Giulia: funerali show
Ieri l’altro, 5 dicembre, sono stati officiati i funerali della povera Giulia Cecchettin, praticamente a reti unificate, con evidenza maggiore che a un funerale di Stato. Personalmente sono rimasto sconvolto da questa inaudita spettacolarizzazione del dolore esposto in tutte le salse esclusa quella del raccoglimento e della preghiera.
Che fosse solo uno spettacolo lo si era capito dall’invito preventivo del padre di Giulia a presenziare alle esequie a Padova, seguito alla sconcertante dichiarazione che la famiglia si è “sacrificata” a condividere pubblicamente il proprio dolore perchè “Giulia è di tutti” ed altre simili amenità. Finora si era invitati ad una festa, un matrimonio, un battesimo, un compleanno ….. ma i tempi cambiano.
Io mi sarei chiuso in me stesso, cercando di parlare con chi non c’è più, con i figli rimasti, per consolare ed essere consolato, con il Padreterno per chiederGli perchè si è ripreso così una giovane vita, (sapendo che la risposta la comprenderemo, forse, quando anche noi attraverseremo l’eternità), con la Mamma che la attendeva dall’altra parte.
Avrei mandato a quel paese Rai, Mediaset, giornalisti e giornalai,politici ed avvoltoi vari assetati di sangue da esibire per confermare l’invenzione del “Patriarcato” che sarebbe all’origine della sua morte.
Semmai avrei abbaiato, inutilmente, contro la fine del presunto patriarcato, perchè se il patriarcato ci fosse ancora ci sarebbero i valori che lo hanno sorretto per millenni, perchè il “patriarca” era autorevole prima di essere autoritario, era riconosciuto dalla comunità come la guida e non come il tiranno di turno, perchè con un “patriarca” queste cose non sarebbero accadute, perchè con una società ordinata e gararchicamente accettata si è sviluppata la civiltà molto prima dell’avvento di Cristo e della Chiesa. Oggi che i patriarchi non ci sono più è terminata anche la civiltà.
Ma torniamo ai funerali spettacolo di ieri, preparati e pianificati come fossero una finale di Champions League.
Non solo riunioni in prefettura, blocco della città, antiterrorismo in azione e quant’altro di inusitato si possa ipotizzare.
C’è stata anche, con due giorni di anticipo, la conta preventiva dei partecipanti: 10.000.
E se si sbandiera una cifra è perchè si attende che sia il minimo sindacale, aspettandone almeno il doppio per essere certi che lo “spettacolo” abbia avuto successo.
Nonostante la mobilitazione mediatica, i giornalisti hanno confermato i 10.000. Le cifre ufficiali, mi sembra, parlino di 7.000. A mio parere, dalle immagini televisive e conoscendo Prato della Valle, i partecipanti non erano più di 5.000.
Lasciamo anche stare il gusto sadico e finora inedito di salutare la salma con i campanacci, i campanellini o facendo tintinnare le chiavi di casa. Finora ci si limitava agli applausi ed ai palloncini. Spero non sia nata una nuova orrenda moda da imitare ed amplificare.
Del resto lo spettacolo è spettacolo ed occorre stupire.
Anche la regia televisiva era adeguata allo scopo. Poche immagini, ma prese dall’angolazione giusta, per simulare una piazza gremita, sullo stile di Piazza San Pietro semivuota, ma spacciata per strapiena. La sorella aggrappata al braccio del padre, il fratello accantonato quasi fosse un estraneo, i politici con la faccia di rito ed altre simili amenità.
Almeno sarebbe stato opportuno che il regista fosse cattolico o avesse una conoscenza, anche superficiale, del rito che finora è conosciuto come Santa Messa. Per dirne solo una, al momento della consacrazione, invece dell’elevazione della Sacra Particola, i regista ha inquadrato la croce sull’altare per poi allargare l’immagine e riprendere il Vescovo quando l’Ostia era già deposta. All’elevazione del calice le immagini erano sulla famiglia e poi sul pubblico. Qualcuno avrebbe anche potuto suggerire a regista ed operatori che quelli sono i due punti cruciali e non c’è immagine più sublime di Gesù innalzato sull’altare in Corpo e Sangue, Anima e Divinità, in questo caso anche ad accarezzare ed accompagnare la povera Giulia che veniva benedetta e salutata per salire a cielo insieme al Re dei Re.
A parte queste considerazioni, certo non secondarie, mi chiedo (ma sò bene che è una domanda retorica), perchè questa esposizione mediaiica per Giulia. Le altre vittime di quello che, con termine orrendo, chiamano “femminicidio” non avevano diritto ad analoga attenzione ? Le altre donne sono vittime di serie B ? Valgono di meno ? Anche qualcuna tagliata a pezzi e messa in valigia ? Sono meno funzionali al messaggio, politicamente interessato, da trasmettere a reti unificate ?
La strumentalizzazione di una ragazza morta può arrivare a tanto ?
Si. Lo abbiamo visto.
Può arrivare a tanto ed anche oltre se si è riusciti a tirare in ballo, nel furore assassino di un ragazzo immaturo che dovrebbe essere un uomo, non solo il Governo (il Governo ?), ma anche lo Stato (lo Stato ?) come nullafacente per contrastare la violenza contro le donne, per contrastare il rigurgito patriarcale madre (scusate il bisticcio) di tutte le violenze.
Tralascio volutamente tutte le incongruenze che vedo in questo caso anomalo da qualunque angolazione lo si guardi:
Telecamere che riprendono a centinaia di metri di distanza sagome indistinte (il Corrierone ha diffuso disegni visto che le immagini non facevano vedere nulla) eppure riescono ad identificare i due. Filippo che carica sull’auto il corpo di Giulia e poi fa 140 Kilometri per nasconderlo. Un cane superaddestrato che riesce a trovare il cadavere in un battibaleno quando per la povera Gambirasio torme di segugi “molecolari” hanno fallito per intere settimane. Filippo ritrovato i Germania fermo a bordo strada senza benzina, ma con 200 Euro in contanti. L’auto che, come sembra, non ha tracce di sangue nonostante le coltellate inflitte alla povera Giulia. L’autopsia eseguita a distanza di settimane dal ritrovamento, ma subito divulgata nei particolari più raccapriccianti. L’auto che rimane tuttora in germania mentre Filippo è già da diversi giorni in un carcere italiano. La sorella (lasciamo stare i simboli satanisti e amenità analoghe) che prima di subito anaugura la stagione di caccia al patriarcato. Tutti i media che da settimane dibattono H24 in merito con titoloni in prima pagina ed apertura dei telegionali, relegando ad accessorie le stragi della striscia di Gaza ed altre secondarie notizie, mentre l’Ucraina è già uscita da tempo dai radar mediatici.
Di meglio si era fatto solo ai tempi del COVID, ma c’è tempo per recuperare, visto che senza dubbio siamo solo agli inizi ed ogni sospiro di Filippo, ogni singulto di Elena (la sorella di Giulia), ogni dichiarazione del padre, ogni atto giudiziario saranno motivi ottimi per rinfrescarci la memoria e proseguire nella strumentalizzazione ideologica.
Il mio pensiero va anche a Filippo ed alla sua famiglia che ritengo fra le vittime dell’assassinio di Giulia. Soprattutto il padre che continua a chiedersi, con riservatezza, dove ha sbagliato nell’educazione del figlio descritto come un ragazzo “normale”. Una famiglia che ha avuto timore ad andare a trovare il figlio rientrato in manette in Italia, pur nella cosapevolezza di dovergli stare vicino. Forse la risposta è che spesso si può sbagliare per troppo amore. Si può sbagliare nel non voler dire “NO”, nell’evitare i conflitti, nel cercare di evitare ai figli il confronto con la realtà, con i sacrifici e con le possibili sconfitte. Riflettevo su una frase, non mi ricordo di chi, che la scalata di una vetta, come della vita, presuppone anche un fallimento, una caduta, forse anche la morte, altrimenti è solo un comodo pic nic in montagna.
La povera Giulia è tornata nella casa del Padre. I parenti, padre, sorella e fratello, metabolizzeranno il dolore quando riusciranno ad allontanarsi dallo show mediatico, ma la famiglia di Filippo sarà quella che ne porterà il peso per sempre insieme a Filippo stesso, quando anche lui metabolizzerà realmente il male che ha fatto.
Spero che su tutta questa storia cali il silenzio, lasciando che i giudici terreni siano messi in condizione di giudicare senza preconcetti, influenze o intralci. Sò già, però, che le mie speranze sono molto mal riposte.
Vincenzo Fedele