Autore Topic: E' arrivato il momento di combattere il femminismo (Erin Pizzey)  (Letto 13230 volte)

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Offline Salar de Uyuni

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Re: E' arrivato il momento di combattere il femminismo (Erin Pizzey)
« Risposta #45 il: Luglio 14, 2010, 20:40:47 pm »
Ti segnalo questo pezzo da ''Questa metà della terra'' centra bene il punto sull'oggettività'' della storia.

''Il Passato che verrà
Uno storico russo, del quale non ricordo il nome, intervistato all’epoca
dei mutamenti che seguirono la fine dell’Urss, a domanda rispose: “Sì, la
situazione attuale muta assai rapidamente, ma non è nulla a paragone della
velocità con la quale sta cambiando il passato”. Il passato è il racconto che
ha lo scopo di soddisfare i bisogni dei suoi creatori i quali non costruiranno
una storia che li danneggi e li indebolisca ma quella dalla quale possano
trarre innocenza e valore, che sia fonte di Senso. Diventa allora agevole
prefigurare quali saranno i caratteri della storia che il femminismo elaborerà,
quali i fatti che la storiografia femminista farà emergere dal passato e
quali invece non potrà trovare.
Non potrà trovare alcun dato storico che parli del male che gli uomini
hanno subìto dalle donne, né del bene che hanno prodotto né di quello che
non hanno potuto produrre. Troverà invece una sterminata quantità di dati
che parleranno del male che i maschi hanno prodotto e del bene che non
hanno voluto realizzare, e specularmente, del bene che le donne hanno procurato
e di quello che avrebbero creato se fosse stato loro concesso. Parlerà
della colpa degli uomini e dell’innocenza delle donne, del disvalore maschile
e del valore femminile, della dignità dell’una e della meschinità
dell’altro, dell’utilità delle prime e dell’inutilità dei secondi. Non può fare
altrimenti. Tutte le risultanze storiche della ricerca femminista sono così
prevedibili che non solo non abbiamo bisogno di leggere la storia che verrà
creata ma siamo in grado di scriverla noi stessi, quel che ci manca sono solo
i dettagli. La storia femminista sarà la storia dell’innocenza, dell’onore e
del Senso femminile e perciò della colpa, del disonore e dell’Insenso maschili.
Sarà questo oppure non sarà.
Scriviamo dunque un paragrafo di quel Passato che verrà costruito nel
prossimo futuro e che entrerà nei libri di testo dei nostri nipoti. Interessandosi
alla Cultura della Ceramica a Cordicella (Neolitico dell’Europa centrale
e del nord Italia, quarto millennio a. C.), la paleoetnografia femminista si
occuperà, tra l’altro, dell’usura subita dai manici delle anfore usate dalle
donne. Dal grado e dal tipo di usura si risalirà alla quantificazione del lavoro
femminile aggiuntivo dovuto alla inadeguata conformazione del manufatto.
Detta forma dovrà la sua inidoneità, rispetto alla dimensione media
della mano femminile, a motivi culturali, vuoi perché le anfore venissero
lavorate dagli uomini a loro misura, vuoi perché la cultura a dominio maschile
imponesse alle donne la fabbricazione dei manici in quella foggia del
tutto inadatta alla loro mano, come l’usura anomala comprova. In entrambi
i casi si risalirà al principio culturale della “presunzione della oggettività
universale del maschile” ed al superiore lavoro imposto alle donne dalla
sua applicazione, nonché, di seguito, a tutte le inevitabili conseguenze ed
implicazioni (materiali e psicologiche) di quel principio e dei suoi effetti.
105
Le risultanze di questo studio, corredato da osservazioni di medici, di esperti
in ergonomia e in paleoeconomia, figureranno dapprima sui trattati
universitari e successivamente sui libri di testo, faranno quindi saltuariamente
la loro apparizione su qualche rivista, nelle pagine scientifiche dei
quotidiani ed infine entreranno nel novero dei fatti inconfutabili (la verità
storica) citati quotidianamente sino ad essere ricordati al nipote di quel muto
ragazzo che abbiamo lasciato ai tavoli della “Grande Muraglia”.
Ho riflettuto sull’opportunità di togliere da queste pagine le righe precedenti
perché quella piccola profezia suona (inevitabilmente) sofistica e
capziosa, del tutto inverosimile, ho però deciso di conservarle il giorno in
cui mi è stato segnalato il seguente fatto. Durante una trasmissione televisiva
serale dedicata ai ritrovamenti di Çatal Hüyük (primo insediamento
del neolitico in Anatolia) una paleopatologa fondò la dimostrazione dello
stato di asservimento delle donne sin da quell’epoca sulla base dei seguenti
riscontri: un frammento di articolazione di un alluce femminile che presentava
una particolare deformazione e uno di rotula maschile che evidenziava
un’usura localizzata del tutto inconsueta; due diverse anomalie entrambe
esito di una ben individuabile cultura, di ben precisi rapporti tra i sessi. Dal
primo elemento dedusse che le donne erano schiave, costrette a passare la
vita piegate in due a frantumare granaglie, dal secondo che gli uomini se la
spassavano trascorrendo senz’altro il loro tempo appoggiati sulle ginocchia
a riposare.
Quella paleopatologa ignora che proprio la civiltà di Çatal Hüyük
rappresenterebbe invece insigne esempio di cultura matriarcale.''
Da quando dio e' morto in occidente,pare aver prestato la sua D maiuscola al nuovo oggetto di culto la ''Donna''

