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I Papi e la massoneria (con nota sul Risorgimento)
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Vicus:
Fonte: Tempi
In questi tempi di dottrina fluida e di sinodalità liquida; di un cattolicesimo umanitario, affratellante, dialogante ed ecologico; di una chiesa in uscita e di un’uscita sempre più massiccia dalla chiesa; di una predicazione che guarda molto, forse troppo, alle cose di quaggiù anziché a quelle di lassù e che tra le altre cose ha comportato, con effetti devastanti, la sostituzione della santificazione con la sanificazione della feste; di un metodo che non giudica la realtà partendo da un principio veritativo ma che entra in sintonia tramite il discernimento con la realtà che si manifesta e auto-svela, e di un conseguente approccio fatto di tanta caritas e poca veritas (perché la verità sta nel cogliere ed esplicitare la manifestazione dell’essere) declinato sul trinomio Ascolto-Accoglienza-Accompagnamento, la tripla AAA dell’eccellenza pastorale contemporanea. Insomma in un tempo come quello che stiamo vivendo dove solo un cieco, diceva il compianto card. Caffarra, può non accorgersi della confusione che c’è nella Chiesa, la pubblicazione di una nuova edizione, riveduta e ampliata, de “I Papi e la massoneria” (Edizioni Ares, 20€) della storica Angela Pellicciari è da salutare con grande favore. L’Autrice non è certo nuova a scelte coraggiose e, diciamo pure, politicamente scorrette a partire dalla sua opera più famosa e che tante polemiche suscitò – fu subito marchiata con lo stigma di “revisionista” – quando uscì nel 1998: stiamo parlando di “Risorgimento da riscrivere”, libro che contribuì in maniera decisiva a rileggere sotto tutt’altra prospettiva i (mis)fatti risorgimentali rispetto alla vulgata mainstream. Lavoro di demolizione e ricostruzione secondo giustizia e verità della storiografia risorgimentale (e non solo) proseguito con “L’altro Risorgimento” (2000), “I panni sporchi dei Mille” (2003), “Risorgimento anticattolico” (2004) e con la curatela di “Memoria per la storia dei nostri tempi” (2013) del sacerdote e giornalista nonché amico di Pio IX, don Giacomo Margotti. Con “I Papi e la massoneria”, Pellicciari si confronta con il consueto rigore e un notevolissimo apparato documentale, con un tema molto particolare che è già tutto nel titolo, ossia come nel corso della storia i successori di Pietro hanno affrontato e trattato la massoneria. Il quadro che emerge non lascia scampo ad equivoci: fin dalla sua nascita ufficiale a Londra nel 1717 (per inciso: il 24 giugno, lo stesso giorno in cui la Chiesa celebra la festa di s. Giovanni Battista, sarà stata una coincidenza?), tutti i pontefici da Clemente XII (1730-1740) a Leone XIII (1878-1903) – con il quale viene completato il corpus magisteriale sulla libera-muratoria – denunciarono senza mezzi termini la totale inconciliabilità tra Chiesa e massoneria. Con due appendici importanti nel XX secolo: la prima, il 24 maggio 1917, quando Benedetto XVI promulga il Codice di Diritto Canonico che al canone 2335 prevede che coloro che si iscrivono alla massoneria incorrono “ipso facto nella scomunica simpliciter reservata alla Sede Apostolica”; la seconda, il 26 novembre 1983, quando l’allora Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, card. Ratzinger, firma una Dichiarazione approvata da s. Giovanni Paolo II, nella quale per mettere a tacere le voci secondo cui la mancata reiterazione della scomunica nel nuovo Codice di Diritto Canonico promulgato il 25 gennaio di quell’anno, poteva far pensare ad un cambio nel giudizio della Chiesa sulla massoneria, venne detto che restava “immutato il giudizio negativo della Chiesa nei riguardi delle associazioni massoniche, poiché