La Cassazione colpisce ancora, con un anatema biblico: le "colpe" dei padri vengono fatte risalire fino alla terza e quarta generazione.
Mantenimento, il padre non versa l'assegno? La Cassazione: «Devono pagare i nonni»
Verdetto dei giudici di Velletri confermato: «Giusto chiamare in causa gli ascendenti»
Mantenimento, il padre non versa l'assegno? La Cassazione: «Devono pagare i nonni»Mantenimento, il padre non versa l'assegno? La Cassazione: «Devono pagare i nonni»
di Valentina Errante
Se il papà non riesce a mantenere il figlio, lo faccia la nonna. E se dopo la decisione della Cassazione, nel nuovo appello, quest’ultima prova a chiamare in causa la sua omologa dal lato materno, affinché anche lei contribuisca alle spese per il nipote, non può farlo, a meno che non sia stata chiesta la modifica del provvedimento iniziale. La Cassazione è tornata a pronunciarsi e a ribadire che se il padre è inadempiente nei confronti dei figli, l’onere tocca ai nonni. In questo caso solo a uno di loro.
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LA VICENDA
È una controversia giudiziaria che dura da anni, quella sulla quale la Cassazione è tornata a pronunciarsi. Comincia tutto nel 2010, quando il tribunale di Velletri impone ai nonni paterni di un bambino di contribuire all’assegno di mantenimento che avrebbe dovuto versare il padre, separato dalla mamma del piccolo. L’uomo, all’epoca, viveva con i genitori e il giudice aveva imposto ai nonni di pagare 200 dei 350 euro stabiliti come mantenimento in fase di separazione. La decisione del Tribunale era maturata a causa dell’inadempienza del padre. I nonni paterni si erano opposti in appello, presentando un ricorso. Ma si erano visti dare torto: innanzi tutto perché le condizioni economiche della madre del bambino, diventato intanto un ragazzo, non erano migliorate. Infatti, contestualmente al lieve aumento delle entrate della donna, erano sopravvenuti oneri maggiori, visto che il figlio minore era cresciuto e, oramai diciassettenne, aveva esigenze più costose. Mentre a incrementare le entrate era stata proprio la nonna paterna che, dopo la morte del marito, aveva ereditato un notevole patrimonio immobiliare. Il papà del ragazzo invece aveva rinunciato all’eredità.
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La nonna paterna però non si era arresa e si era rivolta alla Cassazione per essere sollevata dall’onere economico. I giudici avevano confermato che «L’obbligazione solidaristica, sussidiaria e subordinata grava proporzionalmente su tutti gli ascendenti di pari grado indipendentemente da chi sia il genitore che ha creato l’insorgenza dello stato di insufficienza dei mezzi economici». Ossia: se i genitori non mantengono i figli tocca ai nonni, in quanto ascendenti più prossimi, farsene carico, come disposto dall’articolo 316 bis del codice civile. Che stabilisce che è compito dei genitori adempiere i loro obblighi nei confronti dei figli «in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la loro capacità di lavoro professionale o casalingo. Quando i genitori non hanno mezzi sufficienti, gli altri ascendenti, in ordine di prossimità, sono tenuti a fornire ai genitori stessi i mezzi necessari affinché possano adempiere i loro doveri nei confronti dei figli». La Suprema Corte aveva disposto un nuovo appello per definire i termini economici.
L’ALTRA NONNA
Nell’appello bis la nonna paterna aveva tentato di coinvolgere anche la sua omologa materna. Ma di nuovo si era vista dare torto. Per i giudici, l’altra nonna avrebbe dovuto essere citata in giudizio come parte, affinché la Corte potesse valutare le sue condizioni economiche e decidere se gravarla dell’onere nei confronti del nipote, sin dall’inizio. Ma la donna non si è arresa ed è tornata in Cassazione, ribadendo la richiesta di coinvolgere la sua omologa. E adesso i giudici di piazza Cavour scrivono la parola fine a questa lunga controversia e ribadiscono che le due donne potranno trovarsi in giudizio per una terza causa, ma intanto la nonna paterna dovrà provvedere al nipote da sola, perché si è limitata a sollecitare la chiamata in causa della sua omologa troppo tardi, «richiesta non accolta dal giudice con decisione insindacabile», precisano gli ermellini che ricordano: la Cassazione è solo una Corte di legittimità e non di merito.
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