Offline Salar de Uyuni

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Re: E' arrivato il momento di combattere il femminismo (Erin Pizzey)
« Risposta #46 il: Luglio 14, 2010, 21:08:29 pm »
Citazione
Forse bisogna semplicemente uscire fuori da logiche di "mercato",che non sono e non erano gia' nel passato inevitabili.
Cos'hanno da offrire gli uomini alle donne(e viceversa)oggi?La soddisfazione di un bisogno innato di condivisione di parte della propria vita con un'altra persona,di sessualita',di sostegno reciproco

Senz'altro se fai questo discorso a me sfondi una porta aperta,per me le logiche di mercato non dovrebbero avere voce in capitolo nelle questioni di coppia.
Certo,ma questo E' CIO' CHE DOVREBBE ESSERE O CIO' CHE E'?
Se io leggo che il grosso dei matrimoni si sfascia quando lui perde il lavoro,(e non quando lei perde il lavoro),che penso?
Dove va a finire il ''sostegno reciproco''?
E poi secondo te le donne hanno lo stesso bisogno sessuale degli uomini?

Ma se è così,cosa stiamo a fare qui sul forum,dov'è la questione maschile,solo in qualche tribunale?
Solo nelle leggi?
Ma le leggi sono l'espressione di un nuovo sentire,BASATO SU UNA NUOVA NARRAZIONE.


Il punto è che anch'io all'inizio la pensavo così...HO INCOMINCIATO A DOMANDARMI SE NON CI FOSSE QUALCOSA DI SBAGLIATO IN TUTTO CIO' CHE MI VENIVA DETTO,PER POI DOMANDARMI SE C'ERA QUALCOSA DI GIUSTO...

Essere convinti che i propri avi abbiano oppresso le proprie ave,è già questione maschile,perchè come cresce un bambino convinto di ciò?
Come percepisce sè stesso?
Se poi quel bambino diventa giudice cosa fa?

Io ti dico a casa mia comandava mia nonna,e questo ben prima del femminismoed ha velleità autoritarie tutt'ora,questa è l'unica cosa certa che io posso dirti,L'UNICA TESTIMONIANZA DIRETTA DEL PASSATO CHE IO HO.



« Ultima modifica: Luglio 14, 2010, 21:12:56 pm da Salar de Uyuni »
Da quando dio e' morto in occidente,pare aver prestato la sua D maiuscola al nuovo oggetto di culto la ''Donna''

Offline Salar de Uyuni

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Re: E' arrivato il momento di combattere il femminismo (Erin Pizzey)
« Risposta #47 il: Luglio 14, 2010, 21:30:16 pm »
Poi non ha neanche senso dire ''la donna prima del femminismo'',come a suffragare che prima del femminismo,la storia delle donne fosse un unico coacervo indistinto di sopraffazioni.
In realtà ci furono più epoche storiche,e le condizioni delle donne mutarono con esse,in maniera talvolta sorprendente agli occhi di un moderno.
E' comunque interessante vedere,che non un utente di uomini 3000,ma la direttrice(donna dunque)degli archivi nazionali francesi e del museo di Parigi,insomma non pinco pallino dice queste cose sulla donna nel medioevo...
allora chi ha ragione lei,o le femministe?

La favola dello “ius primae noctis”

Circa trenta anni fa Regine Pernoud, oggi scomparsa, ha sostenuto le stesse tesi che oggi sostiene Sue Niebrzydowski nei libri Medioevo un secolare pregiudizio (edito in Italia da Bompiani nel 1983) e La donna al tempo delle cattedrali, (edito in Italia da Rizzoli nel 1982). Andiamo a rileggerli.

In primo luogo, la Pernoud si chiede come possa esserci ancora qualcuno che crede alla favola dello “ius primae noctis”, invenzione di qualche romanziere d'appendice. Quanto all'idea che le donne nel Medioevo fossero considerate creature senz'anima, la Pernoud taglia corto: “Strano che i primi martiri che sono stati onorati come santi, siano delle donne e non degli uomini: sant'Agnese, santa Cecilia, sant'Agata e tante altre. Triste davvero che santa Blandina o santa Genoveffa fossero prive di un'anima immortale! Sorprendente che una delle più antiche pitture delle catacombe (nel cimitero di Priscilla) raffigurasse precisamente la Vergine con Bambino, ben designata dalla stella a dal profeta Isaia” (Medioevo un secolare pregiudizio).

