Chissà che ne dirà Massimo:
Ci sono immagini – molto rare – ad altissima carica simbolica, misteriosa e comica. Una di queste, che credo non mi leverò dalla testa per un bel pezzo, è Bergoglio che riceve dalle mani dell’ambasciatore ucraino presso la Santa Sede un gigantesco orsacchiotto.
Un Teddy Bear con una gamba mezza staccata e qualche bruciatura perché – si scrive – appartenuto a bambini ucraini vittime dei bombardamenti russi. Vero, non vero? Capovolgendo una vecchia pubblicità della Sprite: la morte è zero, l’immagine è tutto.
La vis comica del gesto è tutta nell’atto di porgere un simile pupazzo ad un simile pontefice. Qualcosa che assomiglia, cantava Giovanni Lindo Ferretti, a ridere nel pianto.
L’orsacchiotto malconcio è l’icona a stelle e strisce dell’infanzia violata. Una trovata da filmetto di serie zeta degna di Ed Wood, il peggior cineasta di sempre.
Porgere un oggetto simile al papa significa trattarlo da vecchio imbecille. Right in the face, e senza tanti salamelecchi.
Ponderato il fatto che Bergoglio, ricordando ai giovani russi la loro storia gloriosa, ha suscitato l’ira scomposta del nazista cocainomane in felpa color oliva che balla in tacchi a spillo e suona il pianoforte senza mani, sono certo che si tratti di un vero e proprio insulto. Di grande raffinatezza, sfrontatezza e audacia.
Non pago della beffa, il diplomatico avrebbe mostrato a Bergoglio le foto del plantigrado di peluche seduto fra le macerie del palazzo crollato, a capo chino per il dolore. Casomai Bergoglio dubitasse, un paio di foto scattate da quelli che fanno atterrare missili nei lavandini lo hanno certamente persuaso dell’autenticità del reperto. Trattato da vecchio imbecille al cubo.
Si tratta di una scenetta comica di pregevole fattura. Bergoglio che stiracchia un sorriso –
forse si è accorto della feroce presa in giro,
o forse sorridacchia perché non può rifiutare il dono, né contrariare il visitatore facendogli notare quanto sia inopportuno trattare il papa da cretino olimpico.
Magari avrà persino ricambiato con qualche reliquia di San Pietro o della Croce (quattro ossicini e due schegge di legno senza importanza), oppure con oggetti di culto e valore assoluti come l’edizione autografa della Laudato Sii vol. 2., nella quale l’autore, udite udite, tuona contro “l’insensata guerra mondiale al creato”.
La guerra è sempre insensata, sempre a pezzi ma un po’ mondiale, e se a crepare sono gli uomini o l’ambiente in fondo non fa grande differenza:
l’importante è che Bergoglio possa ripetere alla nausea i quattro concettuzzi ai quali si avvinghia come un bambino pauroso al suo orsacchiotto nel buio. Qualche premuroso alla fine ha pensato bene di regalargliene uno.
Che poesia.
Per completare il capolavoro, i media vaticani invece di nascondere o manipolare la notizia come una lettera qualsiasi di Ratzinger che si rifiuta di scrivere la prefazione alla Summa Theologiae Bergoglii, strombazzano la notizia ai quattro venti. Va così quando devi commuovere il popolo bue, che però alla fin fine ti guarda per quel che sei: fiction. E nemmeno di qualità.
Va così se cacci Dario Viganò e lo sostituisci col mentalista Tornielli: salti da un’illusione all’altra, mentre la realtà ti passa davanti. E ti spernacchia pure.
Mastro Titta