Autore Topic: Le stragi nel nome dell’Amore. (c/stampa)  (Letto 12788 volte)

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Offline Red-

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Re: Le stragi nel nome dell’Amore. (c/stampa)
« Risposta #15 il: Luglio 13, 2010, 23:15:38 pm »
Citazione
Si, c'e' una esasperazione dell'amore, dei sentimenti, e questi sono i risultati
Esatto, proprio così.
Come scrive Eric Zemmour, non è affatto vero che i rapporti tra i sessi si siano "liberalizzati", piuttosto si sono "femminilizzati". Inoltre l'ambiente (la società) paradossalmente rende molto difficile per un uomo instaurare nuove relazioni.
Per cui l'uomo troppo spesso si abbandona mente e corpo (totalmente) ad una relazione emulando la femmina, e quando la relazione finisce però, diversamente dalla femmina, "sente" di non avere altre possibilità. Per cui (a volte, in casi estremi) uccide e si uccide.
Per quanto la si rigiri, a mio avviso la questione è questa.
Se l'uomo si abbandonasse di meno (ma sarebbe troppo da macho, per carità!!) e se fosse per lui più facile e meno umiliante intrecciare nuove relazioni, probabilmente le tragedie di quel tipo sarebbero molte di meno.
Ma tantè, questa è la società che ci ritroviamo e in cui ci tocca vivere. Grazie tante a chi l'ha creata, coi suoi bei principi del càppero. Almeno ci finissero anche loro, assassini e suicidi. Io, come direbbe una mia amica, gliela "jetto" con gran piacere.
« Ultima modifica: Luglio 13, 2010, 23:27:45 pm da Red- »
"La realtà risulta spesso più stupefacente della fantasia. A patto di volerla vedere."

Offline Zoltan2

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Re: Le stragi nel nome dell’Amore. (c/stampa)
« Risposta #16 il: Luglio 14, 2010, 01:44:48 am »
Esatto, proprio così.
Come scrive Eric Zemmour, non è affatto vero che i rapporti tra i sessi si siano "liberalizzati", piuttosto si sono "femminilizzati". Inoltre l'ambiente (la società) paradossalmente rende molto difficile per un uomo instaurare nuove relazioni.
Per cui l'uomo troppo spesso si abbandona mente e corpo (totalmente) ad una relazione emulando la femmina, e quando la relazione finisce però, diversamente dalla femmina, "sente" di non avere altre possibilità. Per cui (a volte, in casi estremi) uccide e si uccide.
Per quanto la si rigiri, a mio avviso la questione è questa.
Se l'uomo si abbandonasse di meno (ma sarebbe troppo da macho, per carità!!) e se fosse per lui più facile e meno umiliante intrecciare nuove relazioni, probabilmente le tragedie di quel tipo sarebbero molte di meno.
Ma tantè, questa è la società che ci ritroviamo e in cui ci tocca vivere. Grazie tante a chi l'ha creata, coi suoi bei principi del càppero. Almeno ci finissero anche loro, assassini e suicidi. Io, come direbbe una mia amica, gliela "jetto" con gran piacere.

Concordo pienamente, un tempo le relazioni uomo-donna erano più solide proprio grazie a una maggiore virilità nell'atteggiamento e nella mentalità degli uomini. Ora gli uomini sono troppo sottomessi, resi insicuri, con poche possibilità. Ora sono troppo fragili...
La donna media sogna 10, pretende 10 e ottiene solitamente 8.
L'uomo medio sogna 8, chiede 4, e, se gli va bene, ottiene 1.

Offline madjakk

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Re: Le stragi nel nome dell’Amore. (c/stampa)
« Risposta #17 il: Luglio 14, 2010, 23:55:26 pm »
Buona lettura:
LE IDEE
Perché gli uomini uccidono le donne
Molti di questi definiti delitti passionali sono il sintomo del declino dell'impero patriarcale. La violenza non è solo di pazzi, mostri, malati. E poco importa il contesto sociale: non si accetta l'autonomia femminile di MICHELA MARZANO

Si continua a chiamarli delitti passionali. Perché il movente sarebbe l'amore. Quello che non tollera incertezze e faglie. Quello che è esclusivo ed unico. Quello che spinge l'assassino ad uccidere la moglie o la compagna proprio perché la ama. Come dice Don José nell'opera di Bizet prima di uccidere l'amante: "Sono io che ho ucciso la mia amata Carmen". Ma cosa resta dell'amore quando la vittima non è altro che un oggetto di possesso e di gelosia? Che ruolo occupa la donna all'interno di una relazione malata e ossessiva che la priva di ogni autonomia e libertà?

Per secoli, il "dispotismo domestico", come lo chiamava nel XIX secolo il filosofo inglese John Stuart Mill, è stato giustificato nel nome della superiorità maschile. Dotate di una natura irrazionale, "uterina", e utili solo - o principalmente - alla procreazione e alla gestione della vita domestica, le donne dovevano accettare quello che gli uomini decidevano per loro (e per il loro bene) e sottomettersi al volere del pater familias. Sprovviste di autonomia morale, erano costrette ad incarnare tutta una serie di "virtù femminili" come l'obbedienza, il silenzio, la fedeltà. Caste e pure, dovevano preservarsi per il legittimo sposo. Fino alla rinuncia definitiva. Al disinteresse, in sostanza, per il proprio destino. A meno di non accettare la messa al bando dalla società. Essere considerate delle donne di malaffare. E, in casi estremi, subire la morte come punizione.

Le battaglie femministe del secolo scorso avrebbero dovuto far uscire le donne da questa terribile impasse e sbriciolare definitivamente la divisione tra "donne per bene" e "donne di malaffare". In nome della parità uomo/donna, le donne hanno lottato duramente per rivendicare la possibilità di essere al tempo stesso mogli, madri e amanti. Come diceva uno slogan del 1968: "Non più puttane, non più madonne, ma solo donne!". Ma i rapporti tra gli uomini e le donne sono veramente cambiati? Perché i delitti passionali continuano ad essere considerati dei "delitti a parte"? Come è possibile che le violenze contro le donne aumentino e siano ormai trasversali a tutti gli ambiti sociali?

Quanto più la donna cerca di affermarsi come uguale in dignità, valore e diritti all'uomo, tanto più l'uomo reagisce in modo violento. La paura di perdere anche solo alcune briciole di potere lo rende volgare, aggressivo, violento. Grazie ad alcune inchieste sociologiche, oggi sappiamo che la violenza contro le donne non è più solo l'unico modo in cui può esprimersi un pazzo, un mostro, un malato; un uomo che proviene necessariamente da un milieu sociale povero e incolto. L'uomo violento può essere di buona famiglia e avere un buon livello di istruzione. Poco importa il lavoro che fa o la posizione sociale che occupa. Si tratta di uomini che non accettano l'autonomia femminile e che, spesso per debolezza, vogliono controllare la donna e sottometterla al proprio volere. Talvolta sono insicuri e hanno poca fiducia in se stessi, ma, invece di cercare di capire cosa esattamente non vada bene nella propria vita, accusano le donne e le considerano responsabili dei propri fallimenti. Progressivamente, trasformano la vita della donna in un incubo. E, quando la donna cerca di rifarsi la vita con un altro, la cercano, la minacciano, la picchiano, talvolta l'uccidono.

Paradossalmente, molti di questi delitti passionali non sono altro che il sintomo del "declino dell'impero patriarcale". Come se la violenza fosse l'unico modo per sventare la minaccia della perdita. Per continuare a mantenere un controllo sulla donna. Per ridurla a mero oggetto di possesso. Ma quando la persona che si ama non è altro che un oggetto, non solo il mondo relazionale diventa un inferno, ma anche l'amore si dissolve e sparisce. Certo, quando si ama, si dipende in parte dall'altra persona. Ma la dipendenza non esclude mai l'autonomia. Al contrario, talvolta è proprio quando si è consapevoli del valore che ha per se stessi un'altra persona che si può capire meglio chi si è e ciò che si vuole. Come scrive Hannah Arendt in una lettera al marito, l'amore permette di rendersi conto che, da soli, si è profondamente incompleti e che è solo quando si è accanto ad un'altra persona che si ha la forza di esplorare zone sconosciute del proprio essere. Ma, per amare, bisogna anche essere pronti a rinunciare a qualcosa. L'altro non è a nostra completa disposizione. L'altro fa resistenza di fronte al nostro tentativo di trattarlo come una semplice "cosa". È tutto questo che dimenticano, non sanno, o non vogliono sapere gli uomini che uccidono per amore. E che pensano di salvaguardare la propria virilità negando all'altro la possibilità di esistere.


http://www.repubblica.it/cronaca/2010/07/14/news/marzano_donne_uccise-5572987/

(ci sono anche i commenti, meno di regime di quanto mi potessi aspettare)

Offline Stealth

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Re: Le stragi nel nome dell’Amore. (c/stampa)
« Risposta #18 il: Luglio 15, 2010, 00:05:14 am »
Per cui l'uomo troppo spesso si abbandona mente e corpo (totalmente) ad una relazione emulando la femmina

Ma perché le femmine si dedicano anima e corpo agli uomini? Su quale galassia, scusa? :doh:

Online Jason

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Re: Le stragi nel nome dell’Amore. (c/stampa)
« Risposta #19 il: Luglio 15, 2010, 09:27:39 am »
Citazione
ci sono anche i commenti, meno di regime di quanto mi potessi aspettare

E in futuro i ragionamenti validi che ho letto aumenteranno sempre di più. Perchè gli uomini sono sì sciocchi, ma fino a un certo punto.

Ormai ci si sta rendendo conto che lo Stato deve togliere il disturbo dalle famiglie italiane.

Non è poco il fatto che s stanno svegliando. Quando saremo tutti uniti, si dovrà per forza riformare completamente le leggi sul divorzio. In fondo non serve vietare il divorzio ( è impensabile e illogico, ma l'ho voluto precisare perchè le femministe questo pensano di noi, che siamo dei patriarcali maschilisti che vorrebbero eliminare il divorzio) , basta renderlo sconveniente alla donna (o all'uomo) che vuole divorziare di punto in bianco senza causa apparente , così, perchè "si è stufata/o " oppure " non mi sento pienamente realizzata/o"( in caso di violenze metto le mani avanti e la cosa cambia, non fraintendetemi) .
«La folla che oggi lincia un nero accusato di stupro presto lincerà bianchi sospettati di un crimine».
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Offline Rita

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Re: Le stragi nel nome dell’Amore. (c/stampa)
« Risposta #20 il: Luglio 15, 2010, 10:11:05 am »
Ma perché le femmine si dedicano anima e corpo agli uomini? Su quale galassia, scusa? :doh:

diciamo che si "concentra" di più su un unico uomo per volta, escludendo gli altri dal proprio orizzonte. Tendenzialmente ho sempre pensato che il maggior favore (non mi viene il termine, insomma l'abitudine all'omaggio gratuito) che gli uomini hanno sempre riservato alle donne, fosse anche dovuto alla necessità di mantenere sempre aperte le possibilità di eventuali "sostituzioni" in caso di fallimento.

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Offline Zoltan2

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Re: Le stragi nel nome dell’Amore. (c/stampa)
« Risposta #21 il: Luglio 15, 2010, 11:46:56 am »
Quando saremo tutti uniti, si dovrà per forza riformare completamente le leggi sul divorzio. In fondo non serve vietare il divorzio ( è impensabile e illogico, ma l'ho voluto precisare perchè le femministe questo pensano di noi, che siamo dei patriarcali maschilisti che vorrebbero eliminare il divorzio) , basta renderlo sconveniente alla donna (o all'uomo) che vuole divorziare di punto in bianco senza causa apparente , così, perchè "si è stufata/o " oppure " non mi sento pienamente realizzata/o"( in caso di violenze metto le mani avanti e la cosa cambia, non fraintendetemi) .

Se qualcuno renderà il divorzio sconveniente alla donna (e pure all'uomo) penso che i divorzi annuali potranno contarsi sulla punta di una mano...  :lol:
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Offline mik

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Re: Le stragi nel nome dell’Amore. (c/stampa)
« Risposta #22 il: Luglio 15, 2010, 11:59:48 am »
Se qualcuno renderà il divorzio sconveniente alla donna (e pure all'uomo) penso che i divorzi annuali potranno contarsi sulla punta di una mano...  :lol:
E perche' mai renderlo sconveniente? La soluzione va cercata all'origine:abolire il matrimonio (e tutti i suoi eventuali surrogati).Questo al di la' del fatto ,evidentemente, che le leggi sul divorzio privilegino spudoratamente la cosiddetta "parte debole".
ciao

Offline Zoltan2

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Re: Le stragi nel nome dell’Amore. (c/stampa)
« Risposta #23 il: Luglio 15, 2010, 12:40:48 pm »
E perche' mai renderlo sconveniente? La soluzione va cercata all'origine:abolire il matrimonio (e tutti i suoi eventuali surrogati).Questo al di la' del fatto ,evidentemente, che le leggi sul divorzio privilegino spudoratamente la cosiddetta "parte debole".
ciao

Concordo. E' il matrimonio (e l'insieme di leggi "di comodità" che circondano le faccende amorose) l'obbiettivo da sradicare non solo dalla nostra società ma anche dalle menti dei giovani ragazzi.

Tuttavia penso che l'abolizione del matrimonio sia -per ora- qualcosa di quasi irrealizzabile. Tuttora il matrimonio è l'arma segreta femminile e non solo, lo strumento di truffa organizzata più efficace ed efficiente. Come pensare di poterlo estirpare?

Se fosse per me, si abolirebbe il matrimonio e si toglierebbe ogni obbligo inerente le faccende amorose. Se poi due persone vogliono cointestarsi casa e beni facciano pure, ma quella sarebbe tutta un'altra faccenda.

Invece viviamo in una società dove il matrimonio, visto come bene supremo e maggiore raggiungimento personale, è in realtà una trappola/truffa in cui ci spingono di buttarci con il sorriso sulle labbra.
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Offline Rita

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Re: Le stragi nel nome dell’Amore. (c/stampa)
« Risposta #24 il: Luglio 15, 2010, 15:11:55 pm »
http://www.ilgiornale.it/interni/luomo_uccide_non_e_colpa_maschilismo/15-07-2010/articolo-id=460867-page=1-comments=1

Gira e rigira, tornano sempre al femminismo. Per spiegare la catena funesta di delitti contro le donne, uno al giorno, Dacia Maraini sul Corsera, Michela Marzano su la Repubblica e un esercito di donne pubblicanti sui quotidiani d'impegno, ricorrono alla solita vecchiotta spiegazione, diversamente modulata: è il maschio spossessato (...)
(...)che non sopporta l'emancipazione femminile e allora torna dispotico, cruento e primitivo.
La tesi è facile, ideologicamente comoda per loro, ma non convince. Perchè non considera tre o quattro cose. La prima obiezione elementare è che la società era infinitamente più maschilista negli anni Settanta quando il femminismo era più virulento, mentre delitti di questo genere con questa impressionante sequenza, si vedono invece quarant'anni dopo, quando molte di quelle rivendicazioni che all'epoca sconcertavano, sono diventate ormai orizzonte comune. La seconda è che non si considera affatto, per ovvie ragioni ideologiche tipiche del politically correct, che un'influenza di questa brutalizzazione dei rapporti semmai è venuta dalla presenza nella nostra società di immigrati provenienti da mondi che non sono affatto portati a riconoscere diritti alle donne; la forza dell'emulazione non è da trascurare e non sono pochi i casi di violenze alle donne da parte di immigrati, anche se non sta bene dirlo.
Ma la terza e più importante considerazione è che l'uccisione della donna, nella gran parte dei casi, non è l'affermazione di un predominio ma di una disperazione, non è il segno della podestà maschile ma della sua impotenza, non indica possesso ma abbandono, non è maschilismo ma terrore della solitudine.
Se dovessi tentare una formula riassuntiva per spiegare questa catena di delitti direi: è la sindrome del bambino perduto che si vendica perchè crolla il suo mondo e la sua nutrice. Il femminismo aggressivo ed espansivo dei nostri anni, unito alla regressione anche numerica dei maschi e perfino al destino genetico di scomparsa e di tramonto che viene copiosamente descritto attraverso quelle X e quelle Y inquietanti, ha intimidito i maschi li ha portati alla fuga, sulla difensiva, col timore di competere o in cerca di surrogati, come l'omosessualità o la transessualità. Ma li ha portati soprattutto a restar bambini, perchè avvertono il peso della fragilità e della dipendenza.
Il rapporto assoluto con la donna, che è poi alla base di questi delitti, non nasce dalla mancata tolleranza dell'emancipazione femminile, se non in apparenza; nasce piuttosto dal sentirsi bambini abbandonati da madri considerate crudeli agli occhi patologici dei loro partner-figli. Non è in discussione il ruolo della donna, ma al contrario, è una conseguenza del ruolo accresciuto della donna che produce questa dipendenza tossica fino al crimine, del bambino perduto. Abituati da una società fondata sulla centralità del desiderio e sulla permanenza del gioco infantile, a non dover rinunciare a niente, non possiamo accettare l'idea che chi ci tiene al mondo possa andar via e abbandonarci. Non è tanto il dramma della gelosia, e tantomeno il delitto d'onore a risalire dai meandri della nostra antica matrice, quanto questo trovarsi soli in mare aperto, dopo aver affidato alla donna il ruolo di barca, di skipper e di bussola. Anche quando il rapporto formale era ancora segnato dalla finzione dei ruoli, lui masculo sovrano, lei femmina concupita e succuba, in realtà il rapporto era invertito. Perchè quel che segna il dominio non è il grido di possesso o la forza muscolare, che è solo scena e cerimonia; ma il grado di dipendenza. Chi più dipende dall'altro più è subordinato all'altro.
Arrivo perciò a dire che si è trattato forse di una rivolta degli schiavi, i maschi, a cui è stato tolto il pane della loro vita. È quella la vera debolezza, far dipendere la propria vita da un'altra persona; impensabile per un vir delle società maschiliste e patriarcali. Il delitto d'onore o passionale del tempo remoto era la punizione per aver infranto un ordine, per una ribellione al potere maschile, per rimediare alla vergogna, ad una brutta figura sociale. Qui il movente appare un altro, non è la considerazione del giudizio altrui o l'esigenza estrema di ribadire la gerarchia tra il maschio e la femmina, non è la punizione per aver infranto una sovranità indiscutibile. Ma è l'estrema fragilità di chi dice: se te ne vai tu è finita la mia vita, ti uccido e mi uccido. Non sottovalutate che solitamente il progetto di uccidere l'ex partner si accompagna al desiderio di uccidersi. Perchè non si sopporta l'idea del carcere e del vituperio generale, sì, è vero. Ma soprattutto perchè la mia vita senza di te non ha più senso, muoia Sansone con la filistea.
Questo non è maschilismo ma infantilismo tragico, delirio puerile, la ferocia dei deboli. Il re maschio per antonomasia non dipende dalla sua donna, la punisce magari ma poi continua la sua vita. Qui non è così, perchè non si tratta di vir ma di puer. Il femminismo è il comodo alibi, il nuovo luogo comune o codice di sicurezza per rassicurare le pigrizie mentali e gli schemi ideologici dei nostri tardo-progressisti. E così vien fuori il maschio leonino che ruggisce e sbrana per comandare. O come, scrive la Marzano, «il declino dell'impero patriarcale». Una trama buona per vecchi film o per cartoni animati, non per la realtà presente, pervasa da nichilismo e solitudine, capricci e disperazione, insicurezza e rigurgiti d'infanzia. Perchè mi hai abbandonato? È il grido che risuona nelle metropoli, nelle periferie e nei paesi e qui parlano ancora di maschilismo
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Offline Rita

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Re: Le stragi nel nome dell’Amore. (c/stampa)
« Risposta #25 il: Luglio 15, 2010, 16:25:13 pm »
... oppure Lietta Tornabuoni sulla Stampa

http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=7594&ID_sezione=&sezione=

Se in questo periodo mariti, ex mariti o amanti ammazzano una donna al giorno (perlopiù a coltellate), i pragmatici dicono che è colpa del grande caldo che scatena furori o fa sprofondare nelle depressioni, che lascia sentire con maggiore strazio la solitudine estiva e fa desiderare con più struggimento un poco di felicità.

Gli psicologi facili dicono che la morte è la secolare risposta degli uomini all’abbandono; che se a venire lasciati sono i mariti, insieme con la moglie perdono la casa, i figli, i pasti cucinati, l’assistenza in caso di malattia, la condivisione della vita, le camicie pulite, e non sanno come fare.