Donne al comando

Dopo avere fatto piazza pulita di queste fandonie, la Pernoud si sofferma sulle grandi regine francesi del Basso Medioevo: “Non è sorprendente che ai tempi feudali la regina fosse incoronata come il re, a Reims generalmente (a Sens nel caso di Margherita di Provenza), ma sempre dalle mani dell'arcivescovo di Reims? In altre parole, si attribuiva all'incoronazione della regina altrettanto valore che a quello del re. (…) Eleonora d'Aquitania e Bianca di Castiglia dominano realmente il loro secolo, esercitano un potere incontestato nel caso in cui il re sia assente, malato o morto, hanno la loro cancelleria personale, il loro campo di attività personale” (op. cit.). Non bisogna dimenticare che fu una regina, Isabella di Castiglia, a patrocinare l'impresa che segna simbolicamente l'inizio dell'epoca moderna: la scoperta dell'America da parte di Cristoforo Colombo.

Oltre a queste grandi regine, la Pernoud cita un numero impressionante di nobildonne e signore feudali vissute fra il quinto e il quindicesimo secolo dopo Cristo. Di esse qui ricordiamo soltanto la celebre Matilda di Canossa, che nel 1115 osò ribellarsi all'imperatore tedesco Federico Barbarossa, nemico giurato dei comuni italiani, donando i suoi feudi toscani ed emiliani al papa. Le donne avevano posizioni di potere anche all'interno della Chiesa: “Alcune badesse agivano come autentici signori feudali il cui potere era rispettato al pari di quello di tutti gli altri signori, alcune donne indossavano la croce al pari dei vescovi; sovente amministravano vasti territori che includevano villaggi, parrocchie…” (op. cit.). Le Goff ribatte: è vero, certe badesse erano potenti “ma non dobbiamo dimenticare che i conventi femminili erano sempre sottoposti a quelli maschili” (Repubblica, 12.9.2007). Ciò non è vero. Non solo non tutti i conventi femminili erano sottoposti a quelli maschili, ma successe anche il contrario: “ci si domandi che cosa ne direbbe il nostro XX secolo di conventi maschili posti sotto la direzione di una donna. (…) E tuttavia è proprio ciò che si verificò, con pieno successo e senza causare nella Chiesa il sia pure minimo scandalo, ad opera di Roberto di Abrissel, a Fontevrault, nei primi anni del XII secolo” (op. cit.). Egli pose, infatti, i monaci del suo ordine sotto la direzione della badessa dell'attiguo convento femminile.

Se alcune badesse avevano più potere degli abati, invece le donne sposate di qualunque categoria sociale erano indipendenti dai mariti anche relativamente al diritto di proprietà: “Negli atti stipulati è molto frequente il caso di una donna sposata che agisce per conto suo, per esempio avviando un negozio o un commercio, senza essere tenuta a produrre un'autorizzazione maritale” (op. cit.). Anche nelle campagne, fra i cosiddetti “servi della gleba”, c'erano donne che compravano o vendevano piccole proprietà: in un atto dell'XI secolo si parla di “due serve, di nome Auberede e Romelde, che alla fine dell'XI secolo (tra il 1089 e il 1095) acquistavano il proprio affrancamento in cambio di una casa che possedevano a Beauvais, sulla piazza del mercato” (op. cit.).

Donne che lavorano e donne che votano

Le prime femministe, apparse fra la fine del diciannovesimo e l'inizio del ventesimo secolo, si battevano per il riconoscimento di tre diritti fondamentali alle donne: il diritto all'istruzione superiore, il diritto di accedere a tutte le professioni e infine il diritto di voto. Ebbene le donne del Medioevo non avevano avuto bisogno di fare delle battaglie femministe per accedere al mondo del lavoro: “le iscrizioni della taglia (oggi diremmo le imposte di registro), ovunque ci siano state conservate, come nel caso della Parigi di fine XIII secolo, ci mostrano una folla di donne esercitanti i più vari mestieri: maestra di scuola, medico, farmacista, gessaiuola, tingitrice, copista, miniaturista, rilegatrice di libri e così via” (op. cit.). Notare: c'erano anche delle miniaturiste, ovvero delle artiste (un libro di miniature porta ad esempio questa iscrizione: “Omnis pictura et floratura istius libri depicta ac florata est per me Margaretam Scheiffartz” - “Ogni immagine e decorazione di questo libro è stata dipinta e disegnata da me, Margherita Scheiffartz”).

