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San Pietro si svuota mentre il rito antico registra il boom

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Vicus:
Notizia la cui rilevanza va ben oltre il mondo cattolico. Colpo di coda antifemminista in chiusura. Grassetti per i frettolosi:

“Fratelli Tutti” è il Manifesto della  ideologia Massonica che El Papa ha voluto professare pubblicamente facendone una “enciclica”. Le folle  non ne sembrano attratte...

a “Fratelli tutti” non è arrivato nessuno:


Luisella Scrosati,Nuova Bussola Quotidiana

Corpus Domini alla chetichella in Vaticano e flop totale dell’evento organizzato dal card. Gambetti: cinque ore di spettacoli, l’ennesima dichiarazione e la piazza vuota come le chiacchiere sulla “fraternità umana”, dimostrano che i fedeli cercano qualcosa di eterno e vanno a bere ad altre fonti. Come le realtà legate alla liturgia tradizionale, la cui vitalità dovrebbe porre più di qualche interrogativo.

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Già lo scorso anno non c’era stata la processione solenne «per le limitazioni imposte al Papa dalla gonalgia» e «per le specifiche necessità liturgiche della celebrazione», spiegava la Sala stampa vaticana. Come se il Papa dovesse farsi tutta la processione a piedi. E dire che papa Francesco aveva spostato la solenne processione dal giovedì alla domenica sera per motivi pastorali, presumibilmente per permettere la partecipazione di più persone.

C’era invece un gran daffare in San Pietro alla vigilia della domenica del Corpus Domini. Per i primi vespri della Solennità? Macché. World Meeting on Human Fraternity, signori; e con tanto di “cancelletto”: #notalone. Un hashtag che ha però portato iella alla Fondazione Fratelli Tutti e al factotum della giornata, il cardinale Mauro Gambetti, quello che ha permesso alla Basilica vaticana di diventare il palcoscenico dei nudisti. Già, perché in realtà non solo il Papa non c’era, visto che se ne stava , ma c’erano pure pochissime persone. Nonostante i restringimenti di inquadratura alle prime file, qualche foto dall’alto alla piazza è girata (vedi qui e qui). Risultato? Un flop totale. Quattro settori predisposti, dei quali uno è rimasto interamente vuoto e gli altri riempiti forse solo di un terzo.

Quasi cinque ore di chiacchiere, spettacoli, video, e la firma da parte del Segretario di Stato Vaticano, il cardinale Pietro Parolin, della Dichiarazione sulla fraternità umana, l’ennesima lenzuolata di parole vuote, inflazionate, dove – per fortuna – non compare nemmeno per sbaglio il nome di Nostro Signore: «Ogni uomo è mio fratello, ogni donna è mia sorella, sempre. Vogliamo vivere insieme, da fratelli e sorelle, nel Giardino che è la Terra. È il Giardino della fraternità la condizione della vita per tutti». Amen. E come se non bastasse, il cardinal Gambetti, per l’occasione, ha trasformato l’atrio della Basilica di San Pietro in un centro ristori, con panche “ecologiche” fatte di bancali di legno (vedi qui): un manicomio.

E mentre San Pietro si svuota, le Messe in rito antico esplodono di bambini e giovani famiglie. L’impressione lasciata dal pellegrinaggio Parigi-Chartres (vedi qui) di due settimane fa, continua a scuotere il mondo cattolico francese. Il quotidiano La Croix ha dato spazio ad un’interessante riflessione di Jean Bernard, collaboratore del giornale La Nef, che nota come «molti osservatori, inclusi quelli dei grandi media, sono rimasti colpiti dal fervore e dalla fede dei pellegrini, in contrasto totale con la desolazione generale della Chiesa in Francia, paralizzata dallo scandalo degli abusi».

La vitalità di questa realtà era ben nota già anni fa anche a Roma. Bernard ricorda che un cardinale, presente alla Sessione plenaria della Congregazione per la Dottrina della Fede del 29 gennaio 2020, aveva auspicato una repentina restrizione del Rito antico, proprio di fronte al successo di quei pellegrinaggi. L’anno dopo vide la luce Traditionis Custodes, ed il risultato è stato un ulteriore aumento dei partecipanti, fino al tutto esaurito. E tutto lascia pensare – continua il giornalista francese – «che non solo la Messa tradizionale non scomparirà, ma […] continuerà a crescere, sia in termini assoluti, che in termini relativi, tenuto conto dell’abbandono progressivo di un certo numero di parrocchie di rito ordinario».