i loro principi sono stati sempre considerati inconciliabili con la dottrina della Chiesa e perciò l’iscrizione a esse rimane proibita. I fedeli che appartengono alle associazioni massoniche sono in stato di peccato grave e non possono accedere alla Santa Comunione”. Un punto importante da sottolineare è che l’avversione della Chiesa nei confronti della massoneria deriva dalla lotta senza quartiere che la Chiesa fin dalle origini ha ingaggiato contro la gnosi. Detto altrimenti: la Chiesa combatte la massoneria perché combatte la gnosi, e perché la libera-muratoria è la forma moderna e contemporanea della gnosi. La quale gnosi – è bene specificarlo a costo di ribadire l’ovvio – è quanto di più radicalmente anticristiano ci possa essere dal momento che si fonda sulla tentazione, meglio sulla menzogna primordiale: “diventereste come Dio, conoscendo il bene e il male” (Gn 3,5). Ecco perché la Chiesa ha sempre combattuto contro ogni forma di accesso ad una conoscenza superiore e riservata a persone particolarmente intelligenti e dotate. Con la massoneria l’antico principio gnostico, nel frattempo “perfezionato” con Lutero e Bacone, trova la sua sistemazione filosofica con al centro l’idea di libertà: libera-muratoria, appunto. “Libertà – sottolinea Pellicciari – dalla Rivelazione e dal magistero. Libertà della ragione creatrice che si allena nei dibattiti di loggia: il razionale progetto che i fratelli elaborano è pertanto, così credono, scientifico, valido cioè, per dirla alla Kant, in modo universale e necessario”. Solo che, piccolo particolare, alla prova dei fatti il progetto dei liberi-muratori di costruire un mondo razionale ad immagine e somiglianza dell’uomo-Dio, si rivela il peggiore degli inferni sulla terra, come l’esperienza del “terrore” giacobino dimostra. Siccome tuttavia, Hegel docet, “se i fatti smentiscono le idee tanto peggio per i fatti”, ecco che anche a fronte del più colossale dei fallimenti non si fa marcia indietro, no; si fa avanti, semplicemente cambiando registro: via la ragione, sotto con il sentimento. “L’esaltazione del sentimento – dice Pellicciari – è infatti uno strumento efficacissimo per allontanare gli uomini da Dio e sradicare la convinzione che il peccato sia la causa di tutte le nostre sciagure. Il ricorso al sentimento è l’arma perfetta per smantellare la morale rivelata e spalancare la strada a tutte le passioni”. Sul punto, basta guardare a quanto accaduto nelle società occidentali nell’ultimo mezzo secolo per rendersi conto di come sia stato proprio battendo sul tasto del sentimento – “dove c’è amore c’è famiglia”, dice niente? – che le logge massoniche capillarmente acquartierate in tutte le stanze del potere hanno poco a poco favorito la diffusione di una cultura compiutamente anticristiana in tutti i gangli della società: mass media, internet, editoria, cinema, tv, musica, spettacolo, costume, diritto, ecc. La Chiesa, quanto meno per oltre un secolo e mezzo, non è stata certo silente. La seconda appendice al volume riporta il testo integrale di ben quindici dei principali interventi del magistero (otto dei quali soltanto sotto il pontificato di Pio IX e Leone XIII). Testimonianza tangibile di come e quanto la massoneria fosse ritenuta una questione della massima gravità, e più ancora del “gigantesco sforzo antignostico portato avanti in totale solitudine contro tutto e contro tutti dalla Chiesa cattolica e dai suoi papi. Fra il 1732 e il 1903 il magistero pontificio è straordinariamente profetico, umile e indefesso, mosso dall’amore per la verità teologica, filosofica e storica, il cui unico obiettivo è la difesa delle «ragioni di Dio» (per dirla con papa Wojtyla) e, quindi, dell’uomo. Ragioni che coincidono con quelle di Roma e dell’Italia”.
