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Sul Natale “copiato” da Sol Invictus

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Vicus:
… e miti pagani, Horus, Mitra, Krishna, Dioniso… culto del sole
Francesco Raiola

Il Natale è fatto storico comprovato dalla serie sacerdotale che risale a Zaccaria padre del Battista; rinvenimenti nelle grotte Essene di Qumran confermano la tesi sostenuta anche da studiosi ebrei.

Tuttavia sarebbe sciocco e non veritiero negare le analogie ad extra presenti in questo Evento; la spiegazione di tali elementi è molto semplice: non si tratta di truffa, raggiri o artifizi vari volti all’ipnosi ingannevole del popolo.

Nel Natale (succede anche per la Pasqua) opera tutto il simbolismo antropologico universalmente diffuso in ogni credo: la dicotomia luce/tenebre-morte/rinascita. La differenza radicale con il mito pagano (e i racconti mitologici in genere che si riferiscono a tale simbologia) è radicata nella storicizzazione concreta dell’archetipo; si realizza nella storia! nel Solstizio “Sol Stat”: il sorgere del sole è per 3 giorni nello stesso punto (richiamo e preludio della permanenza nel Sepolcro prima della Resurrezione); le tenebre assaltano la terra fino ad invaderla del massimo di oscurità, per poi cedere inevitabilmente alla luce… essa illumina la grotta di Betlemme come la fede il cuore, luogo dell’incontro… infatti nella Scrittura cuore è lev (לֵ֣ב), formato da lamed=bastone di sapienza/insegnamento e bet=casa; “il regno di Dio è dentro di voi” ἡ βασιλεία τοῦ θεοῦ ἐντὸς ὑμῶν ἐστιν, – dove il termine ἐντὸς significa “dentro”, non in mezzo (traduzione corrotta da buonismo-proletario); ciò che è dentro è necessariamente anche “in mezzo”, ciò che solo è “in mezzo”, può invece costituire un impiccio (come il mercoledì; che è il quarto giorno, non il terzo; già, domenica, il primo) – nel cuore alberga l’insegnamento divino, la lamed è la lettera che dall’alto scende verso il basso; Dio istruisce e guida il popolo nella bet, casa, cuore! Incarnandosi.

La luce illustra il cammino, essa indica la via, come ai magi; cometa in cielo, segno del soprannaturale che irrompe nella storia

… essa scende, prende carne… in Ναζαρέτ, Nazaret da נצרת‎, natzàr, germoglio (dove tutto inizia: Incarnazione), per nascere in בֵּיִת לֶחֶם. BetLekhèm, Betlemme, casa del pane… Incarnazione e sacrificio eucaristico in nuce, perchè l’Incarnazione si perpetua nella SS.ma Eucaristia.

Gli eventi della natura sono disegnati per l’uomo; esso costituisce l’apice del creato; nessuna sorpresa se i ritmi del cosmo abbiano a che fare con la sua esistenza non soltanto biologica, ma anche spirituale; il sole che cresce è la grazia del Messia dopo le tenebre del peccato; la natura che rinasce in primavera è il risorgere della vita da morte. Questi elementi antropologici vivono in ogni tradizione perché sono costitutivi del’essere umano; intuiti o residuali dell’antica rivelazione primordiale in Adamo, tramite Noè pervenuti fino a noi; sono la prova dell’oggettività della genetica spirituale.

In quest’ottica le analogie o le millantate o presunte scopiazzature dei cristiani dalle tradizioni pagane trovano un senso diverso; vanno comunque ridimensionate, perché di fatto e secondo verità, tali somiglianze non sono poi così marcate.

Il cristianesimo avrebbe copiato le modalità della nascita di Gesù, sia nella data, 25 dicembre sia nella caratteristiche di essa e della sua successiva vita pubblica (nascita da una vergine… discepoli… pasto sacro… ecc).

Mitra, Horus, Krishna, Dioniso sono i nomi più noti di tale presunto plagio.

… in realtà: Mitra nasce già ragazzo da una roccia vergine (non da una vergine!!); non ha discepoli (vi è solo una raffigurazione con 12 persone intorno all’evento dell’uccisione del toro, nulla più!); la nascita, il 25 dicembre dipende proprio dal Sol invictus (simbologia universale di cui sopra!).

