Autore Topic: In memoriam unae reginae  (Letto 499 volte)

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Offline Vicus

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In memoriam unae reginae
« il: Settembre 09, 2022, 07:35:48 am »
in occasione del passaggio miglior vita (ci auguriamo per lei) della Regina Elisabetta, e a fronte del coro compatto di elogi sperticati sparsi a piene mani da televisioni e giornaloni contigui al regime, ci sembra interessante riproporvi quello che scriveva tempo fa Agostino Nobile. Buona lettura.

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È  giusto festeggiare i sovrani britannici?

In questi giorni tutti i media, soprattutto occidentali, hanno dato grande risalto alle celebrazioni pubbliche del Giubileo di Platino, i 70 anni di regno della sovrana Elisabetta II, regina del Regno Unito e di altri 14 regni del Commonwealth.

Nel 1920 l’Impero britannico dominava circa 458 milioni di persone, il 25% della popolazione mondiale e copriva il 20% del territorio del pianeta. Si estendeva dai Caraibi (Honduras britannico e Guyana inglese) all’Australia e alle isole remote del Pacifico, attraverso un terzo dell’Africa (in particolare Sudafrica, Nigeria, Egitto, Kenya e Uganda) e in India, Birmania e Cina. Si diceva allora che “il sole non tramonta mai sull’Impero britannico” perché, data la sua estensione nel mondo, il sole splendeva sempre in almeno uno dei suoi territori. L’impero è iniziato nel 1583 con la colonizzazione del Nord America ed è terminato nel 1997 con la devoluzione di Hong Kong alla Cina.

La massoneria moderna, costituita a Londra nel 1717, nelle scuole occidentali di tutti gli ordini ha diffuso una storia dove i britannici vengono rappresentati come coraggiosi esportatori di democrazia nel mondo. Se per alcuni versi questo è vero, è altrettanto vero che, perlomeno dal XVII secolo ad oggi, si sono macchiati di infiniti abomini e del più grande sterminio della storia perpetrato dai popoli occidentali.

Vediamo una brevissima sintesi di alcuni fatti.

Il genocidio in Irlanda iniziò con la regina Elisabetta I, figlia di Enrico VIII, seguita dal Generale e statista Oliver Cromwell. Quest’ultimo portò alla morte circa il 20% della popolazione irlandese.

Dal 1641 al 1652, oltre 500.000 irlandesi furono uccisi dagli inglesi e 300.000 venduti come schiavi. A partire dal 1650 più di 100.000 bambini irlandesi tra i dieci e i quattordici anni furono strappati alle loro famiglie e venduti nelle Indie Occidentali, in Virginia e nel New England. Nello stesso periodo 52.000, soprattutto donne e bambini, furono venduti nelle Barbados e  in Virginia.   

Durante la grande carestia, tra il 1845 e il 1849, su una popolazione di otto milioni persero la vita perlomeno un milione di irlandesi, mentre circa due milioni emigrarono. Questa carestia fu tanto grave perché i britannici non solo non fecero niente per aiutare gli irlandesi, ma respinsero addirittura aiuti esterni, perlomeno inizialmente. Il diabolico piano fu realizzato per riformare l’Irlanda e attuare la teoria malthusiana sulla sovrappopolazione. Come sappiamo, per Thomas Malthus le carestie sono la giusta punizione per le popolazioni povere che hanno troppi figli. E dato che i suoi proseliti, grazie a personaggi come Klaus Schwab, Bill Gates & C, oggi sono infiltrati in tutti governi del globo, dovremmo aprire bene gli occhi.

Africa

Si stima che fino al 1807, quando la tratta fu vietata, le navi negriere britanniche che partivano dall’Africa, avessero trasportato circa 4 milioni di schiavi comprati dai musulmani che gestivano quelle terre.

Oltre 100.000 boeri furono arrestati e messi in campi di concentramento sovraffollati dove morirono circa 27.000 di loro, tra cui 24.000 bambini (sotto i 16 anni), 2.200 donne e 800 uomini. I campi di concentramento furono l’arma principale per vincere la resistenza boera e furono responsabili dello sterminio di circa il 50% della popolazione infantile. I boeri, coloni di origine olandese e francese, occupavano il sud dell’Africa dal 1830. La scoperta di miniere di diamanti, oro e ferro nel territorio attirò l’attenzione degli inglesi per estendere i loro domini in tutta l’Africa meridionale. La guerra si svolse in due fasi: dal 1880 al 1881 e dal 1899 al 1902. I campi di concentramento furono costruiti alla fine della guerra.

