Massimo affonderà i denti ma la verità non si può tacere:
E’ la fede dei cattolici come l’araba fenice: che vi sia ognun lo dice, dove sia nessun lo sa. Ce la caviamo con la perifrasi di un verso di Pietro Metastasio, prendendo atto di un
ampio sondaggio realizzato tra gli italiani che si dichiarano cattolici dal mensile Il Timone.
La minoranza che va ancora a Messa non si confessa quasi mai, ignora cosa siano eucaristia e peccato, approva aborto, contraccezione e matrimonio omosessuale. Sui fondamenti regna il caos: così conclude la sconfortata copertina del giornale.
(di Roberto Pecchioli) #ideeazione
https://telegra.ph/La-Caporetto-dei-cattolici-08-11La Caporetto dei cattoliciPreoccupante davvero anche per chi è un semplice osservatore credente delle cose di chiesa.
La Caporetto della fede e dei tramontati “principi non negoziabili” è impressionante, tenuto conto che le idee rilevate non riguardano i semplici battezzati, ma i praticanti, coloro che partecipano ai riti, ricevono i sacramenti,
appartengono alla galassia associativa e culturale chiamata mondo cattolico [ora mi è finalmente chiaro perché succedono certe cose]. I cui membri – ma forse si tratta di
quelli che il cardinale Biffi definiva “praticanti non credenti”- pensano più o meno come la cultura dominante antireligiosa.
Impressiona lo scarto tra la dottrina di sempre e le condotte concrete. Fa sorridere il confronto con quanto Gesù disse ai discepoli: non siete del mondo ma vi ho scelto io dal mondo. La città dell’uomo non assomiglia più alla città di Dio. Lo stesso riferimento a un creatore sembra allontanarsi dalla sensibilità dei “fedeli”- a che cosa?- e
Gesù Cristo troppo spesso è una scusa per parlare d’altro.
Le recenti Giornate Mondiali della Gioventù di Lisbona ne sono state un esempio. Paroloni, canti, ambientalismo, ecoansia: il cattolicesimo ridotto a corrente green che riflette sulla Madre Terra ma non sul Padre Eterno.
Il prelato portoghese organizzatore assicura di non “voler fare proselitismo” ; quando credevano in Dio lo chiamavano apostolato, ma così suona la campana a morto anche per l’organizzazione, l’edificio concreto, mondano della Chiesa.
Senza proseliti si chiude bottega, salta la “persistenza degli aggregati” (V. Pareto), la tendenza umana a conservare le organizzazioni.
Segni dei tempi; viene da voglia di chiuderla lì: fatti loro. Invece no, poiché dello spirito italiano, delle idee, dei costumi, del modo di essere della nostra gente il cattolicesimo è stato il massimo ispiratore, nel bene e nel male.
Il crollo è verticale ma non stupisce affatto. A Lisbona le ostie consacrate per l’eucaristia sono state abbandonate in casse di plastica. Per chi non conosce i fondamenti della dottrina, quelle ostie, consacrate dal sacerdote, sono il corpo e il sangue di Gesù Cristo. O almeno, lo sarebbero se i praticanti ne conoscessero il significato.
Secondo il sondaggio, metà dei cattolici ritiene che si tratti unicamente di un simbolo e un altro quindici per cento le considera “ una particolare ostia che ricorda il pane dell’ultima cena”. Meno di un terzo è convinto che siano “ il reale corpo di Cristo” [frutti del rito moderno inquinato da elementi prtestanti?].
Diventa difficile capire in che cosa credano, nell’anno del Signore 2023, i cattolici italiani, se non sanno che cosa è l’eucaristia e se un dieci per cento pensa che Gesù sia stato solo un uomo ispirato da Dio o addirittura un mito. La pensano su quasi tutto come vuole il pensiero dominante irreligioso,
tanto che riesce difficile definire la nozione stessa di cattolico.
Il Timone interroga numerosi sacerdoti e teologi, le cui risposte sono deludenti, involute, incomprensibili a chi non abbia dimestichezza con il “clericalese”, la lingua di legno dei preti. Uno chiede di “ripartire dall’incontro”, un altro, rassegnato, propone di non preoccuparsi della fede degli altri, ma della propria, toccando, senza saperlo, il nervo scoperto, indicibile: la crisi vera, il dramma è la perdita della fede. Il tradimento dei chierici, uno solo dei quali mette il dito nella piaga: “ ci vuole una Chiesa che vada contro il pensiero dominante senza temere che ci vengano tolti dei privilegi, perché tanto ci verranno tolti comunque”.
E’ proprio così: la mentalità moderna non fa prigionieri, è un virus letale che ha infettato la nave di Pietro e i suoi reggitori.
Lo intuì Paolo VI quando disse – nel 1972- che “da qualche fessura è penetrato dalla Chiesa il fumo di Satana.” Non di fenditure si trattava, ma di portoni spalancati, come sperimentò nell’accoglienza durissima riservata da molti settori ecclesiali alla Humanae Vitae, l’enciclica che ribadiva dopo il concilio la dottrina - deposito della fede- relativa all’etica familiare e alla procreazione.
Le prese di posizione di allora di teologi, preti e intellettuali sono venute a maturazione.
I cattolici- e i loro pastori- hanno adottato il pensiero materialista e relativista. Inseguire il mondo sul suo terreno non porta da nessuna parte, se non a svuotare chiese e seminari e chiamare proselitismo la trasmissione della fede e della dottrina due volte millenaria.
La gente sceglierà sempre l’originale alla (brutta) copia, ponendo la domanda fatidica: se non ci credono loro, perché dovrei crederci io? Oppure seguirà la corrente,
si trascinerà la domenica in chiesa senza credere una parola di omelie stanche da cui è assente la parola Dio e vivrà come le viene più comodo.
Bergoglio parla di chiesa in uscita: vero, esce da se stessa per infilarsi nel vicolo cieco cercando un ruolo, una poltroncina di ultima fila nel grande spettacolo della postmodernità.
Che avesse ragione Thomas Stearns Eliot nei Cori della Rocca a chiedersi se è il popolo ad aver abbandonato la Chiesa, o è la Chiesa ad avere abbandonato la sua gente? Ci vogliono meno chiese e più osterie, esclama un suo personaggio : l’obiettivo è raggiunto. La pandemia ha visto templi sbarrati e igienizzante al posto dell’acqua santa. Perché proprio io devo vivere come dicono i preti, se gli esempi che danno, nell’etica personale, nella vita intima, nella ricerca dei beni mondani, sono quelli che la cronaca mostra con sconcertante frequenza?
Non possiamo stupirci se
i cattolici pensano come gli atei e gli indifferenti: il 44 per cento ritiene l’aborto un diritto – non una scelta o una possibilità, proprio un diritto- approva al 42 per cento le nozze omosessuali e il 18 per cento è indifferente.
Persino la pratica dell’utero in affitto ha circa un quarto di sostenitori cattolici, unito a un robusto quindici per cento che non si pronuncia. Divorzio e contraccezione sono accolti a larghissima maggioranza. I principi non negoziabili difesi da papa Benedetto XVI sono saltati nel cuore di chi dichiara cattolico.
Una disfatta etica, prova della crisi drammatica della fede, mitigata, in parte, dal fatto che i credenti continuano a credere nell’esistenza del diavolo ( il male) e dell’inferno. Viene da domandarsi in che cosa consista oggi la cattolicità, svuotata di contenuto etico e quale sia, per i credenti, il “kerigma”, il nucleo della fede che affermano di praticare.
Una prova dell’eclissi della fede sono state le recenti Giornate Mondiali della Gioventù. Ridicolo il titolo di Vatican News, agenzia di stampa ufficiale: nessun accenno alla valenza spirituale dell’evento, sottolineatura sul fatto che Bergoglio avrebbe raggiunto Lisbona su un aereo a “ zero emissioni CO2”. Falso in quanto impossibile.
Hanno discettato di ambiente e di salvaguardia del pianeta, per nulla di famiglia e di apertura all’accoglienza dei figli.
L’impressione è che per molti partecipanti le GMG siano state soprattutto una bella vacanza, un modo per incontrare persone e fare esperienze. Giusto, ma qual è la differenza con altri raduni giovanili, quale la specificità cattolica, quali i principi veicolati, al di là di un generico umanitarismo o della richiesta ingenua di un “mondo migliore”, magari perché meno inquinato?
Possibile che la chiesa non abbia nulla da dire su temi come la disponibilità della vita umana, sulla scienza e la tecnica “ superumana, pensata come
dominio e controllo totale su masse di individui ridotti a cavie” (E. Capozzi), sul
biopotere che è
radicale negazione dell’idea cristiana di sacralità dell’essere umano? Il fatto è che bisogna crederci e i credenti sono disorientati sino a imboccare il sentiero del nemico.
Senza il soccorso della dottrina, la fede diventa esile, diafana. I “nuovi cattolici” dicono con sorriso stereotipato e ottimismo insensato che occorre privilegiare la “ profezia” sul deposito della fede, ovvero inseguire il mondo. Mezzo secolo di sconfitte hanno condotto all’irrilevanza e al trasbordo verso i principi altrui, come mostra il sondaggio del Timone.
Un terzo dei cattolici non obietta neppure sull’adozione a coppie omosessuali e un quarto non vede problemi nell’utero in affitto, unito all’incredibile quindici per cento di disinteressati a questi temi. Ci vogliono ortodossi come i due Alexsandr, Dugin e Solzhenitsyn, per riconoscere che
la contemporaneità occidentale è nemica di Dio e dello spirito.
L’unica voce davvero potente a commento del dirompente sondaggio è
il vescovo Giampaolo Crepaldi, che parla di “fede liquida”, di accettazione della secolarizzazione, di rimozione della legge naturale dall’orizzonte cattolico, in sintonia con Benedetto XVI che denunciava il “
collasso della teologia morale cattolica”. Quella rimozione ha eliminato la nozione di diritto naturale e di legge morale naturale., facendo perdere l’idea che sia possibile conoscere la natura e l’ordine dei principi etici. All’obiezione che la fede non è un’etica, Crepaldi risponde che il cristianesimo “ ha “ un’etica. Il problema- immenso- è che non viene più trasmessa, insegnata, rivendicata, con le conseguenze che vediamo. Per giudicare la realtà occorrono i criteri, ma la chiesa non è più capace di fornirli.
La nostra conclusione – che Crepaldi non può condividere per dovere d’ufficio – è che i pastori non credono più nell’etica e dei principi cattolici. Perduti i criteri di giudizio, le persone sono privati del discernimento finendo per accettare l’inaccettabile. Per di più,
legioni di spericolati “novatori”, “ anziché confermare i fedeli nella verità, seminano il dubbio, creano incertezze e disorientamento”. Il richiamo al dialogo diventa un alibi a giustificazione dell’inazione, del silenzio o dell’acquiescenza. Davanti a leggi ingiuste, a principi morali invertiti non ci si può limitare alla discussione, poiché “ la moralità non si fonda sull’esito di un dibattito pubblico”.
La religione chiama all’eterno, non al contingente: non può cambiare opinione su tutto o contraddire l’insegnamento di sempre. Disorientare significa gettare il popolo di Dio in braccia ai suoi nemici. L’inferno, disse una volta Bergoglio, è vuoto, per la misericordia di Dio. Se così fosse, non avrebbe senso distinguere il bene dal male. E’ ciò che sta accadendo ai credenti, per colpa di
pastori che abbandonano ai lupi o sottovalutano la gigantesca portata delle sfide antropologiche, esistenziali, etiche, spirituali in atto.
Hanno compiuto, mezzo secolo fa, la scelta antropologica”. Allora difendano l’uomo: dai pessimi maestri, dal male capovolto in bene, da se stesso. Altrimenti avrà avuto risposta la domanda di Gesù stesso nel Vangelo di Luca : “ma il Figlio dell'uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?
E’ la notte di san Lorenzo dei cattolici, quella delle stelle cadenti.
https://www.maurizioblondet.it/il-trionfo-del-concilio-meta-dei-praticanti-definiscono-laborto-un-diritto/