Autore Topic: Sinistra darwinista  (Letto 1009 volte)

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Offline Archiloco

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Sinistra darwinista
« il: Agosto 26, 2010, 02:00:41 am »
http://www.swif.uniba.it/lei/rassegna/001216.htm

Posto un link di un vecchio articolo tratto dal corriere della sera,dove si discute sull'esigenza di creare una nuova sinistra che tenga conto della natura umana.

RASSEGNA STAMPA
16 DICEMBRE 2000
CARLO AUGUSTO VIANO
Singer: «La sinistra ritorni a Darwin. Per agganciare il futuro»
Dovrebbe anche riconoscere la tendenza alle gerarchie
Uuno dei maggiori filosofi contemporanei critica la cultura che non ha tenuto conto del naturalismo e rilegge il marxismo valorizzando l’apporto delle teorie evoluzionistiche
 
«Una sinistra darwiniana. Politica, evoluzione e cooperazione» di Peter Singer, Edizioni di Comunità, pp. 72, L. 16.000
Da quando le ricette per fondare società socialiste decenti o per dirigere in modo nuovo quelle capitaliste hanno perso attrattiva, ha ripreso fiato la ricerca degli errori della sinistra, in particolare del marxismo, che sulla sinistra ha esercitato un’egemonia indubitabile. Sul tema interviene Peter Singer, una delle figure più significative della filosofia contemporanea, che con spregiudicatezza, senza bigottismi «politicamente corretti», affronta il problema da una prospettiva inconsueta, mostrando come la cultura di sinistra si sia messa su una strada sbagliata, quando ha frainteso e rifiutato il darwinismo. Marx riconosceva i meriti di Darwin, anche se mal sopportava «il suo rozzo metodo analitico, tipicamente inglese»; ma, forte del metodo speculativo di Hegel, riteneva di avere scoperto come funziona lo sviluppo umano. Per Marx le leggi dell’evoluzione biologica sono simili alle leggi alle quali, secondo lui, obbediva la società inglese, e andavano superate.
Questa presunzione, che la cultura possa superare e abolire la natura sarebbe rimasta un punto fermo della sinistra, fondamento dei suoi progetti utopistici e autoritari. E, messosi su questa strada, il marxismo avrebbe dato un’interpretazione lamarckiana dell’evoluzione, causa non ultima dei fallimenti della biologia e dell’agricoltura sovietiche. Ma non soltanto la sinistra marxista ha mostrato ostilità per ogni forma di naturalismo. Il rifiuto dell’esistenza di strutture naturali fisse nella specie umana è stato condiviso da gran parte dell’antropologia culturale e ha generato falsi celebri, come l’interpretazione della sessualità primitiva da parte di Margaret Mead, a lungo difesa dalla comunità degli antropologi. Molti altri esempi si potrebbero citare, ma il rapido quadro ricostruito da Singer permette di capire lo sfondo antinaturalistico sul quale si colloca la cultura di sinistra e perché, dopo la crisi del marxismo, essa abbia guardato con simpatia soprattutto alle filosofie religiose e devote, che esorcizzano la natura. La cultura di sinistra dovrebbe imparare a riconoscere che cose come la vocazione dei sessi a funzioni sociali diverse o la tendenza a formare gerarchie, per citare alcuni dei temi toccati da Singer, sono tratti naturali, resistenti e uniformi, che modellano il comportamento umano. Nessun progetto di riforma dovrebbe pensare di abolirli, per creare un «uomo nuovo», liberato dalla natura. Ciò non vuol dire che quei tratti si debbano realizzare sempre nello stesso modo. La comunione di donne e bambini non ha prospettive e i progetti di società senza gerarchie hanno generato soltanto regimi autoritari. Ma le famiglie e le gerarchie si possono disegnare in modi diversi, e in questo spazio dovrebbe collocarsi la sinistra. Perché Singer ritiene che alla sinistra resti qualcosa da fare, una volta abbandonata l’utopia antinaturalistica. Il perseguimento dell’uguaglianza non sarà più l’obiettivo principale, anche se rimane un mezzo per far diminuire le sofferenze degli esseri viventi. Ma dall’evoluzionismo, che a partire dagli anni Sessanta ha incluso la tendenza alla cooperazione tra i tratti naturali di molte specie, tra le quali l’umana, correggendo le formulazioni che potevano farne una giustificazione della competizione senza limiti, potrebbe derivare l’idea che anche in società collaborative e solidali c’è modo di soddisfare il proprio interesse e di riportare la vittoria nella lotta per occupare i posti migliori della gerarchia: basterebbe promuovere una cultura in cui non dominino le prestazioni acquisitive e nella quale la cooperazione possa diventare un titolo di affermazione sociale. Questa sarebbe la via per combattere la povertà e le disuguaglianze, che sono la massima causa delle sofferenze e costituiscono uno dei problemi centrali delle società moderne. Messosi su questa strada, qualche volta Singer sembra indulgere alla polemica contro la globalizzazione, che consente ai capitali di trovare impieghi vantaggiosi nei paesi poveri e alla nostalgia del localismo, perché soltanto in comunità più piccole c’è spazio per il riconoscimento della solidarietà come titolo di prestigio sociale.
Sarebbe troppo pretendere dal libretto di Singer la ricetta completa per risolvere la crisi della sinistra, ma prestare attenzione ai temi che egli propone è essenziale. Con il darwinismo la sinistra è in grave ritardo, e già si profila una nuova «sfida naturalistica», che gli sviluppi della genetica stanno prospettando. Elaborare una cultura che tenga conto della natura e ne progetti le manipolazioni possibili, anziché predicare mondi umani nei quali le cose buone sono prodotte da leggi apposite, è un compito cui la sinistra, abituata a ideologie che garantiscono l’identità di sapere e propaganda, non sembra preparata .

Offline mik

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Re: Sinistra darwinista
« Risposta #1 il: Agosto 28, 2010, 02:02:09 am »
L'ennesimo intellettuale di sinistra alla ricerca di fantomatiche terze vie inesistenti.
ciao

Offline Stealth

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Re: Sinistra darwinista
« Risposta #2 il: Agosto 28, 2010, 11:32:43 am »
Le solite solfe neodarwiniste. Niente di nuovo sotto il sole.