I seminari legati al rito antico nel 2022 hanno registrato 95 nuovi ingressi francesi, contro i 65 dell’anno prima. Al contrario, i seminari diocesani sono in agonia e registrano uno o nessun nuovo ingresso, con il “picco” del seminario di Parigi, con due nuovi ingressi. Molto viva è anche la realtà della Communauté Saint-Martin, che non è legata al rito antico, ma può vantare delle belle liturgie e una seria formazione al sacerdozio; oggi conta più di 100 seminaristi.

Buon senso ed apertura di mente e di cuore vorrebbero che si cercasse di capire questi segnali: laddove il troppo umano invade l’orizzonte, si registrano sempre più defezioni; dove invece il primato di Dio, dell’adorazione, della vita eterna viene esperito sensibilmente la vita non solo rinasce, ma sovrabbonda. Non è questione di ideologie, ma di sopravvivenza. Quando si vede una lunga folla di persone assetate andare in una direzione, significa che lì hanno trovato l’acqua.

Un sacerdote della diocesi di Parigi, père Luc de Bellescize, lo ha compreso molto bene ed espresso ancora meglio : «I giovani non hanno niente a che vedere con le vecchie guerre fratricide. Bramano la bellezza e la verità. Hanno sete di avere la loro anima elevata e rivolta al Signore. Hanno sete di una parola esigente che li ami veramente, che li inviti a liberarsi da tutto ciò che lega l’uomo alla schiavitù del peccato. Desiderano purezza, libertà e silenzio». E questo lo trovano nella liturgia bella, «riflesso, sempre imperfetto però, della liturgia del Cielo, del canto degli angeli che si prostrano davanti all’eterna Trinità, bellezza infinita di Dio».

L’uomo è chiamato a contemplare, godere fruire di questa gloria per l’eternità. Tutte le altre opere, pure doverose, nobili e necessarie, cesseranno. La liturgia celeste non verrà mai meno. Il cuore dell’uomo è fatto per questo, verità che spiega l’ineliminabile forza attrattiva della liturgia “bella”; un’attrazione che risulta ancora più forte allorché le cisterne d’acqua che ci circondano, costruite dagli uomini, offrono ormai solo liquame putrido e siccità. E la noia mortale dei discorsi vuoti, come quelli organizzati da Gambetti.

La liturgia antica offre altre due grandi attrattive. La prima: a partire dalla fine degli anni ‘60 è stata tutta una gara a sradicare l’uomo, o meglio a sradicare dal cuore dell’uomo il senso di appartenenza ad una storia, ad una identità, ad una tradizione vivente. I più giovani si ritrovano spaesati, disorientati, tremendamente soli, senza storia e pertanto senza futuro. Perché rimproverarli se si gettano in una liturgia che sa offrire loro un’appartenenza chiara, un radicamento solido, un linguaggio che li rimette in comunicazione con i loro nonni, con i loro avi, con la grande famiglia dei santi di ogni tempo?

E poi il rito. Non abbiamo ancora compreso la lezione di Josef Pieper e nemmeno quella più recente e “neutrale” di Byung-Chul Han. La forma rituale, proprio perché stabile, ripetitiva, inutile (nel senso che non è finalizzata all’utile), maestosa, ha una capacità precipua di plasmare e unificare. Il rito forgia un mondo condiviso, un mondo altro da quello che ogni giorno ci travolge; interrompe il flusso caotico e travolgente del tempo cronologico, della fretta, dell’operosità. Allora perché accanirsi contro un rito che è capace di questo? Perché non riconoscere che il rito antico ha una straordinaria capacità di guarire dal narcisismo, che ci ripiega su di noi, facendoci volgere a Dio? Un potere di sanare il nostro mondo da quella lacerante e triste atomizzazione che lo attanaglia?

La spiegazione del miracolo del rito antico e del fallimento del Meeting sulla Fraternità umana è tutta in quella frase di sant’Ireneo, che si ripete sovente, decurtandola però della seconda metà: «La gloria di Dio è l’uomo vivente, e la vita dell’uomo è la visione di Dio».

Il reinizio del Tempi:
Parigi-Chartres: il rito antico spopola tra i giovani

Malgrado le restrizioni, le giovani generazioni sono così attratte dalla liturgia tradizionale che lo “storico” pellegrinaggio francese deve chiudere le iscrizioni: i posti non bastano. Tra loro anche molti partecipanti alla GMG. I numeri e l’età media parlano da soli: la Tradizione non è indietrismo, è il futuro.


Compie quarant’anni il Pellegrinaggio della gioventù francese Parigi-Chartres, organizzato dall’Associazione Notre-Dame de Chrétienté. E quest’anno, per la prima volta, gli organizzatori hanno dovuto comunicare a malincuore di non poter accettare più ulteriori iscrizioni. Overbooking. Resta solo ancora qualche posto per la fascia 13-17 anni, ma la realtà, scrivono gli organizzatori, è impietosa: «la dimensione dei bivacchi, il numero di tende che vi si possono installare, la lunghezza della colonna in movimento, che supererebbe le 2 ore, ritardando troppo l’arrivo degli ultimi pellegrini».

Una colonna di 16.000 giovani pellegrini e quattro treni prenotati per il ritorno a Parigi: è partito così, oggi, lo storico pellegrinaggio nato senza troppi clamori nel 1983, come pellegrinaggio del Centre Henri Charlier, segno della Francia cattolica e dall’animo monastico, che voleva reagire alla decristianizzazione e all’impietosa secolarizzazione. Già due anni dopo i pellegrini potevano entrare nella cattedrale di Chartres per celebrarvi la Messa conclusiva. Con la crisi delle ordinazioni episcopali da parte di Mons. Marcel Lefebvre, le porte della cattedrale resteranno chiuse fino al 1989, quando Giovanni Paolo II, con il Motu Proprio Ecclesia Dei afflicta, riconoscerà un posto nella Chiesa a tutte le realtà, piene di giovani famiglie, legate al rito romano antico.

Da quando la Messa nel rito antico ha conosciuto nuove restrizioni, i partecipanti al pellegrinaggio sono aumentati a dismisura. Effetto Traditionis Custodes? Forse. In ogni caso dovrebbe essere l’ “effetto Gamaliele” a far riflettere le autorità ecclesiastiche e farle ritornare sui propri passi; per non ritrovarsi a combattere contro Dio. Tanto più che un sondaggio realizzato dal quotidiano La Croix (vedi qui  e qui) tra  30 mila giovani francesi che parteciperanno alla prossima Giornata Mondiale della Gioventù a Lisbona, rivela che quasi il 40% di loro apprezza la Messa in rito antico; altrettanti ritengono di non esserne attratti, ma non sono contrari, mentre  appena un 12% pare aver interiorizzato la stigmatizzazione dell’indietrismo, ritenendo che il Rito antico costituisca un inutile ritorno al passato. Questo è per chi non ha occhi che per i numeri; ma se qualcuno volesse rendersi conto della realtà, il che non guasterebbe, basterebbe parlare con questi giovani. Come ha fatto Matthieu Lasserre per il quotidiano francese di ispirazione cattolica.

Jeanne è una mamma di 28 anni, e non proviene da una famiglia tradizionalista; eppure, ama la Messa nel Rito romano antico, perché avverte «questa sensazione di essere là per Cristo. Dimentico chi è il sacerdote, la cui personalità passa in secondo piano, e sono rivolta verso l’essenziale». Un bell’aiuto per sostenere la lotta di papa Francesco al clericalismo. Ma c’è anche altro ad attrarre alla Messa antica, come spiega Élodie: « Prego con il messale della mia bis-bis nonna. Ho l’impressione d’inserirmi nel prolungamento delle radici della Chiesa e di tutti i grandi santi che hanno pregato con queste stesse parole».

Lo storico del cattolicesimo, Paul Airiau, spiega così il successo della Messa in latino tra le giovani generazioni: «L’interesse del rito tridentino è quello di offrire un pacchetto completo che appare efficace. È una coerenza musicale e rituale, con la garanzia di una stabilità delle forme, qualunque sia il luogo. E funziona, perché questo set è spiegato in connessione con una certa visione della Chiesa e del mondo. C’è una dimensione molto strutturante con una formazione politica, spirituale, teologica e filosofica e una dimensione assoluta specifica della gioventù».

Stabilità, coerenza, visione, assoluto: antidoti formidabili alla fluttuante e liquida “cultura” del relativismo; nella quale evidentemente questi giovani non si trovano a loro agio. E cercano altro: altro, non un prolungamento del mondo verniciato di spiritualità. Aspetti che lo stesso Airiau riconosce come attrattivi anche nei confronti di quei giovani che avevano abbandonato la pratica della fede. Pur con giusta prudenza, ma è un fatto che le comunità legate al rito antico risultano molto aperte verso “quelli di fuori”: «è una dinamica che non è nuova, ma che è stata sottostimata. Ormai esiste un’ibridazione tra la gioventù tradi e quella non tradi».

Altro dato di grande interesse è il fatto che questi giovani non si fanno troppi problemi a frequentare  sia il rito antico che quello riformato. Questa «fluidità liturgica» che si registra, non è tuttavia indifferentismo, perché questi giovani tendono a conservare alcuni elementi del rito antico, che hanno imparato ad apprezzare. Come quello di ricevere la Comunione in ginocchio e sulla lingua. L’intento del Summorum Pontificum, cassato dal Papa, rivive nei giovani?

Non solo sensibilità liturgica. I giovani che andranno alla prossima GMG si dimostrano in controtendenza rispetto alle generazioni che li hanno preceduti ed appaiono decisamente più “conservatori”. Un termine che in realtà è ideologizzato, e che non è in grado di «rendere conto delle molteplici dimensioni della vita di fede», scrive Jerôme Chapuis. E militanti: «Questi giovani della GMG sono impegnati non solo nella Chiesa, ma anche nella società, spesso con i più poveri. Si allenano intellettualmente». Una realtà ben viva, decisamente diversa rispetto a quello che viene per lo più presentato come un mondo di nostalgici, un po’ ai margini della vita della Chiesa.

Anche il sociologo Yann Raison du Cleuziou deve ammettere che «sorprendentemente, il sondaggio mostra la forza del conservatorismo tra i giovani cattolici». La sorpresa è solo per chi ha dovuto attendere i risultati di un sondaggio per comprendere i tratti di una realtà che aveva già sotto gli occhi.

C’è un altro elemento di interesse, ad emergere: «Fatto nuovo, i giovani cattolici di destra hanno più esperienza militante di chi si dice di centro o di sinistra. Si permettono di condurre battaglie conservatrici, ad esempio facendo campagne su questioni di bioetica (35%) o di moralità sessuale (32%)», spiega ancora du Cleuziou. «Nella misura in cui il cambiamento sociale rimane molto apprezzato nella società, questo conservatorismo non li rende guardiani dell’ordine stabilito, ma paradossalmente dei contestatori».  Una realtà ben diversa da quella che il sociologo francese chiama di centro-sinistra ed ecologista, e che si autodefinisce come «la generazione papa Francesco», caratterizzata da un maggiore conformismo.

E tuttavia questo spirito di contestazione che caratterizza i giovani “di destra” non li porta all’anarchia, ma li attacca ancora di più all’istituzione: «tra le diverse risposte proposte, la rappresentazione della Chiesa che raccoglie consensi maggioritari è quella di una Chiesa che, nella società, deve essere un “faro che indica la strada nelle tenebre” (59%)». Questi giovani evidentemente concordano con l’idea che Gesù stesso aveva della sua Chiesa e dei suoi pastori. Ed è per questa ragione che «non appena entrano in gioco le posizioni più conformi al magistero, sono sempre le sensibilità maggioritarie di destra a sostenerle, mentre la sinistra mantiene una posizione più distaccata». Al contrario solo il 7% identifica la Chiesa come «ospedale da campo».

Per esempio, sulla questione del ruolo delle donne nella Chiesa il 64% chiude definitivamente al diaconato e al sacerdozio femminile. E ben il 33% afferma che nella Chiesa si sentono più che riconosciute, mentre è la società civile, che non le tutela come madri di famiglia.

Chapeau all’onestà della redazione de La Croix. Questa è la realtà, questo è il futuro. Riusciranno prima o poi i nostri pastori a far pace con quello che lo Spirito opera nella Chiesa? Lo Spirito Santo, non lo spirito del Concilio.

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