Oggi si celebra il Capofamiglia per eccellenza, figura sparita da ormai più di 50 anni. Col postconcilio, anche tra la grande maggioranza dei cattolici, che usano la parola capofamiglia davanti alle mogli con la stessa frequenza con cui la sentiamo in chiesa e al catechismo. Segno che la cultura del '68 è profondamente radicata nella coscienza cattolica, che per timore di metterla in discussione nega uno dei fondamenti dell'istituto familiare.
Il capofamiglia oggi è lo Stato, nella persona del giudice e la donna il suo luogotenente di stanza nel focolare, che nel 70% dei casi si incarica di sfasciare una famiglia, spesso per futili motivi.
Forse il gentile lettore penserà che non si dovrebbe parlare di certi argomenti, ma il crescente tasso di divorzi (pressoché identico a quello dei non credenti, dai frutti li riconoscerete) e la diffusa denatalità suggeriscono che non è troppo presto per cominciare.
Ma forse l'amico lettore ha ragione, meglio stendere un velo pietoso e lasciare che i matrimoni in chiesa cessino del tutto entro il 2031, secondo le stime più attendibili. Non hanno forse ragione certi articoli, che affermano che secondo molti vescovi italiani, il futuro del cattolicesimo è l'Africa (almeno quella non trasmigrata in Italia)? Non più l'America Latina, dove grazie anche alla "gestione Maradiaga" i protestanti hanno sorpassato i cattolici già in Honduras.
Pur non avendone necessità, Gesù volle nascere in una famiglia, con San Giuseppe capofamiglia. Esempio pedagogico di come l'istituto familiare (capofamiglia compreso) sia iscritto nell'ordine naturale. Forse anche per questo non se ne parla, per non disturbare la sovversione antinaturale del genere umano