Veramente il divieto dei funerali esisterebbe ancora. Ecco cosa dice il Catechismo:
Il suicidio contraddice la naturale inclinazione dell'essere umano a conservare e a perpetuare la propria vita.
Non necessariamente, tanti si uccidono per leggerezza e per capriccio, per sfidare la sorte
Capisco che le morti avvenute stupidamente per sfidare la sorte siano da condannare. Io stesso, quando vedo ad esempio gente correre con la motocicletta come dannati, dico sempre "ma se morisse andando a sbattere da qualche parte, chi proverebbe dispiacere per un cretino simile?". Quindi ti capisco.
Però non sono d'accordo sulla condanna del suicidio. L'errore logico, a mio parere, è nel pensare che il fare del male a sè stessi, avvenga
con lo stesso grado di lucidità del fare del male al prossimo. L'errore è tutto qui. Ed è un errore molto palese, secondo me.
La paura della morte, che è presente in tutti gli esseri viventi senzienti, è talmente grande ed intensa, che impone la presenza di una forza contraria altrettanto imponente, che la superi. E questa forza è la disperazione assoluta, la distruzione assoluta della mente e del suo libero arbitrio (ammesso che prima ci fosse) Non ci si uccide per divertimento. Non è facile non avere paura della morte,
SPECIE, se NON si è credenti. Paradossalmente forse proprio chi crede nella vita dopo la morte, riesce a porre fine a questa esistenza.
Ma il punto centrale, che molti ignorano, è che non è possibile che il suicidio avvenga
con identico grado di lucidità di ogni altra azione dannosa. Per questa ragione, il suicidio non può essere giudicato con gli stessi criteri. Quell'uomo era ormai spacciato (sia quello del post, come anche la storia che ho raccontato), e nessuno, forse nemmeno uno psicologo, avrebbe ormai potuto salvarlo.
Era come un malato terminale. Era già stato ucciso, ben prima. Avrà resistito con tutto sè stesso alla sofferenza e alla "forza" malefica che lo induceva a suicidarsi. Avrà lottato fino all'ultimo, (CON I MEZZI CHE AVEVA A DISPOSIZIONE PER COMPRENDERE), proprio come lotta un malato terminale. Finchè, un bel giorno, non ce l'ha fatta più. Credo che il dare per scontato il totale libero arbitrio in una persona che si suicida (come purtroppo molti fanno), riveli poca empatia, ma anche poca conoscenza delle dinamiche psicologiche complesse che si innescano in casi come questi.
Il libero arbitrio FORSE lo aveva prima, molto prima. Nelle prime fasi di conoscenza con questa donna, ai primi segnali di tossicità, avrebbe dovuto e potuto allontanarsene, quando ancora era libero di scegliere e la mente non era ancora ammalata. E nemmeno possiamo esserne sicuri. Il libero arbitrio, come minimo, è una lotta interiore, come una guerra.
Quella che molti, secondo me, superficialmente chiamano "scelta", è invece SEMPRE il risultato di questa atroce guerra interiore all'ultimo sangue.Comunque se di fronte a tutte queste dinamiche difficili e complesse, si preferisce girarsi dall'altra parte e dire che molto semplicemente lui ha "scelto", allora niente... Amen. Più che provare a spiegare e dimostrare, non si può fare. Spesso è una questione di percezione. Vediamo solo ciò che vogliamo vedere. Sicuramente vale anche per me.