Stranamente taciuta dai siti maschili, che parlano solo delle Vergine Maria come fondatrice del femminismo. Ma non di Guglielma la Boema, che si credeva un messia-femmina e l'incarnazione di Dio (che considerava di sesso femminile).
Il culto non finì nel Medioevo, ma fu accolto in altissime cerchie contemporanee, mai nominate dai siti maschili:
Mattioli e Guglielmina la Boema
Guglielmina nacque nel 1210 da Costanza d’Ungheria e dal re di Boemia Premislao I. Tra il 1260-70 arrivò a Milano ove morì nel 1281.
Guglielmina si considerava Dio. «Lo Spirito Santo era presente ed incarnato in lei» [2a]. Tale dottrina ereticale, creduta in segreto da Guglielma, fu insegnata da Andrea Saramita, un
gioachimita millenarista. Essa può essere riassunta così:
a) Guglielma è Dio Spirito Santo incarnato;
b) essa è venuta a portare la salvezza a coloro che sono fuori della Chiesa, indipendentemente dalla Mediazione di Cristo.
Se la prima tesi può essere attribuita, in senso stretto, solo al Saramita (mentre Guglielma non la professava pubblicamente, ma la lasciava circolare); la seconda (salvezza dei non cristiani) è attribuita direttamente a Guglielma. Dopo la morte di Guglielma (
incarnazione femminile dello Spirito Santo, che avrebbe dovuto risuscitare [stanno ancora aspettando], come Gesù), i guglielmiti furono guidati da due maestri:
1) Andrea Saramita: il “teologo” gioachimita e millenarista.
2) Suor Maifreda (o Manfreda) da Pirovano: (delle suore umiliate),
imparentata ai Visconti [ma guavda...].
Suor Maifreda «benedisse delle ostie che erano state deposte sul sepolcro di Guglielma e
le distribuì ai presenti» [3a].
Il culto della divinità di Guglielma era tenuto segreto e si svolgeva discretamente nell’Abbazia di Chiaravalle dei cistercensi milanesi, ove Guglielmina era stata sepolta e donde avrebbe dovuto risorgere. Suor Maifreda era il capo religioso dei guglielmiti (i credenti nella divinità di Guglielma).
Maifreda insegnava magisterialmente e amministrava i sacramenti. Essa era il vicario di Guglielma, come Pietro (o il Papa) lo è di Cristo.
Papa Bonifacio VIII condannò il guglielmismo, sia dottrinalmente che moralmente (a causa delle orge sessuali [succede sempre nei culti femminili] che vi si praticavano). Nel 1300 (il 10 aprile) suor Maifreda celebrò messa «assistita da diaconi e suddiaconi, rivestì gli abiti sacerdotali» [4a]. Maifreda «prima del 1284 [data del primo processo inquisitoriale, nda]
credeva che Guglielma fosse la terza persona della SS. Trinità» [5a].
Naturalmente – secondo i guglielmiti – Guglielmina, essendo Dio, era superiore alla Madonna. Secondo alcune fonti storiche Guglielma
conviveva “more uxorio” con Andrea Saramita;
essi vivevano in una sinagoga sotterranea [6a], ove si abbandonavano a disordini sessuali con i loro seguaci, secondo l’aspirazione dei fratelli del Libero Spirito [altri liberi pensatori...] [7a]. Altri autori non ritengono storicamente fondata questa notizia. Comunque è certo che
Guglielma, Spirito Santo incarnato, ha scelto come sua “papessa” Maifreda e che «il Papato, con la curia romana, devono cedere la loro autorità a Maifreda» [8a].
Infatti «il Sacrificio di Cristo non è bastato; una parte dell’umanità è rimasta simbolicamente “incarcerata”. Qualche storico vede un legame tra il Saramita, i francescani millenaristi e il movimento del “Libero Spirito”.
Questa squallida vicenda si concluse nel 1300, quando l’inquisitore Guido da Cocconato, «successore di S. Pietro Martire», aprì un processo contro i guglielmiti e mandò al rogo [che ovvove, una donna al vogo! Meglio le decine di migliaia di uomini condannati a movte nel mondo oggi] il Saramita e Maifreda assieme al cadavere dissotterrato di Guglielmina.
Quel che colpisce è che Raffaele Mattioli abbia scelto come sua tomba il sepolcro che aveva occupato per nove anni circa Guglielmina. Giorgio Galli scrive: «L’ultima volta che ho stretto la mano ad
Enrico Cuccia è stato il 27 luglio 1995, nell’abituale scenario dall’abbazia cistercense di Chiaravalle, per il ricordo di Raffaele Mattioli. È arrivato puntuale come al solito a testimoniare una dimensione umana, che il cinismo professionale non ha intaccato.
Era in splendida forma fisica, e dimostrava almeno vent’anni in meno. Gliel’ho detto, e mi ha sorriso: “Sì, la forma c’è. Come potrei, altrimenti, continuare?”» [11].
Le qualità «stregonesche» che Mattioli stesso riconosceva di possedere combaciano perfettamente con l’affinità elettiva del medesimo verso Guglielmina. Ora, se è lecito distinguere la ‘Casa Editrice Ricciardi’ da Mattioli,
non è corretto tessere le lodi del banchiere in persona. Anzi, tesserne le lodi e presentarlo amico di Amerio (come fa, penso ingenuamente, qualche cultore del filosofo luganese) significa screditare Amerio stesso.
https://marcorundo.wordpress.com/2013/06/09/mattioli-e-amerio-di-don-curzio-nitoglia/