E adesso tenetevi forte: nel Medioevo non solo esistevano delle forme di democrazia diretta a livello locale, ma votavano sia gli uomini che le donne. Dall'insieme delle raccolte consuetudinarie, degli statuti delle città, ma anche dall'enorme massa degli atti notarili, dei documenti giudiziari, o ancora dalle inchieste ordinate da san Luigi “balza fuori un quadro che per noi presenta più d'un tratto sorprendente, dato che, per esempio, vediamo le donne votare alla pari degli uomini nelle assemblee cittadine o in quelle dei comuni rurali” (op. cit.). Non sorprende affatto che nel Medioevo esistessero alcune forme di democrazia diretta. Si attribuisce a Carlo Magno, imperatore cattolico, il motto: “Vox populi, vox Dei”. In una delle numerose lettere che inviava ai papi e ai re nel periodo drammatico della cattivita' avignonese, santa Caterina da Siena scrisse: “Il potere non è assoluto, è prestato da Dio. O dal popolo”. Questa donna del popolo era ascoltata dai più grandi potenti del suo tempo. Sarebbe possibile una cosa simile oggi? Un secolo dopo, durante la guerra dei cent'anni, una semplice ragazza di umili origini riusc? a convincere i regnanti di Francia a metterla a capo di un esercito di uomini. Si chiamava Giovanna d'Arco.

Donne che studiano

Jacques Le Goff afferma bellamente che “la prima letterata donna della storia” sarebbe apparsa solo nel quindicesimo secolo nella persona di Cristina di Pisano, “poetessa e filosofa, molto critica con la misoginia dei suoi tempi” (Repubblica, 12.9.2007). Anche questo è inesatto: le donne letterate pullulavano da molto prima del quindicesimo secolo. Tre soli esempi: Dhuoda (autrice fra il 841 e il 843 del primo trattato di educazione pubblicato in Francia), la badessa Rosvita (autrice di un manoscritto del X secolo contenente sei commedie, in prosa rimata, che influirono grandemente sullo sviluppo letterario dei paesi germanici) e la badessa Herrada di Landsberg (autrice del celebre Hortus Deliciarum, l'enciclopedia più nota del XII secolo).

I poeti del XII secolo hanno ripetutamente vantato le qualità intellettuali delle donne del loro ambiente; Baudri de Bourgueil, scrivendo l'epitaffio di una certa Costanza, dice che era sapiente come una sibilla e fa anche l'elogio di una certa Muriel, che ha fama di recitare versi con voce dolce e melodiosa” (La donna al tempo delle cattedrali).

I poeti medievali lodavano le qualità intellettuali e spirituali delle loro donne, oggi invece la televisione e il cinema celebrano il culto della donna oggetto. A parte questo, gia' nel 1883 lo studioso Karl Bartsch era giunto alla conclusione che “nel Medioevo le donne leggevano più degli uomini”. Forse non più degli uomini, ma certamente leggevano quanto loro. E quanto loro scrivevano: molti manoscritti portano la firma di copiste donne. In effetti “all'epoca feudale e nel Medioevo, le scuole monastiche istruiscono un po' dovunque ragazzini e ragazzine…” (op. cit.). Nei conventi femminili, da sempre luoghi di studio oltreché di preghiera, le donne avevano la possibilità di ricevere un'istruzione di livello universitario: ad esempio la religiosa Gertrude di Hefta “ci racconta, nel XIII secolo, come fosse felice di passare dal grado di ‘grammatica' a quello di ‘teologa', vale a dire che, dopo avere percorso il ciclo di studi preparatori, si apprestava a passare ad un ciclo superiore come si faceva all'università. (…) D'altra parte, constatiamo che le religiose di quel tempo… sono per lo più donne di grande cultura, donne che avrebbero potuto gareggiare per dottrina con i monaci più eruditi del tempo. La stessa Eloisa [la celebre donna amata da Abelardo - N.d.R.] sapeva, e insegnava alle sue monache, il greco e l'ebraico” (Medioevo un secolare pregiudizio).

Hildegarda: scienziata, musicista, filosofa

Fra i più grandi geni di tutto il Medioevo, accanto a santi dottori come Bernardo e Tommaso, troviamo Hildegarda di Bingen. Nata nel 1098 presso Magonza e morta nel 1179, questa sposa di Cristo non fu solo una grande intellettuale ma anche una grande musicista (i cd con le esecuzioni degli inni e delle sinfonie che ella scriveva per le sue monache ultimamente vanno a ruba nei negozi specializzati, come ha verificato chi scrive).

Come più tardi santa Caterina, Hildegarda trovava ascolto presso papi, re, imperatori: “O re”, scrisse a Federico Barbarossa riferendogli le parole che Dio le aveva rivelato in una visione, “se ti preme di vivere, ascoltami, o la mia spada ti trafiggerà”. Nelle sue tre opere principali ella descrive le visioni soprannaturali che aveva fin dall'età di tre anni: il Libro dei meriti della vita, il Libro delle opere divine (tradotto di recente per Mondadori Meridiani Classici dello Spirito) e infine lo Scivias (in italiano: “conosci”). Quest'ultima è un'opera monumentale in cui Hildegarda attraversa con uno sguardo unitario tutti gli ambiti del sapere del XII secolo, dalla teologia alla poesia fino alla musica e alla pittura (nelle miniature che accompagnano il testo ella illustra le sue visioni). “L'analisi della sua opera ha rivelato che aveva avuto prescienza della legge d'attrazione e dell'azione magnetica dei corpi, mentre le sue profezie indicanti astri immobili alla fine dei tempi sono sembrate ad alcuni scienziati l'annuncio della legge della degradazione dell'energia; nelle sue opere si è potuto discernere anche ciò che sarebbe stato oggetto di scoperte scientifiche cinquecento anni dopo la sua morte: il sole al centro del ‘firmamento’, la circolazione del sangue ecc.” (La donna al tempo delle cattedrali).
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Offline Salar de Uyuni

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Re: E' arrivato il momento di combattere il femminismo (Erin Pizzey)
« Risposta #48 il: Luglio 14, 2010, 21:51:09 pm »
Quanto scritto dalla Pernoud penso che sia più che sufficiente a meditare sulla ''verità'' scritta dalle femministe...
ma il punto chiave che voglio sottolineare è un altro...
la domanda è:perchè hanno scelto di scrivere questo?
Che cosa ci dice questa loro narrazione del passato SUL NOSTRO PRESENTE,E SOPRATTUTTO,SU DI LORO?
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Re: E' arrivato il momento di combattere il femminismo (Erin Pizzey)
« Risposta #49 il: Luglio 14, 2010, 21:56:52 pm »
Salar, giusto per curiosità, ma sto topic sta diventando per caso un tuo monologo?

Offline mik

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Re: E' arrivato il momento di combattere il femminismo (Erin Pizzey)
« Risposta #50 il: Luglio 14, 2010, 22:15:44 pm »
Ti segnalo questo pezzo da ''Questa metà della terra'' centra bene il punto sull'oggettività'' della storia.

''Il Passato che verrà
Uno storico russo, del quale non ricordo il nome, intervistato all’epoca
dei mutamenti che seguirono la fine dell’Urss, a domanda rispose: “Sì, la
situazione attuale muta assai rapidamente, ma non è nulla a paragone della
velocità con la quale sta cambiando il passato”. Il passato è il racconto che
ha lo scopo di soddisfare i bisogni dei suoi creatori i quali non costruiranno
una storia che li danneggi e li indebolisca ma quella dalla quale possano
trarre innocenza e valore, che sia fonte di Senso. Diventa allora agevole
prefigurare quali saranno i caratteri della storia che il femminismo elaborerà,
quali i fatti che la storiografia femminista farà emergere dal passato e
quali invece non potrà trovare.
Non potrà trovare alcun dato storico che parli del male che gli uomini
hanno subìto dalle donne, né del bene che hanno prodotto né di quello che
non hanno potuto produrre. Troverà invece una sterminata quantità di dati
che parleranno del male che i maschi hanno prodotto e del bene che non
hanno voluto realizzare, e specularmente, del bene che le donne hanno procurato
e di quello che avrebbero creato se fosse stato loro concesso. Parlerà
della colpa degli uomini e dell’innocenza delle donne, del disvalore maschile
e del valore femminile, della dignità dell’una e della meschinità
dell’altro, dell’utilità delle prime e dell’inutilità dei secondi. Non può fare
altrimenti. Tutte le risultanze storiche della ricerca femminista sono così
prevedibili che non solo non abbiamo bisogno di leggere la storia che verrà
creata ma siamo in grado di scriverla noi stessi, quel che ci manca sono solo
i dettagli. La storia femminista sarà la storia dell’innocenza, dell’onore e
del Senso femminile e perciò della colpa, del disonore e dell’Insenso maschili.
Sarà questo oppure non sarà.
Scriviamo dunque un paragrafo di quel Passato che verrà costruito nel
prossimo futuro e che entrerà nei libri di testo dei nostri nipoti. Interessandosi
alla Cultura della Ceramica a Cordicella (Neolitico dell’Europa centrale
e del nord Italia, quarto millennio a. C.), la paleoetnografia femminista si
occuperà, tra l’altro, dell’usura subita dai manici delle anfore usate dalle
donne. Dal grado e dal tipo di usura si risalirà alla quantificazione del lavoro
femminile aggiuntivo dovuto alla inadeguata conformazione del manufatto.
Detta forma dovrà la sua inidoneità, rispetto alla dimensione media
della mano femminile, a motivi culturali, vuoi perché le anfore venissero
lavorate dagli uomini a loro misura, vuoi perché la cultura a dominio maschile
imponesse alle donne la fabbricazione dei manici in quella foggia del
tutto inadatta alla loro mano, come l’usura anomala comprova. In entrambi
i casi si risalirà al principio culturale della “presunzione della oggettività
universale del maschile” ed al superiore lavoro imposto alle donne dalla
sua applicazione, nonché, di seguito, a tutte le inevitabili conseguenze ed
implicazioni (materiali e psicologiche) di quel principio e dei suoi effetti.
105
Le risultanze di questo studio, corredato da osservazioni di medici, di esperti
in ergonomia e in paleoeconomia, figureranno dapprima sui trattati
universitari e successivamente sui libri di testo, faranno quindi saltuariamente
la loro apparizione su qualche rivista, nelle pagine scientifiche dei
quotidiani ed infine entreranno nel novero dei fatti inconfutabili (la verità
storica) citati quotidianamente sino ad essere ricordati al nipote di quel muto
