Si è suicidata una ragazza nei bagni dell'Università a Milano. Le motivazioni le ha indicate lei stessa in una lettera trovata nella borsetta. Si sentiva un fallimento sia nello studio che nella vita privata. Fino a qualche tempo fa per simili motivazioni si suicidavano solo i maschi. Oggi invece con la spinta che viene esercitata sulle femmine a dimostrare "che sono brave in tutto, più dei maschi e in tutto più dei maschi" chi non riesce o non intende adempiere a questa "storica missione" oppure rispondere a questi "immancabili destini" si sente logicamente perdente, inadeguata, fallita e come inevitabile conseguenza, spinta a suicidarsi per la vergogna. Il feticcio del successo ora è diventato tale anche per lor signore che non hanno capito a quale colossale fregatura andavano incontro ponendoselo come obiettivo esistenziale. Ritenendosi tuttavia molto furbe, hanno percorso le stesse orme degli uomini imitandoli pure nelle loro nevrosi e paranoie. Affari suoi, si penserà qui. In fondo, se si fosse suicidato un ragazzo per gli stessi motivi chi si sarebbe mai commosso? Risposta ovvia: nessuno. Anzi, semmai derisione per l'ennesimo esemplare di "incapace" di cui oramai è infarcito il genere maschile che oramai non sa generare che incapaci. Ma ora a suicidarsi è stata una ragazza e simili ragionamenti non si possono fare. Allora il Senato Accademico ha ordinato il "lutto" e disposto la sospensione delle lezioni. Non sia mai che non si debba onorare una illustre rappresentante del "sesso vincente" per la quale il fallimento non è tale, ma bensì un'eroica morte nella guerra della vita che le ha negato così crudelmente la vittoria.