Come sempre il gen. Laporta si legge come un romanzo:
Piero Laporta ci offre questa riflessione – arrischiata, lo afferma egli stesso – su politica estera e politica interna. Buona lettura.
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Quanto il lettore sta per leggere potrebbe sembrare un’analisi. Non lo è; i dati, sia pure certi, presi in esame sono troppo pochi per arrivare a una conclusione. È una conclusione clamorosa e la offro, buttandomi senza rete: c’è un legame fra Giuseppe Conte e Vladimir Putin. Non so quale sia, non so da che cosa e da quando origini, ma c’è.
Agli inizi del 2020, s’iniziò a vociare di pandemia. Si chiamò Wuhan Coronavirus, “2019-nCoV”. Il governo cinese costrinse in quarantena 59milioni di cinesi della provincia di Hubei e 30milioni di tre città: Wuhan, Huanggang ed Ezhou, della provincia di Zhejiang, a breve distanza da Shangai. Chiunque s’avventurò fuori dalle zone cinturate e dai condomini sigillati fu abbattuto.
La Cina mentì (e mente tuttora) sulla reale dimensione dell’infezione fra la fine del 2019 e gli inizi del 2020. Lancet, rivista scientifica, Bibbia in questo genere, accreditò un tasso di mortalità al virus, ben più del modesto due percento assicurato da Pechino. C’era quindi un pericolo rilevante per la salute pubblica mondiale.
In quei giorni avvennero due fatti singolari. Edward Luttwak rilasciò un’intervista a La Verità sostenendo che, essendo il Covid un virus debole, non aveva importanza militare. L’attendibilità di quel sinistro la conosco bene. Era l’excusatio non petita, un involontaria confessione. Interruppi immediatamente la mia collaborazione col quotidiano di Maurizio Belpietro, prestatosi a dar voce al Dipartimento di Stato, per una gabola senza scusanti.
Un virus debole, contrariamente a quanto si può presumere, ha peculiare importanza militare. A chi voglia invadere un territorio oppure impedire a una forza militare di manovrare non è necessario uccidere tutte le forze avversarie, non sarebbe telegenico. Un virus come il Covid è perfetto, mettendo fuori combattimento la maggior parte dei nemici senza fare stragi clamorose e soprattutto suscettibili di ritorsioni.
Qual era il disegno strategico? La strategia si nasconde sempre dietro un inganno. Se sveli l’inganno cade la strategia. L’inganno lo devi sostenere con la disinformazione.
Per capirci: l’inganno è il cavallo di Troia coi greci nella pancia; la disinformazione è il discorso di Sinone ai troiani. Rinfreschiamo i ricordi scolastici. I Greci finsero di partire, bruciarono gli accampamenti, salirono sulle navi e lasciarono sulla spiaggia un enorme cavallo di legno ed il soldato Sinone. Questi si fece catturare dai Troiani. Condotto dal re Priamo, raccontò che, su indicazione di Ulisse, era stato scelto per essere sacrificato agli dei marini e favorire il viaggio di ritorno dei Greci. Era però riuscito a smammare, quando già era sull’ara sacrificale e, per vendicarsi, svelò ai Troiani il segreto del cavallo di legno abbandonato sulla spiaggia: se l’avessero introdotto nella città, Troia sarebbe stata immunizzata dai Greci, diventata inespugnabile. Avete presente la storia “o ti vaccini o muori”, siamo lì. I Troiani abboccarono. Storditi dai festeggiamenti per la fuga dei Greci, Sinone ebbe buon gioco ad aprire lo sportello sul ventre del cavallo, per farne uscire un commando dei migliori soldati greci, che presero facilmente la città.
Troia era Mosca e Pechino. Ulisse non di certo Bidén, ma un trust di cervelli malefici, sparsi fra Stati Uniti e Gran Bretagna, capeggiati da ebrei e cristiani apostati e apocalittici. Il cavallo era il virus, i trombovirologi e Speranza e Draghi nella parte di Sinone. Se la disinformazione fosse stata efficace, l’inganno sarebbe riuscito e la strategia per conquista di Mosca e Pechino con “mezzi non convenzionali” un successo. Che disdetta, la disinformazione non fu efficace.
Xi JinPing non credette a Sinone e Putin nemmeno. Il primo cinturò i focolai infettivi e li spense. Con un miliardo e 300mila anime, ne uccidi 6 o 60milioni senza pensarci.
L’Italia, la provincia di Bergamo, fu la spiaggia dove lasciare il cavallo di Troia. Decine di migliaia di infettati e morti, nella regione con maggiore interscambio con Russia e Cina.
Putin non poteva uccidere gli infettati. Non ha sufficiente popolazione per farlo. Non poteva neppure permettersi la pandemia, se voleva avere truppe a sufficienza per invadere l’Ucraina. Nessuno penserà infatti che l’invasione dell’Ucraina sia nata così, come un fungo alcune settimane fa.
La Russia necessitava d’un vaccino efficace e rapido. A chi chiedere le informazioni necessarie? Agli Stati Uniti? Suvvia. Dopo l’excusatio non petita di quel cacciaballe di Luttwak, accadde il secondo fatto singolare: Vladimir Putin telefonò a Giuseppe Conte, chiedendo il permesso di inviare in Italia un battaglione specializzato in guerra biologica “per soccorrere la popolazione” della bergamasca.
Giuseppe Conte non si consultò con gli alleati e, seduta stante, dette per telefono il consenso all’ingresso dei russi in Italia. Quelli arrivano, soccorrono, raccolgono plasma dei malati e sfornano un vaccino che immunizza russi, cubani e tre quarti di Orbe terraqueo.
Apriti cielo! Le iene, già pronte a sbranare la preda coi “sistemi non convenzionali”, sono irritatissime. Come possono rispondere i nostri Alleati se Putin ha scoperto il loro gioco? Hanno bisogno di un’altra grancassa disinformativa.
Il 2 Aprile 2022, La Stampa di Torino intervista Hamish De Bretton-Gordon, un colonnello piccolo a piacere fra gli innumerevoli della NATO, molti anni prima comandante del Joint Chemical, Biological, Radiological and Nuclear Regiment, del NATO’ s Rapid Reaction. L’intervista lo accredita come super Rambo, in realtà è una mezza figura. Questi assicura che il reparto di esperti di guerra biologica, inviato in aiuto all’Italia, da Vladimir Putin, sta in realtà facendo intelligence. Sai che notizia.
L’ambasciatore russo scrisse a La Stampa, deridendoli e menando ceffoni andata e ritorno. Nessuno dei giornaloni italiani si chiese se non fosse il caso di sostenere i russi che indagavano il virus, chi lo ha aveva messo in circolazione e, soprattutto, come sconfiggerlo. La Stampa omise l’unica domanda sensata che avrebbe dovuto porre al rambo di cartone: «Comandante, può spiegarci perché la NATO – di cui l’Italia è membro fondatore – non ha mosso un dito per aiutare l’Italia? Perché non ha inviato il reparto da lei già comandato, almeno per indagare sul virus, come stanno facendo i russi? Perché la Russia ha aiutato l’Italia mentre i suoi alleati cercano di affondarla?».
Meno di un anno dopo, Giuseppe Conte, al quale Putin deve l’immunizzazione del suo esercito, fu impallinato dal Salvini Matteo. Conte lasciò palazzo Chigi.
Oggi non vuole la rottura con la Russia e soprattutto s’oppone all’invio di armi all’Ucraina.
Voi credete alle coincidenze? Io no. Cristo Vince.
Gen. D.g.(ris.) Piero Laporta
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