Si conclude con la 2° parte la nuova edizione filmica del romanzo Dune, sicuramente d'attualità perché parla di una guerra nel deserto.
Rispetto alla pellicola-culto di David Lynch, propone effetti speciali a tratti curatissimi (memorabile la cavalcata del verme delle sabbie) e studio dei personaggi a volte approfondito (in particolare il barone Harkonnen che ricorda nelle pose i più dispotici imperatori dell'antichità).
Interessante ma senza nerbo Chalamet nella parte del messia, sicuramente non per le buone capacità dell'attore ma per il pervasivo pinkwashing: sempre circondato da donne (madri, fidanzate e amiche delle fidanzate) che gli dicono cosa fare e non fare, pieno di dubbi e insicurezze sul proprio ruolo è un tipico esempio di riscrittura femminista dell'immaginario fantascientifico. Non mancano attori africani un po' dappertutto che stonano con l'immagine di un popolo che si presume appartenente alla stessa etnia.
Tutto ciò si discosta in maniera impressionante non solo dal film di Lynch e dal romanzo originale, ma dallo stesso spirito del libro in cui il protagonista ha le idee chiare su chi è e le donne hanno ruolo definito ma subalterno e compaiono molto meno. Anche al planetologo (nel film di Lynch interpretato da un indimenticabile Von Sydow) cambia sesso e diventa una donna, naturalmente africana.
Delude soprattutto la cancellazione dei molti livelli di lettura del romanzo e del film precedente: ormai tutta la cinematografia d'azione è una patinata vetrina di propaganda che usa le opere originali come un mero canovaccio per diffondere l'ideologia globale