Migliaia di kenioti hanno subito ogni forma di tortura durante la Rivolta dei Mau Mau (1952-1963): linciaggio, percosse, castrazione, stupro e confisca dei beni da parte delle forze coloniali britanniche. I Mau Mau combattevano per liberare il Paese dai colonialisti britannici che lo dominavano dal 1888. Non si sa quanti kenioti siano morti, le stime parlano di 20.000 -100.000 persone e di altrettanti sopravvissuti alle torture.

India

Nell’aprile del 1919, una folla di donne e bambini manifestò pacificamente contro il dominio britannico ad Amritsar, città santa dell’India settentrionale. Il governo britannico aveva vietato gli assembramenti e le proteste pubbliche. Il generale Reginald Dyer, per rispettare l’ordine, piazzò i soldati all’unica uscita della piazza principale ordinando loro di sparare sulla folla disarmata. Fu un massacro: 379 morti e 1.200 feriti in dieci minuti di fuoco, che si fermò solo quando finirono i proiettili dei fucili.

Nell’India britannica, ovvero un territorio corrispondente agli attuali Pakistan, India e Bangladesh il governo inglese approfittò di  svariate carestie per i propri interessi: solo contando le maggiori ce ne furono una dozzina. Le morti in totale furono circa 50 milioni. Durante queste carestie l’impero britannico, invece di promuovere politiche per salvare le vittime, continuava ad esportare cibo da quelle terre per rifornire i propri mercati ed evitare danni alle esportazioni. Per chiarezza, aggiungiamo che nelle altre carestie di questi paesi i numeri di morti sono stati molto inferiori a quelli avuti durante il dominio britannico.

Sui massacri britannici, Andrea Major, professore di storia coloniale britannica all’Università di Leeds, scrive: «C’è un’amnesia collettiva sui livelli di violenza, sfruttamento e razzismo coinvolti in molti aspetti dell’imperialismo, per non parlare delle varie atrocità e catastrofi che sono state perpetrate, causate o aggravate dalla politica coloniale britannica. Abbiamo bisogno di una migliore educazione e di un dibattito pubblico aperto su tutti gli aspetti della storia coloniale britannica, comprese le ferite, non come esercizio di autoflagellazione, ma come mezzo per comprendere meglio il mondo che ci circonda e come siamo visti dagli altri».

Christopher Prior, professore di Storia del XX secolo, Università di Southampton: «Negli ultimi anni si è parlato molto del ruolo della Gran Bretagna nell’abolizione della schiavitù, ma poco del suo coinvolgimento nella tratta degli schiavi! Dobbiamo essere più onesti riguardo alla nostra eredità imperiale, non solo all’interno della classe, ma anche al di fuori di essa».

Considerando che dalla Seconda guerra mondiale ad oggi i britannici insieme ai cugini statunitensi hanno fatto morti dappertutto, dovremmo almeno chiederci se valga davvero la pena festeggiare in pompa magna la Regina Elisabetta. Anche perché oggi è proprio l’Europa a essere presa di mira. Almeno dal 2014  britannici e statunitensi hanno programmato tutti i tipi di provocazioni per costringere la Russia a invadere l’Ucraina. Ma nonostante le decine di documenti che provano  chiaramente le mosse anglo-americane decise a mettere in ginocchio l’Europa e la Russia, sembra che nessun politico europeo ne sia a conoscenza. Le conseguenze le sentiamo già nelle nostre tasche e tra poco, molto probabilmente, negli approvvigionamenti.

È incredibile come, per far piacere alla regina Elisabetta e alla massoneria, tutti i partiti collaborino per distruggere l’Europa e gli europei. Paradossalmente, le quinte colonne le abbiamo tra chi dovrebbe difenderci: governi, scuole, media, magistrati, giudici, Difesa e Forze dell’ordine.

Agostino Nobile

https://www.marcotosatti.com/2022/09/09/agostino-nobile-in-memoriam-e-giusto-festeggiare-i-sovrani-britannici/
Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto.