene.
Agostino Nobile
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