Inoltre, i particolari della storia di Mitra sono successivi ai Vangeli… quindi forse è stato il mitraismo a copiare da essi…

Horus non nasce da una vergine ma dal rapporto incestuoso e necrofilo Iside/Osiride, simbolo della fertilità della natura in decomposizione; ci possiamo fermare qui.

Krishna era l’ottavo figlio, nessuna vergine quindi e nessuna stella cometa alla nascita…

Dioniso invece è figlio di una delle molte amanti di Zeus… unico parallelismo… il riferimento al vino.

In ogni caso, non abbiamo mai un Salvatore che prende carne e si offre in Croce; c’è sempre un distacco ontologico invalicabile; il divino pagano non entra nella sfera dell’uomo fino a soffrirne ogni patimento. “La mia anima è triste fino alla morte”, dice Gesù; questo perché il dolore, prettamente e solamente umano… che solo un Dio incarnato può provare davvero, nella sua umanità.

https://www.maurizioblondet.it/sul-natale-copiato-da-sol-invictus/

Massimo:
Oggi, a partire dai tempi dell'imperatore Aureliano si celebra il Dies Natalis Solis Invicti. Aureliano la impose come festa nel 275 E.V.  e la Chiesa la scopiazzò come data (inventata) della nascita di Cristo. Giovanni Battista, citato da Vicus, naque in primavera, secondo le fonti rabbiniche. Cristo nacque sei mesi dopo, quindi in autunno, non all'inizio dell'inverno, quando nessun pastore a Betlemme e dintorni sano di mente porta le sue pecore a pascolare per soffrire di freddo. Le greggi sono già al riparo da un mese e mezzo prima, in Palestina e non solo in Europa. Il 25 Dicembre nasce Mithra, caro Vicus, non Gesù Cristo il quale MAI comandò di celebrare la data della sua nascita ma ricordare bensì la data della sua morte che invece è chiaramente identificabile: 1° Aprile del 33 E.V. In virtù della morte di Cristo si riscatta così l'umanità. Chiaramente, Gesù dovette prima nascere per potersi sacrificare poi per l'umanità ma questo non autorizza ad istituire la festa "cristiana" del Natale. Blondet si dimentica di dire (ignoro se non lo sa o non lo vuole dire) che anche Odino si è fatto impalare per avere in cambio la conoscenza. Gesù NON CERCO' invece il martirio. Ma non lo evitò. LO affrontò. Furono ALTRI a farlo morire. Tuttavia LUI NON COMANDO' di celebrare il Natale. Perchè non si conosce la data esatta della sua nascita? Perchè non è importante: lo è la sua morte.

Vicus:
Premesso che la fede cattolica, come giustamente dici, si basa sulla Redenzione non sulla data del Natale che non è mai stata un dogma, sentiamo un altro parere, basato sulle ricerche di uno studioso ebreo, non sospettabile di voler forzare la data del 25 dicembre:

Oggi, anche grazie ai documenti di Qumran, è possibile affermare che Cristo nacque realmente un 25 dicembre
Luca Del Pozzo

Padre Antonio Spadaro, intervenendo sul Fatto quotidiano dell’1 dicembre a proposito della Messa di Natale, osserva che ciò che conta a livello simbolico non è «l’orario esatto – che sia la mezzanotte o qualunque altra ora – ma il fatto che si celebri quando non c’è luce, quando è buio. E questo proprio per rendere evidente il senso simbolico della festa. Tuttavia la Messa non è la “Messa di mezzanotte”, ma “della notte”. Se si comprende il ragionamento, si comprende pure che la celebrazione della notte che dovesse svolgersi quando è buio, ma in un orario precedente alla mezzanotte, non fa di certo “nascere” Gesù in anticipo».

