Come ampiamente previsto, l’assurdo obbligo di vaccinazione che investe fino a fine anno chi lavora in ospedale indebolisce il sistema sanitario. E sempre più dirigenti implorano di risolvere il problema. Walter Ricciardi, consulente di Roberto Speranza, boccia la sanità targata Roberto Speranza.
Un anno fa, migliaia di sanitari scesero in piazza a Vicenza «per il diritto al lavoro, per la libertà di cura, per la libertà di scelta», per protestare contro le sospensioni degli operatori della Sanità. «Sospendeteci pure tutti. Poi però qualcuno dovrà rimanere in ospedale al lavoro» dichiarò Dario Giacomini allora direttore della radiologia di Arzignano e fondatore dell’associazione «ContiamoCi!», in quella grande manifestazione che si opponeva all’obbligo vaccinale per medici e infermieri.
A Campo Marzio portarono la propria testimonianza i tanti medici e infermieri sospesi, sebbene guariti dal Covid e quindi con un alto livello di anticorpi, mentre continuavano a lavorare colleghi vaccinati ma con minore protezione immunitaria. «Basta il corretto utilizzo della mascherine», per chi è in ospedale a contatto dei pazienti, disse Giacomini alla Verità, non è possibile pensare che «il vaccino possa tutelare dalle varianti».
Sono passati dodici mesi, i contagi elevatissimi tra coloro che hanno fatto tre dosi hanno dato ragione a questo medico, ma è soprattutto la direzione sanitaria a riconoscere che non si possono lasciare a casa professionisti della sanità, preziosi quando indispensabili, solo perché non hanno steso il braccio.
Ai microfoni di TvaVicenza, Maria Giuseppina Bonavina, direttore generale dell’Ulss 8 Berica ha chiesto: «Ci ridiano il nostro personale, anche se non è vaccinato è personale di eccellenza, formato. Quindi aspettiamo che vengano tutti riammessi in servizio». Ha aggiunto: «Sembra anacronistico in questo momento tenere fuori medici e infermieri dalle attività assistenziali, anche in considerazione che ormai l’infezione prende pure i vaccinati con tre dosi».
Il San Bortolo, principale polo ospedaliero della città di Vicenza e della provincia, sta facendo i salti mortali per recuperare le liste d’attesa. Ha garantito 21.417 prestazioni urgenti, ma tra arretrati e nuove richieste deve ancora far fronte a 18.000 controlli, endoscopie, accertamenti cardiologici. I 62 medici e infermieri che rimangono sospesi in quanto non in regola con l’obbligo vaccinale rappresentano uno spreco di risorse, finalmente anche i vertici aziendali lo riconoscono.
«A giugno dello scorso anno parlavo proprio con il direttore generale, cercando di fargli comprendere che la vaccinazione obbligatoria per medici e infermieri avrebbe avuto ricadute soprattutto sulla qualità dell’assistenza sanitaria. In una situazione già così precaria, non sarebbe stata garantita in maniera sufficiente alla popolazione», ricorda l’ex direttore della radiologia di Arzignano, oggi demansionato e in aspettativa per non essere nuovamente sospeso. «La Bonavina replicò che c’era una legge e che andava rispettata». L’Ulss 8 fu tra le prime a sospendere il personale non vaccinato, già nel luglio dello scorso anno.
Giacomini fu tra i sospesi e il suo posto vacante, in piena estate, provocò grossi problemi all’utenza. «Cacciare i sanitari non vaccinati è stato devastante, nel quadro pesantemente compromesso del Ssn», osserva il fondatore di ContiamoCi! «Negli ultimi dieci anni sono stati tagliati 25.000 posti letto, sono venuti a mancare circa 42.000 dipendenti, tra il 2019 e il 2020 c’è stata una riduzione di un terzo delle visite specialistiche che si sono accumulate nel tempo e manca il personale per rimettersi in pari, recuperando visite e interventi non erogati. Se poi si sospendono sanitari definiti eccellenti professionisti dalla stessa Bonavina, la situazione diventa catastrofica».
Il radiologo sottolinea che «parliamo di medici e infermieri che nella fase pre vaccinale non avevano infettato nessuno, eppure è stato loro impedito di lavorare senza alcuna giustificazione scientifica. Si è sostenuto che la vaccinazione era per la prevenzione dell’infezione, mentre non è assolutamente vero. Cittadini con tre dosi, sanitari compresi, continuano a contagiarsi».
L’appello del direttore generale dell’Ulss 8 Berica è chiaramente rivolto al ministero della Salute e ai governatori di Regione, perché facciano pressione su Roberto Speranza chiedendo che venga cancellata la sospensione per i sanitari non in regola con le vaccinazioni. Un mese fa, il direttore del distretto sanitario di Padova Sus, Gianmaria Gioga, aveva scritto a quotidianosanità.it definendo la proroga al 31 dicembre prossimo dell’obbligo vaccinale per medici e infermieri una «decisione immotivata, rischiosa e controproducente».
Faceva riferimento a «rischi evidenti», in primo luogo «per i cittadini, in quanto si diminuisce ulteriormente il già scarso numero di operatori sanitari», poi per gli stessi medici e infermieri che non possono essere privati del reddito e rimetterci in salute per colpa del Ssn, quando «moltissime sono le posizioni di lavoro senza rischi di diffusione del virus», che si possono assegnare.
Evidenziava i rischi pure per le aziende sanitarie, che vedono accolti sempre più ricorsi dei lavoratori sospesi. Intanto, devono affidarsi a cooperative esterne per trovare medici che mancano nei Pronto soccorso (ben 18 in Veneto si avvalgono di questi contributi esterni), o reclutare specializzandi al primo anno, con grossi problemi nella qualità dei servizi e per la sicurezza degli utenti
«L’obbligo vaccinale deve essere tolto per tutti gli operatori sanitari», torma a richiedere Giacomini «e devono essere risarciti economicamente i lavoratori sospesi, che hanno subìto una legge ingiusta».
Fonte: La Verità