Quest’ultimo passaggio è importante perché ci consente di aggiungere un’ultima considerazione. Il libro di Angela Pellicciari è utile infatti non solo in chiave storica, ma anche e direi soprattutto, per fare chiarezza – tanto più necessaria alla luce della confusione che c’è in giro – e ribadire che in nessun modo l’essere cattolici è compatibile con l’appartenenza ad una realtà che in quanto gnostica è intrinsecamente anticristiana. Purtroppo non sempre è stato così, anzi. Come non lo è tuttora. Di casi di uomini di chiesa massoni ce ne sono stati e ce ne sono. Uno dei più noti è quello relativo a p. Rosario Esposito – citato nel libro della Pellicciari – il religioso paolino che nel 1983 calcolò in 586 le condanne antimassoniche comminate dalla Chiesa, e che nel 2006, un anno prima di morire, venne affiliato alla Gran Loggia d’Italia rendendo la notizia di dominio pubblico. Ben maggiore tuttavia fu la sorpresa, per usare un eufemismo, che destò l’articolo “Cari fratelli massoni” apparso il 14 febbraio 2016 sul Sole24Ore a firma del Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, card. Ravasi. In esso il cardinale citava “un interessante volumetto” che oltre alla Dichiarazione della Congregazione della Dottrina della Fede del 1983 e a due articoli di commento a quel testo, conteneva due documenti di altrettanti episcopati locali, tedesco e filippino, il cui messaggio nella sintesi del card. Ravasi era che bisognava “andar oltre «ostilità, oltraggi, pregiudizi» reciproci, perché «rispetto ai secoli passati sono migliorati e mutati il tono, il livello e il modo di manifestare le differenze» che pure continuano a permanere in modo netto”. Insomma se pure in passato vi furono “dichiarazioni di incompatibilità tra le due appartenenze alla Chiesa e alla massoneria”, queste tuttavia chiosava il card. Ravasi “non impediscono però il dialogo, come è esplicitamente affermato nel documento dei vescovi tedeschi”. Affermazione in realtà “curiosa”, notava proprio Angela Pellicciari sulla Nuova Bussola Quotidiana, “perché non c’è stato periodo storico in cui la Chiesa non sia stata aperta al confronto. E questo vale dall’inizio”. Di tutt’altro tenore invece l’apertura al dialogo della massoneria, la quale teorizzava “un tipo di dialogo particolare, funzionale alla scomparsa della verità cattolica”. Pellicciari chiudeva la sua critica rimarcando come “forse non sarebbe stato male, oltre alla citazione di un documento di una singola conferenza episcopale, fare qualche cenno al ricchissimo, sempre chiaro e netto magistero pontificio, magistero che mette puntualmente in evidenza anche il carattere satanico del progetto massonico”. La sensazione insomma era che quell’articolo puntasse ad uno scopo preciso, ossia che “il dialogo fra massoneria e Chiesa cattolica vada ufficializzato, superando la secolare frontale. Non sarebbe male se, per l’ennesima volta, la Santa Sede tornasse a pronunciarsi contro la massoneria”. Alle acute e puntuali note della Pellicciari si potrebbe aggiungere un altro aspetto, ossia il fatto che all’estensore dell’articolo forse sfuggì che nella dichiarazione firmata dal card. Ratzinger nel 1983 veniva espressamente indicato che “Non compete alle autorità ecclesiastiche locali di pronunciarsi sulla natura delle associazioni massoniche con un giudizio che implichi deroga a quanto sopra stabilito”; sta di fatto che com’era immaginabile, e come puntualmente avvenne, l’articolo suscitò l’immediata reazione del Grande Oriente d’Italia, che in una lettera del Gran Maestro Stefano Bisi inviata al giornale all’indomani del pezzo del card. Ravasi, espresse “attenzione e apprezzamento per quanto scritto dal Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura su alcuni valori comuni che, al di là delle posizioni e dei documenti ufficiali della Chiesa sulla Libera Muratoria, non impediscono un futuro pacifico dialogo fra le due Istituzioni”. Dialogo che in effetti ha visto in più occasioni (da Gubbio a Bolzano, da Pinerolo a Massa Marittima a Siracusa, ecc.) uomini di chiesa e massoni scambiarsi reciprocamente visite, partecipare ad eventi, ecc. L’ultima in ordine di tempo si è avuta a Terni il 27 settembre 2022 quando l’allora vescovo della diocesi umbra, Francesco Antonio Soddu presenziò all’inaugurazione della casa massonica cittadina. Non bisogna essere particolarmente esperti per rendersi conto che forse, dico forse qualcosa non torna. Tanto più che stiamo parlando di una realtà con dei connotati ben precisi, connotati che p. Rosario Stroscio, per mezzo secolo confessore di Madre Teresa di Calcutta, in un’intervista al Corriere della Sera di qualche anno fa definì senza mezzi termini: “il dio della massoneria è Lucifero”. Tanto è vero che le logge rifiutano Gesù Cristo, il Figlio di Dio, Dio fatto uomo, venerando di contro l’uomo-Dio. Che è quanto di più lontano possa esserci dal cristianesimo. Ne consegue che il presupposto perché si possa dialogare con la massoneria è rinunciare all’idea stessa di verità (la quale, vale la pena ribadirlo, è per sua natura divisiva e non inclusiva, come d’altra parte divisivo e non inclusivo è stato Cristo stesso, tant’è che l’hanno messo in croce). Anche no, grazie. Meglio piuttosto rinfrescarsi le idee leggendo il lavoro di Angela Pellicciari.
Luca Del Pozzo
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