di Mario Adinolfi
Alle elezioni politiche del 2018 il M5S divenne il primo partito italiano con il 32.7%, quasi 11 milioni di voti raccolti senza un’organizzazione anche solo lontanamente paragonabile a quella dei partiti tradizionali. La gente votava Beppe Grillo, che manco era candidato. Era stato lui a produrre quella marea di voti con un vaffa, un blog e un branco di sconosciuti che presero possesso in suo nome delle istituzioni. In quella stagione assurda anche il presidente del Consiglio venne pescato a caso. Giuseppe Conte, neanche candidato alle elezioni, era totalmente ignoto agli italiani quando diventò premier in nome di Grillo e con i voti decisivi in maggioranza di Matteo Salvini. Sono passati sei anni da allora. Appena sei anni.
L’Italia è davvero un Paese unico. Lo sconosciuto Conte che senza il vaffa di Grillo mai neanche nei sogni più selvaggi avrebbe potuto occupare per anni Palazzo Chigi e diventare poi leader di partito, ora con un vaffa uccide Grillo e si appropria della sua creatura. Paradosso dei paradossi, lo fa usando la leva dei soldi e annunciando la cancellazione del contratto di consulenza da trecentomila euro attraverso un libro di Bruno Vespa, il giornalista simbolo di quell’assetto sempiterno di potere che il M5S aveva solennemente proclamato di voler abbattere.
Nell’amnesia collettiva che ci riguarda tutti, nella memoria da pesce rosso che è il dramma vero dei cittadini italiani, non ricordiamo che Grillo fino a tre anni fa comandava le principali istituzioni del Paese: non solo la presidenza del Consiglio con Conte, ma anche il ministero degli Esteri con Di Maio, la presidenza della Camera con Fico, la Raggi era sindaco di Roma. Ha fatto governare i trasporti e le infrastrutture del Paese a Toninelli, la Giustizia a dj Fofò Bonafede, l’Istruzione alla Azzolina che faceva comprare i banchi a rotelle a 150 euro l’uno, Rocco Casalino in duplex con il caro amico Vincenzo Spadafora decideva vertici e carriere in Rai.
Il M5S ha anche prodotto una riforma costituzionale andata in porto con tanto di referendum confermativo, il taglio dei parlamentari. Dopo aver proclamato lo schifo per i partiti del sistema, che andava “aperto come una scatoletta di tonno”, Grillo ha avallato tutte le alleanze che gli proponevano i suoi pur di mantenersi al potere: con la Lega nel governo Conte 1, con il Pd nel governo Conte 2, persino con l’odiata Forza Italia nel governo Draghi. In 4 anni così hanno perso ogni credibilità insieme a 6 milioni di voti. Conte è stato il più furbo di tutti e si è appropriato dei 4 e spicci che restano. Prima usando il placet di Grillo e ora sbarazzandosi anche di lui con un vaffa ai trecentomila euro recapitato a mezzo Vespa.
Il cinismo della politica è mostruoso, chi a Grillo deve assolutamente tutto ora lo uccide usando l’argomento efficacissimo dei soldi, perfetto per escluderlo da ogni residuo potere per accaparrarselo integralmente in proprio. Non c’è neanche una voce che dai dirigenti del suo movimento, con decine di parlamentari che ancora oggi esistono solo perché Grillo decise un giorno di fare da front man alle intuizioni di Gianroberto Casaleggio, che tacciono. Tutti coloro che beneficiano dei voti che gli italiani davano a milionate a Grillo, ora stanno con i pugnali nascosti, pronti all’ultimo fendente.
Chissà cosa pensa ora lui a 76 anni, che triste parabola. Una prima parte della vita osannato come comico, poi ostracizzato per una battuta in Rai. Una seconda parte a sventrare le istituzioni italiane, quasi per vendetta, producendo una rivoluzione elettorale senza precedenti al mondo. Dove si è visto mai un comico che mette su un partito dal nulla e senza neanche candidarsi prende il 32.7% di fatto da solo [in realtà c'è l'altro ucraino che suona il piano con l'11° dito], perché gli italiani conoscevano e votavano per lui e unicamente per lui. Cosa gli resta ora? Il fallimento della sua idea, il tradimento di tutti, un figlio tenuto sotto la spada di Damocle di una condanna per stupro dal 2019 (a più di 5 anni dai fatti, siamo ancora nel processo di primo grado), l’umiliazione pubblica di essere additato come avido di denaro pubblico visto che quel contratto di consulenza da trecentomila euro è pagato con i fondi di cui dispone il gruppo M5S, ultimo residuo di quel finanziamento pubblico dei partiti che proprio lui ha fatto cancellare. E l’idea di togliere i soldi ai partiti, di tagliare parlamentari e vitalizi, di limitare a due i mandati è il pacchetto per il quale gli italiani lo hanno entusiasticamente votato.
La lezione che se ne trae è che, come sempre accade, se vuoi fare il puro devi fare doppia attenzione perché arriva rapidamente quello che ti epura: il rivoluzionario che predica l’uso indiscriminato della ghigliottina non può che finire ghigliottinato. Grillo è il Robespierre dei nostri tempi, tempi tristi perché farseschi e la rivoluzione da noi non può mai essere una cosa seria, infatti l’ha realizzata un comico. Il grillismo in cui tanti italiani hanno riposto le loro speranze palingenetiche affoga nelle sue plateali contraddizioni, mostrandosi per quello che è: la costruzione di un’altra piccola oligarchia che a Grillo deve la propria condizione di privilegio e per questo lo uccide. La palingenesi nella politica italiana non è possibile.
Ora resta solo da augurarsi che i piccoli oligarchi guidati da Giuseppe Conte abbiano vita politicamente breve. Francamente non vedo un solo motivo per votare oggi M5S, il partito che è stato capace di allearsi con tutti pur di fregare gli italiani che ora almeno hanno tutti gli elementi per non farsi fregare più.