Secondo gli studiosi di sociologia, questa epidemia di sangue dipende dalla nuova fragilità maschile, da una ipersensibilità da adolescenti perenni, da una frustrazione che non permette loro di sopportare il vedersi rifiutati, il dover considerare un fallimento tutto ciò che avevano costruito magari con sacrificio.

Per i moralisti cattolici, la colpa degli assassinii sta nella leggerezza con cui viene vissuto il rapporto donna-uomo, nel matrimonio o in altro tipo di relazione. Per gli analisti laici, gli uomini colpevoli di assassinio sono bruti che hanno capito nulla, che non si sono resi conto dei cambiamenti avvenuti negli anni, del diverso atteggiamento di libertà delle donne.

Forse è tutto vero. Ma forse nessuna di queste ipotesi è vera. Si valutano infatti gli avvenimenti della cronaca con un’ottica deteriore: se accadono fatti tra loro simili, non si tratta per niente d’un fenomeno sociale, benché gli elementi esteriori sembrino analoghi.

Sarebbe interessante se gli episodi consentissero un giudizio comune: darebbe l’occasione di prevenire ed evitare i fatti di sangue, con grande vantaggio individuale e collettivo.

Però non è così: è da bambini fare della psicologia spicciola su gente che non s’è mai vista né si conosce, mentre ogni fatto occulta le proprie motivazioni, le ragioni per cui accade, il carattere dei diversi protagonisti, le pulsioni respinte o quelle a cui ci si abbandona. E, soprattutto, non si continuerebbe a definire i gesti di morte delitti passionali.
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Offline SilvioDestro

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Re: Le stragi nel nome dell’Amore. (c/stampa)
« Risposta #26 il: Luglio 15, 2010, 19:59:39 pm »
Tendenzialmente ho sempre pensato che il maggior favore (non mi viene il termine, insomma l'abitudine all'omaggio gratuito) che gli uomini hanno sempre riservato alle donne, fosse anche dovuto alla necessità di mantenere sempre aperte le possibilità di eventuali "sostituzioni" in caso di fallimento.





......... ma va, va, vaaaaaaaaaaaaaaaaa ........................

Online Jason

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Re: Le stragi nel nome dell’Amore. (c/stampa)
« Risposta #27 il: Luglio 15, 2010, 20:47:01 pm »
Se qualcuno renderà il divorzio sconveniente alla donna (e pure all'uomo) penso che i divorzi annuali potranno contarsi sulla punta di una mano...  :lol:

Appunto, questo deve essere lo scopo.
L'unica effettiva utilità del divorzio è quando ci sono conflitti talmente gravi da non giustificare la continuazione della relazione in quanto conflitti gravi traumatizzano pure i figli. Tutti gli altri motivi sono inutili, dannosi e pertanto vanno resi sconvenienti, erchè in questo caso il trauma ai figli viene creato.
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Offline Fazer

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Re: Le stragi nel nome dell’Amore. (c/stampa)
« Risposta #28 il: Luglio 15, 2010, 20:57:17 pm »
Appunto, questo deve essere lo scopo.
L'unica effettiva utilità del divorzio è quando ci sono conflitti talmente gravi da non giustificare la continuazione della relazione in quanto conflitti gravi traumatizzano pure i figli. Tutti gli altri motivi sono inutili, dannosi e pertanto vanno resi sconvenienti, erchè in questo caso il trauma ai figli viene creato.

Straquoto  :clapping:

Offline Red-

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Re: Le stragi nel nome dell’Amore. (c/stampa)
« Risposta #29 il: Luglio 15, 2010, 22:56:58 pm »
Ma perché le femmine si dedicano anima e corpo agli uomini? Su quale galassia, scusa? :doh:
Sei un mago nel travisare e nel rimaneggiare il pensiero delle persone.
Allora diciamo che le donne, quando stanno con un uomo, in realtà mirano solo al sesso e sperano sempre in rapporti terzi, promiscui e occasionali.
Sarebbe a dire che la donna, quando sta con un uomo, se la fa con altri tre-quattromila, perchè così le suggerisce la sua natura.
Cioè, in altri termini, la donna è sempre vogliosa di sesso senza sentimento e senza non resiste più di una settimana, e così la molla a destra e a manca.
Va meglio così!? Ti torna di più!?

:)
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