ragazzo che abbiamo lasciato ai tavoli della “Grande Muraglia”.
Ho riflettuto sull’opportunità di togliere da queste pagine le righe precedenti
perché quella piccola profezia suona (inevitabilmente) sofistica e
capziosa, del tutto inverosimile, ho però deciso di conservarle il giorno in
cui mi è stato segnalato il seguente fatto. Durante una trasmissione televisiva
serale dedicata ai ritrovamenti di Çatal Hüyük (primo insediamento
del neolitico in Anatolia) una paleopatologa fondò la dimostrazione dello
stato di asservimento delle donne sin da quell’epoca sulla base dei seguenti
riscontri: un frammento di articolazione di un alluce femminile che presentava
una particolare deformazione e uno di rotula maschile che evidenziava
un’usura localizzata del tutto inconsueta; due diverse anomalie entrambe
esito di una ben individuabile cultura, di ben precisi rapporti tra i sessi. Dal
primo elemento dedusse che le donne erano schiave, costrette a passare la
vita piegate in due a frantumare granaglie, dal secondo che gli uomini se la
spassavano trascorrendo senz’altro il loro tempo appoggiati sulle ginocchia
a riposare.
Quella paleopatologa ignora che proprio la civiltà di Çatal Hüyük
rappresenterebbe invece insigne esempio di cultura matriarcale.''
Splendido scritto.E non ho dubbi che un'ipotetica futura societa' a supremazia femminile farebbe proprio cio' che vi viene descritto:distorcere e mal interpretare le testimonianze del passato(non lo aveva gia' descritto Orwell nel suo sublime "1984"?
.Non solo,probabilmente buona parte dei documenti antichi andrebbero sicuramente "perduti" per evitare eventuali controinterpretazioni(hai visto la scena nel film Agora quando i Parabolani distruggono gli antichi manoscritti della biblioteca di Alessandria perche' opere di pagani?).
Pero',noi non viviamo ancora(se mai accadra') in una ginocrazia;un'opera di gigantesca mistificazione del passato non hanno potuto ancora farla.Le prove documentali del passato ci sono ancora,e in enormi quantita',e sono state interpretate all'interno di un'altra societa'.
Che poi ci siano gia' tentativi di interpretazioni "fantasiose" non e' una novita' per me:da anni storiche femministe ricercano prove dell'esistenza di antichi matriarcati,talvolta pervenendo a buffe contraddizioni.Alcuni anni fa una storica femminista(Eisler de "Il calice e la spada")sostenne di aver trovato le prove dell'esistenza di un antico matriarcato nell'area maditerranea(lei in realta' lo defini' gilania,intendendo una societa' paritaria,ma quando la descrive nei dettagli e' evidente che solo chi ragiona usando la "neolingua orwelliana" potrebbe mai definire egualitaria una civilta' di quel tipo):tale civilta' sarebbe stata travolta dai cattivissimi(e maschilisti) Kurgan(cioe' gli Indoeuropei).Ebbene,pochi anni dopo un'altra storica femminista annuncio' di aver rinvenuto le prove dell'effettiva esistenza nientemeno delle mitiche Amazzoni,e indovinate un po' tra chi le ha scovate? Ma naturalmente tra i Kurgan.
Come minimo,una delle due ha preso una" storica" cantonata.In realta' gli storici,donne incluse,hanno espresso subito forti perplessita' su entrambe le tesi,proprio perche' basate su documentazioni fragili e arbitrariamente interpretate.
Comunque,questa affannosa ricerca da parte di storiche femministe di prove sulle meravigliose(si fa per dire) societa' matriarcali ci rivela ,molto piu' di solenni e rituali dichiarazioni per la parita' tra i sessi,il tipo di civilta' alla quale aspirano.
ciao

Offline mik

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Re: E' arrivato il momento di combattere il femminismo (Erin Pizzey)
« Risposta #51 il: Luglio 14, 2010, 23:12:23 pm »
Senz'altro se fai questo discorso a me sfondi una porta aperta,per me le logiche di mercato non dovrebbero avere voce in capitolo nelle questioni di coppia.
Certo,ma questo E' CIO' CHE DOVREBBE ESSERE O CIO' CHE E'?
Se io leggo che il grosso dei matrimoni si sfascia quando lui perde il lavoro,(e non quando lei perde il lavoro),che penso?
Dove va a finire il ''sostegno reciproco''?
E poi secondo te le donne hanno lo stesso bisogno sessuale degli uomini?

Ma se è così,cosa stiamo a fare qui sul forum,dov'è la questione maschile,solo in qualche tribunale?
Solo nelle leggi?
Ma le leggi sono l'espressione di un nuovo sentire,BASATO SU UNA NUOVA NARRAZIONE.


Il punto è che anch'io all'inizio la pensavo così...HO INCOMINCIATO A DOMANDARMI SE NON CI FOSSE QUALCOSA DI SBAGLIATO IN TUTTO CIO' CHE MI VENIVA DETTO,PER POI DOMANDARMI SE C'ERA QUALCOSA DI GIUSTO...

Essere convinti che i propri avi abbiano oppresso le proprie ave,è già questione maschile,perchè come cresce un bambino convinto di ciò?
Come percepisce sè stesso?
Se poi quel bambino diventa giudice cosa fa?

Io ti dico a casa mia comandava mia nonna,e questo ben prima del femminismoed ha velleità autoritarie tutt'ora,questa è l'unica cosa certa che io posso dirti,L'UNICA TESTIMONIANZA DIRETTA DEL PASSATO CHE IO HO.




E' cio' che dovrebbe essere e che ancora non e'(e forse non sara' mai).Ho cercato di indicare cio' che dovrebbe accadere in una societa' egualitaria nei rapporti tra i sessi,non certo cio' che accade oggi.Inotre,secondo me,le logiche di mercato non dovrebbero avere spazio in tutta la societa':mantenerle,infatti,implica inevitabilmente,oltre a tutte le ingiustizie e forme di oppressioni vigenti e future,anche una diretta influenza nella sfera privata e relazionale:tutti subiamo il loro condizionamento,chi piu' chi meno,in tutti i settori della nostra vita.
Non sono certo di aver ben compreso cio' che intendi riguardo al desiderio sessuale:gli uomini hanno certamente desideri sessuali ma,francamente,non mi pare proprio che le donne aspirino a farsi monache.Li esprimono con modalita' non identiche,ma entrambi li provano.
Essere convinti che i propri avi abbiano oppresso le proprie ave (e stop) e' proprio il modo in cui l'ideologia femminista tenta di distorcere la storia:prendono un aspetto di essa(importante ma parziale) e lo usano come modalita' di interpretazione di tutto:cosi',la zarina Caterina di Russia diventa l'oppressa e un servo della gleba l'oppressore in quanto la prima era una donna e il secondo un uomo!Alcuni anni fa ,durante un raduno femminista a New York,un'attivista se ne venne fuori con l'acutissima affermazione che Jackie Kennedy Onassis(vedova del presidente Kennedy e dell'allora piu' ricco uomo del mondo,l'armatore greco Onassis)ed un'operaia americana fossero sulla stessa barca:peccato che per la prima si trattava dello yatch coi rubinetti d'oro massicio mentre la seconda al massimo si sarebbe potuta permettere un canotto di gomma.
Un bambino cresce sentendosi in colpa per cio' che e' stato fatto centinaia di anni prima della nascita solo se una cultura parziale e sessista fa in modo di inculcargli questo sentimento.Noi tutti ,uomini e donne,siamo responsabili solo di cio' che facciamo noi,non di cio' che e' stato fatto.Per giunta non e' che le donne non abbiamo condiviso i frutti dello sfruttamento del passato:le nobildonne medievali e le mogli della borghesia moderna sono vissute agiatamente grazie allo sfruttamento di servi della gleba e operai,si sono ben guardate dall'opporvisi o dal fare causa comune con gli sfruttati.
ciao

Offline Zoltan2

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Re: E' arrivato il momento di combattere il femminismo (Erin Pizzey)
« Risposta #52 il: Luglio 15, 2010, 02:35:59 am »
Salar, giusto per curiosità, ma sto topic sta diventando per caso un tuo monologo?

Anche se fosse così è tutto oro colato...  :sleep:
La donna media sogna 10, pretende 10 e ottiene solitamente 8.
L'uomo medio sogna 8, chiede 4, e, se gli va bene, ottiene 1.

Offline nonmorto

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Re: E' arrivato il momento di combattere il femminismo (Erin Pizzey)
« Risposta #53 il: Luglio 15, 2010, 16:38:41 pm »
Ritengo importante la presa di coscienza di cosa è il femminismo da parte di chi ne ha fatto parte per anni,come Erin Pizzey.

Erin Pizzey non è mai stata femminista. Ha visto nascere il femminismo e lo ha combattuto fin dalla nascita. È stata lei la prima a studiare la violenza domestica, prima di lei si riteneva che la giustizia si dovesse fermare davanti alle porte di casa e che non dovesse entrare dentro. Prima di lei neanche si immaginava che marito e moglie si dessero un sacco di botte.

Solo che lei non disse mai che sono gli uomini a picchiare le donne, si rese conto quasi subito che la violenza è reciproca.

Questa è la sua storia, aprì in Inghilterra un ritrovo per donne, non per donne picchiate, per donne per stare insieme, chiacchierare e fare altre attività da donne. Un giorno arrivò una donna malmenata e chiese rifugio, allora lo trasformò in un rifugio per donne ed iniziò a studiare la violenza domestica.

Dopo poco tempo arrivò una donna al rifugio e disse che era stata picchiata, chiese "perché tuo marito ti ha picchiato?" e le rispose "perché io l'ho accoltellato" e tutte le donne applaudirono ed esultarono. Si rese conto allora che la violenza forse era reciproca, cosa impensabile allora che una donna picchiasse un uomo. Anche il concetto di violenza domestica era impensabile, figuriamoci la violenza fisica femminile.

La Pizzey allora chiese a tutte le donne del rifugio se anche loro erano violente e scoprì che in genere erano anche più violente dei loro mariti e che la violenza femminile era molto più accettata. Scoprì che le persone violente cercano un partner violento e sono attratte dalla violenza. Le donne che stavano lì non facevano altro che passare da un uomo violento ad un altro e continuavano a provocarli ed a menarsi a vicenda. Nel suo libro ci sono molte storie di questo tipo.

In genere i figli di queste coppie violente diventavano adulti violenti anche loro, in cerca di un altro partner violento.

Così la Pizzey descrisse il fenomeno, quindi la violenza domestica, in origine, non fu un descritto come un fenomeno di oppressione femminile da parte degli uomini.

Le femministe lessero il suo libro e travisarono volutamente il fenomeno della violenza domestica, trasformandolo in oppressione delle donne, nonostante tutti gli sforzi della Pizzey di convincerle del contrario.

La Pizzey in particolare descrisse tutta la cattiva fede delle femministe, che le davano ragione in privato e facevano finta di comprendere il fenomeno e poi sputavano odio contro gli uomini in pubblico. Travisarono volutamente quello che lei scrisse. Ci sono anche dei dialoghi con le femministe sul suo blog che spiegano tutta la loro cattiva fede.

È utile una donna che ha visto nascere il femminismo dall'interno e che si è subito reso conto della pericolosità di tale movimento. È una donna che viene dal comunismo quindi già allora conosceva i pericoli della propaganda e delle ideologie. E non è stata imbevuta di femminismo fin dalla nascita, lo ha visto nascere come detto, quindi la sua opinione e la sua storia sono molto importanti.

Offline mik

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Re: E' arrivato il momento di combattere il femminismo (Erin Pizzey)
« Risposta #54 il: Luglio 15, 2010, 16:50:02 pm »
Erin Pizzey non è mai stata femminista. Ha visto nascere il femminismo e lo ha combattuto fin dalla nascita. È stata lei la prima a studiare la violenza domestica, prima di lei si riteneva che la giustizia si dovesse fermare davanti alle porte di casa e che non dovesse entrare dentro. Prima di lei neanche si immaginava che marito e moglie si dessero un sacco di botte.

Solo che lei non disse mai che sono gli uomini a picchiare le donne, si rese conto quasi subito che la violenza è reciproca.

Questa è la sua storia, aprì in Inghilterra un ritrovo per donne, non per donne picchiate, per donne per stare insieme, chiacchierare e fare altre attività da donne. Un giorno arrivò una donna malmenata e chiese rifugio, allora lo trasformò in un rifugio per donne ed iniziò a studiare la violenza domestica.

Dopo poco tempo arrivò una donna al rifugio e disse che era stata picchiata, chiese "perché tuo marito ti ha picchiato?" e le rispose "perché io l'ho accoltellato" e tutte le donne applaudirono ed esultarono. Si rese conto allora che la violenza forse era reciproca, cosa impensabile allora che una donna picchiasse un uomo. Anche il concetto di violenza domestica era impensabile, figuriamoci la violenza fisica femminile.

La Pizzey allora chiese a tutte le donne del rifugio se anche loro erano violente e scoprì che in genere erano anche più violente dei loro mariti e che la violenza femminile era molto più accettata. Scoprì che le persone violente cercano un partner violento e sono attratte dalla violenza. Le donne che stavano lì non facevano altro che passare da un uomo violento ad un altro e continuavano a provocarli ed a menarsi a vicenda. Nel suo libro ci sono molte storie di questo tipo.

In genere i figli di queste coppie violente diventavano adulti violenti anche loro, in cerca di un altro partner violento.

Così la Pizzey descrisse il fenomeno, quindi la violenza domestica, in origine, non fu un descritto come un fenomeno di oppressione femminile da parte degli uomini.

Le femministe lessero il suo libro e travisarono volutamente il fenomeno della violenza domestica, trasformandolo in oppressione delle donne, nonostante tutti gli sforzi della Pizzey di convincerle del contrario.

La Pizzey in particolare descrisse tutta la cattiva fede delle femministe, che le davano ragione in privato e facevano finta di comprendere il fenomeno e poi sputavano odio contro gli uomini in pubblico. Travisarono volutamente quello che lei scrisse. Ci sono anche dei dialoghi con le femministe sul suo blog che spiegano tutta la loro cattiva fede.

È utile una donna che ha visto nascere il femminismo dall'interno e che si è subito reso conto della pericolosità di tale movimento. È una donna che viene dal comunismo quindi già allora conosceva i pericoli della propaganda e delle ideologie. E non è stata imbevuta di femminismo fin dalla nascita, lo ha visto nascere come detto, quindi la sua opinione e la sua storia sono molto importanti.
Molto interessante,in effetti non la conoscevo ma vedro' di rimediare. Grazie
Ciao