Tutto giusto. A patto però di non ridurre la celebrazione del Natale ad un qualcosa di meramente simbolico. E questo perché con buona pace del “fastidio” di san Clemente Alessandrino citato in apertura da padre Spadaro, oggi possiamo affermare che la festa, anzi la solennità del Natale ha un fondamento storico sicuro. Che poi questo al semplice credente importi poco o nulla ai fini di ciò che il Natale significa, può anche essere. Ma, intanto, è tutto da dimostrare che le cose stiano effettivamente così; inoltre, e cosa più importante, in questa come in altre occasioni bisogna fare attenzione a maneggiare con estrema cura la materia del contendere onde evitare di far passare il messaggio – caro a certa esegesi che fin troppi danni ha fatto avendo voluto distinguere tra il “Gesù della storia” e il “Cristo della fede” – che il cristianesimo sia ultimamente basato sull’aria fritta, che non non abbia cioè alcun fondamento storico. Il che, tanto per essere chiari, è falso.

Tornando al Natale, la vulgata – confermata dallo stesso padre Spadaro – vuole che tale festa fosse in origine un culto pagano, quello del Natalis Solis Invicti, che cadendo in coincidenza col solstizio d’inverno celebrava la nascita del nuovo corso solare. Solo in seguito la Chiesa sostituì il culto pagano del sole nascente con la festa della nascita del nuovo sole dell’umanità, cioè Gesù. Questa, ridotta all’osso, la “storia” del Natale che ci è stata insegnata.

In realtà, come documentò per primo il grande liturgista Tommaso Federici che ne scrisse sull’Osservatore Romano alla vigilia di Natale del 1998, le cose stanno diversamente; ed oggi, anche grazie ai documenti di Qumran, è possibile affermare che Gesù nacque realmente un 25 dicembre. La scoperta si deve soprattutto ai lavori di due specialisti, Annie Jaubert e Shemariahu Talmon. In breve: se Gesù è nato un 25 dicembre, il concepimento deve essere avvenuto, ovviamente, nove mesi prima. E non a caso il calendario cristiano pone al 25 marzo l’Annunciazione a Maria. Ma l’evangelista Luca ci dice anche che giusto sei mesi prima era stato concepito Giovanni Battista, il precursore. Quel concepimento, che non viene ricordato nella Chiesa d’Occidente, le antiche Chiese d’Oriente lo celebrano solennemente tra il 23 e il 25 settembre, appunto sei mesi prima dell’Annunciazione a Maria.

Ci sarebbe dunque una successione di date logica, e in effetti è giusto dal concepimento di Giovanni che bisogna partire. Il Vangelo di Luca si apre con la storia di Zaccaria ed Elisabetta, ormai rassegnata alla sterilità. Sempre da Luca sappiamo che Zaccaria apparteneva alla classe sacerdotale di Abia, e che quando ebbe l’apparizione «officiava nel turno della sua classe». Ora si ha che i sacerdoti nell’antico Israele erano divisi in ventiquattro classi le quali, dandosi il turno con una cadenza fissa, prestavano servizio liturgico nel tempio per una settimana, due volte l’anno. Si sapeva anche che la classe di Zaccaria, quella di Abia, nell’elenco ufficiale era l’ottava, senza conoscere però quando cadevano i suoi turni di servizio.

E qui entra in gioco il professor Talmon. Utilizzando anche studi e ricerche di altri specialisti, e lavorando, soprattutto, sui testi esseni di Qumran, lo studioso ebreo è riuscito a precisare in quale ordine cronologico si susseguivano le ventiquattro classi sacerdotali. A quella di Abia toccava, come le altre, il servizio liturgico al Tempio due volte l’anno, ed una di quelle volte capitava proprio nell’ultima settimana di settembre: le Chiese orientali avevano dunque ragione a celebrare tra il 23 e il 25 settembre l’annuncio a Zaccaria. Ragione che presto è diventata certezza, perché in seguito gli studiosi, sulla scia delle scoperte di Talmon, hanno saputo ricostruire la genesi di quella antica tradizione giungendo alla conclusione che essa proveniva direttamente dalla Chiesa giudeo-cristiana di Gerusalemme.

Ecco allora che ciò che sembrava leggendario e mitologico, d’incanto assumeva nuova luce e credibilità. Questa, dunque, la successione dei fatti, disposti su un arco temporale di quindici mesi: in settembre l’annuncio a Zaccaria e il concepimento di Giovanni; a marzo, sei mesi dopo, l’annuncio a Maria; a giugno, tre mesi dopo, la nascita di Giovanni; infine sei mesi dopo, il 25 dicembre, la nascita di Gesù. In conclusione: fissando in quel giorno la festa del Natale del Signore, la Chiesa non ha fatto una scelta arbitraria dettata da motivi pastorali o, peggio ancora, politici. Come scrisse Federici, «quando la Chiesa celebra la nascita di Gesù nella terza decade di dicembre, attinge all’ininterrotta memoria delle prime comunità cristiane riguardo ai fatti evangelici e ai luoghi in cui accaddero… il 25 marzo e il 25 dicembre per l’annunciazione del Signore e per la sua nascita non furono arbitrarie, e non provengono da ideologie di riporto».

A riprova che la fede non si fonda sulle favole ma, appunto, su fatti storici. Quanto al significato del Natale, il Credo che in ogni Messa viene professato dice una cosa tanto precisa quanto spesso e volentieri dimenticata: «Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo, e per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo». Per noi uomini e per la nostra salvezza: il Natale – questa festa che ogni anno che passa assume sempre più la triste ritualità di un lavacro collettivo delle coscienze ricoperto da una massiccia coltre di sentimentalismo e di buonismo peloso un tanto al chilo, ovviamente in chiave anti-consumistica perché, chiaro, il Natale o è povero o non è – ad un uomo che ha scelto di vivere etsi Deus non daretur e che ora si ritrova terrorizzato a causa di un virus neanche troppo pericoloso, viene a ricordare una cosa che suona inaudita e scandalosa (e infatti l’abbiamo disinnescata smontandola pezzo dopo pezzo), ossia che abbiamo bisogno di essere salvati.

Ma non dal Covid-19, che al massimo può uccidere il corpo. E qui la musica cambia. Salvati? E da cosa, esattamente? Ancora con la vecchia storia dell’inferno e della dannazione eterna e dei diavoli che ci tormentano coi forconi? Suvvia, non scherziamo. Piuttosto, vedete di sanificarle le feste, che almeno torna utile a tutti.

In effetti, se uno guarda a certi dibattiti teologici o a certa omiletica (che se possibile la fede te la toglie anziché confermartela) gli indizi che la salvezza sia scomparsa dai radar sono più d’uno. Al punto che ampi settori ecclesiali sembrano essere più interessati alla salvezza dell’economia che non all’economia della salvezza. Come se Cristo si fosse lasciato maciullare così, perché ciascuno viva come meglio può sapendo che all’occorrenza, tranquilli, la Chiesa che accompagna gli uomini e le donne del suo tempo nella loro fatica quotidiana c’è e ci sarà sempre; o magari per un mondo più giusto («i poveri li avrete sempre con voi», do you remember?), più equo e solidale, più salubre, con pari opportunità per tutti, più buono. Non perché dopo la morte esiste qualcosa di veramente orribile, come reale possibilità per ogni uomo, no. Ma tant’è. Come tanti altri fenomeni, anche la progressiva secolarizzazione del Natale viene da lontano.

In una straordinaria omelia del 25 dicembre 1978, l’allora cardinale Ratzinger aveva intravisto con estrema lucidità quello che stava succedendo e che sarebbe accaduto, e per questo va la pena riportarne un ampio stralcio:

«Oggi nella cristianità questi dogmi non contano più molto. Ci sembrano troppo grandi e troppo remoti per poter influenzare la nostra vita. E ignorarli o non prenderli troppo in considerazione, facendo del figlio di Dio più o meno il suo rappresentante, sembra essere quasi una specie di “trasgressione perdonabile” per i cristiani.

Si adduce il pretesto che tutti questi concetti sono talmente lontani da noi che non riusciremmo mai a tradurli a parole in modo convincente e in fondo neppure a comprenderli. Inoltre ci siamo fatti un’idea tale della tolleranza e del pluralismo, che credere che la verità si sia effettivamente manifestata sembra essere nientemeno che una violazione della tolleranza.

Però, se pensiamo in questo modo, cancelliamo la verità, facciamo dell’uomo un essere a cui è definitivamente precluso il vero e costringiamo noi stessi ed il mondo ad aderire ad un vuoto relativismo. Non riconosciamo quello che di salvifico c’è nel Natale, che esso cioè dà la luce, che si è manifestata e si è rivelata a noi la via, che è veramente via perché è la verità.

Se non riconosciamo che Dio si è fatto uomo non possiamo veramente festeggiare e custodire nel nostro cuore il Natale, con la sua gioia grande che si irradia oltre noi stessi. Se questo fatto viene ignorato, molte cose possono funzionare anche a lungo, ma in realtà la Chiesa comincia a spegnersi a partire dal suo cuore. E finirà per essere disprezzata e calpestata dagli uomini, proprio nel momento in cui crederà di essere diventata per essi accettabile».

L’Incarnazione, ciò che il Natale celebra, dice esattamente questo: che la Verità si è manifestata nella persona di Gesù di Nazareth, vero Dio e vero uomo. Quello stesso Gesù che non a caso disse «io sono via verità e vita», affermazione troppo spesso sottaciuta nella Chiesa in nome di una miope concezione del dialogo che – soprattutto in chiave anti-fondamentalismo – porta ad escludere a priori ogni pretesa veritativa. E dire che basterebbero questi versetti di Luca per sgomberare il campo da ogni possibile equivoco: «Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione. D’ora innanzi, se in una famiglia vi sono cinque persone, saranno divisi tre contro due e due contro tre; si divideranno padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera» (Lc 12, 51-53).

Parole che se, da un lato, non autorizzano ovviamente alcuna rilettura di un Cristo guerrafondaio, dall’altro, neanche lasciano scampo a certo irenismo frou frou. Il motivo è semplice: checché ne dicano i suoi demolitori, in primis interni, la fede è per sua natura divisiva, altro che inclusiva. E lo è perché la verità, a sua volta, è divisiva, costringendo a stare da una parte o dall’altra. Questa, a ben vedere, è la domanda che il Natale, tanto più in quest’anno straordinario, pone alla Chiesa: se cioè essa ritenga ancora che esista una verità, e che tale verità è Gesù Cristo, e che questo Gesù Cristo è disceso dal Cielo e per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria «per noi uomini e per la nostra salvezza». Magari tornando anche a dire qualcosa di cattolico. 

https://www.tempi.it/gesu-e-nato-davvero-il-25-dicembre/

Massimo:
Tutto questo mi sa di forzatura. Eppure basterebbe leggere la Bibbia e conoscere un pò il calendario usato nei tenpi biblici dagli Israeliti: essi avevano due calendari: uno secolare che iniziava in autunno, con il mese di Etanim o Tishri e uno sacro, per i servizi nel Tabernacolo prima, nel Tempio costruito da Salomone poi che iniziava a primavera, nel mese di Abib o Nisan. Le otto divisioni sacerdotali iniziavano il servizio a partire dal mese di Nisan, non dal mese di Tishri. Erano entrambi calendari lunari. E le divisioni sacerdotali prestavano servizio UNA SETTIMANA ALLA VOLTA. Quindi la divisione di Abia, alla quale apparteneva Zaccaria, padre di Giovanni Battista, prestò servizio alla fine del mese lunare di Ziv o Iyyar che corrisponde alla fine di Maggio o all'inizio di Giugno. In quel periodo dell'anno venne annunciato al sacerdote Zaccaria che sarebbe diventato padre del Battista che nacque nove mesi dopo, cioè nella primavera dell'anno successivo. Gesù come hai detto correttamente nacque sei mesi dopo, cioè nell'autunno di quell'anno. Tant'è che in Palestina in autunno ancora si lasciano le greggi all'aperto a pascolare, cosa che NON AVVIENE attorno al 25 Dicembre. Quindi, basta conoscere un pò la Bibbia e il calendario lunare ebraico, caro Vicus, per arrivare a giuste conclusioni. Non dare retta a questo o quel studioso in vena di fervido sensazionalismo. 

Vicus:
La ricostruzione dei calendari è stata fatta da un team di professori ebrei. Non c'è sospetto di forzatura vaticana.
La forzatura mi pare nelle pecore tenute chiuse nelle stalle per mesi senza pascolare. Tanto più in un Paese caldo come la Palestina. Basta guardare cosa succede in Italia, addirittura in zone montane: si chiama transumanza. Conosci la poesia:

Ora in terra d'Abruzzi i miei pastori
lascian gli stazzi e vanno verso il mare:
scendono all'Adriatico selvaggio
che verde è come i pascoli dei monti.

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