Autore Topic: Quell’oblio di “figlicidi” che si nasconde dietro il femminismo  (Letto 728 volte)

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Offline Vicus

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Il 5 luglio scorso è apparso su la Repubblica un articolo intitolato “Figli uccisi dai genitori, 535 vittime in 20 anni: ecco il disegno di legge per proteggere i bambini da padri e madri violenti”. Lo spunto dell’articolo è stato dato dall’iniziativa di una senatrice del PD, Valeria Valente, di un disegno di legge volto a fornire una maggiore tutela ai bambini che potrebbero essere uccisi dai propri genitori. L’articolista comincia affermando che, nel nostro paese, «negli ultimi 20 anni, i casi di figlicidio sono stati 535, un numero impressionante. L’anno nero è stato il 2014, con 39. E solo dal 2020 ad oggi se ne contano già 31».

Quel che è interessante constatare è il risalto che si dà alle cifre. Anche un solo bambino ucciso è qualcosa di inaccettabile e non si può che concordare. Ciononostante, questo sembra il classico caso descritto dal celebre proverbio «quando il saggio indica la luna, lo stolto guarda il dito». Il perché è presto detto: in Italia, dal 1978, esiste una legge iniqua che consente alle madri di uccidere sistematicamente i propri figli senza che nessuno batta ciglio, per le più disparate motivazioni e con cifre che, a voler dare loro la medesima enfasi di cui sopra, sarebbero ben più che “impressionanti”. In poco più del doppio dell’arco temporale considerato nell’articolo, le vittime di aborto (un “figlicidio” precoce, a voler utilizzare gli stessi termini) non si limitano a qualche centinaio, ma a ben 6.107.110. Il rapporto è schiacciante anche volendo prendere in considerazione solo gli ultimi vent’anni di applicazione della 194: secondo le cifre ufficiali riportate dal Ministero della Salute, sono stati eliminati 2.161.810 bambini dal 2001 al 2020.

Più avanti, l’articolo si cimenta in una statistica, priva di fonte, nella quale si asserisce che «l’87% dei responsabili dei figlicidi è costituito da uomini, essenzialmente padri, e la quasi totalità è italiana. Il 13% è imputabile alle madri, le cui motivazioni sono quasi tutte riconducibili a situazioni di violenza/sofferenza o di pericolo, in molti casi più volte denunciate e non considerate. Il figlicidio paterno rappresenta invece quasi sempre una vendetta trasversale di uomini contro le proprie ex».

In questo inciso si utilizza qualche elemento di verità per sottintendere il solito falso assunto, di matrice femminista, che la donna è sempre giustificata nei propri atti, di qualunque natura essi siano, mentre l’uomo è sempre esecrabile. La tesi che qui si vuol portare avanti è, invece, un’altra: l’omicidio è sempre esecrabile, chiunque lo compia, in quanto deliberata soppressione di un essere umano innocente. Esso può avere diverse forme, a seconda dei contesti e delle vittime, ma la sostanza rimane la stessa e l’aborto non fa eccezione. In questo caso la vittima è il concepito nel grembo materno e l’autore del delitto è duplice: da un lato la donna, che sancisce la condanna a morte del figlio e dall’altro il medico che esegue materialmente il delitto.

Esiste una corrente di pensiero, dalla quale non è esente nemmeno il mondo cattolico e pro-life, che rispecchia l’assunto di fondo dell’articolista de la Repubblica e sulla quale val la pena di soffermarsi: quell’idea che, infondo, la donna sia naturalmente e costitutivamente buona e che ciò si rifletta su qualunque atto essa compia, foss’anche l’uccisione del figlio. Eppure, le reazioni indignate a recenti fatti di cronaca nera su madri che hanno ucciso i propri figli danno il termometro di come le persone percepiscano, in fondo, quanto questa idea sia lontana dalla realtà. La verità è più forte dell’ideologia. Ciononostante, è necessario ribadire tale verità, facendoci aiutare dalla chiarezza del compianto prof. Mario Palmaro, autore del libro Aborto & 194 (Sugarco, Milano, 2008). In un capitolo, espressamente dedicato a questo tema, egli affermava che l’aborto non può riguardare solo le donne, perché (a) nel concepimento concorrono sempre un uomo e una donna, padre e madre del concepito e (b) quest’ultimo è, con una frequenza di circa il 50%, maschio o femmina. L’idea secondo cui dell’aborto possono parlare solo delle donne fa capo ad un atteggiamento pregiudiziale «eguale e contrario ad una visione grettamente maschilista della realtà, in base al quale “le-donne-sono-brave-e-rendono-sempre-migliore-il-mondo”. Ora, non c’è nulla di più grottesco di una rappresentazione così dissennatamente manichea della realtà. L’esperienza concreta dimostra che vizi e virtù, pregi e difetti, talenti e incapacità si distribuiscono con eguale impegno tra universo maschile e universo femminile» (p. 116).

Continuava il prof. Palmaro, affermando che «la storia è piena di donne straordinariamente buone ed efficienti; e di donne straordinariamente malvagie e incapaci. Questa evidenza era però di ostacolo all’affermazione del principio di autodeterminazione nel campo dell’aborto: se infatti la donna si porta dentro le inclinazioni cattive che ogni uomo conosce bene, allora non si può postulare una sua condizione “angelicata”, “naturaliter buona”, che in qualche modo la rende giudice insospettabile nella tragica decisione di sopprimere o meno il proprio figlio» (p. 117).

Uomo e donna sono esseri morali con gli stessi limiti e gli stessi pregi. È proprio questa asserzione che l’abortismo doveva distruggere e lo ha fatto «cavalcando quella lettura di impronta marxista che il femminismo ha abilmente assunto: da una parte, il maschio oppressore al posto del capitalista sfruttatore; dall’altra, la donna sottomessa in luogo del proletario sfruttato. Il femminismo si pose come via di liberazione da questa schiavitù, e l’aborto legale fu assunto come simbolo di questo movimento rivoluzionario». Se si accetta la logica del “diritto di vita e di morte” del concepito in capo alla madre, senza minimamente ricordare che tale “scelta” non esiste, e se non si osa sfiorare la 194 “nemmeno con un petalo”, le cifre di cui sopra saranno inevitabilmente destinate ad ampliarsi e non vi sarà articolo o disegno di legge che possa porre un argine ad una tale ecatombe di innocenti.

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Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto.