Autore Topic: La forza delle donne per cambiare la società  (Letto 1338 volte)

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La forza delle donne per cambiare la società
« il: Ottobre 10, 2010, 14:47:06 pm »
http://www.donneierioggiedomani.it/vis_dettaglio.php?primo_livello=menu&id_livello=742

Citazione
«Dare vita alla vita e un potere grande. Dare vita alla vita e un potere che, da sempre, gli uomini invidiano alle donne. Cosi, prima «dell'invidia del fallo «esiste» l'invidia del grembo». E quale potere e altrettanto grande di quello di dare vita alla vita? Forse proprio il potere di «decidere» della vita e della morte. Un potere che da sempre gli uomini si arrogano ricorrendo anche alla violenza per riempire «quel» vuoto di potere. E di potere, infatti, che si tratta! Si nasce tutti dal grembo della madre. Maschi e femmine si nasce. Ma la cosa e incommensurabilmente diversa. Infatti, crescendo, la bambina avrà sul corpo il corpo della madre e, diventando donna, avrà le forme della prima accoglienza, del primo contatto, del primo calore. La bambina avrà, crescendo, il seno che allatta, avrà il grembo che accoglie e conti ene, avrà quel «paradiso-grotta» dal quale tutti siamo partiti. 

Per la donna, quel «paradiso-grotta» e un paradiso mai perduto. Le appartiene; forma l'incanto e l'identità stessa della sua natura. 11 bambino, invece, nascendo lascia il corpo della madre e porterà con se il ricordo delle forme materne. Crescendo il suo corpo e diverso. 11 corpo del bambino e, poi, dell'uomo che egli diventa, sente il richiamo e il desiderio della grotta. Per gli uomini, quel richiamo e il richiamo ad un «paradiso perduto»; un territorio d'origine, una terra primaria alla quale bisogna ritornare (ed essi «vogliono» ritornare!) «reinnestandosi», da adulti, nei carpi delle donne col rapporto sessuale: can amore e per am are 0, ahimé, can odio e per odio se il corpo della madre, primario contenimento, e stato un corpo «nemico», il corpo della dea offesa, violata, negata, assoggettata: un corpo foriero d' abbandono, barriera inefficace contro l' angoscia di morte e la solitudine. II grembo della madre e la sua accettazione costituisse, infatti, per i figli, la prima formidabile barriera tra l' angoscia-paura del mondo e il mondo tutto. 

Una donna che sente il mondo intorno ostile, nemico, una donna ostaggio di pregiudizi, oggetto di violenza e di persecuzione non può costituire, col suo corpo-territorio di vita, con la sua anima, con i suoi sentimenti, una solida barriera difensiva. Non puo dare quell' abbraccio intenso e forte che costituisce il primo confine contenitivo, il primo perimetro che da al bambino idea del «suo» corpo. Le donne danno vita alla vita. Possono creare vita umana. Le donne possono popolare il mondo can la carne del loro cuore. Le donne sana, da sempre, il futuro. Sana Ie portatrici della casa che ospita la vita. La loro forza-fragilita e la sola garanzia che resti oggi, al mondo, per cambiare la società dalle radici, per isolare e sconfiggere la cultura della discriminazione, della sottomissione, della diffidenza, del conflitto tra l' esercito degli uomini e quello delle donne, «1'uno contro l'altro armati» ed inaugurare una cultura del rispetto, una cultura dell'integrazione e del reciproco riconoscimento. Una cultura della conoscenza e dell' amore.

II femminismo, come ogni avanguardia del pensiero e dei sentimenti, nasce e muore per dare sostanza e vita, poi, alla cultura della donne, ovvero a quei riferimenti storici, sociali, legali, spirituali; a quelle radici in forza delle quali sana diventate realtà, consistenti e stabili, il cambia mento delle donne, la loro crescita, la loro emancipazione, la loro liberazione e il rifiuto della violenza, della sopraffazione, della svalutazione, insite nella cultura maschilista. I valori e la cultura delle donne altro non sana, poi, che il terreno fecondo sul quale potrà, negli anni a venire, radicarsi e fiorire sempre di pili la cultura dell'infanzia. Una cultura dell'unita delle origini; dell'essere nati e dell'essere stati «comunque» bambini, maschi e femmine; d'essere «comunque» partiti dal medesimo luogo, nati dal grembo di una donna; di avere attraversato l'infanzia e l'adolescenza ed ogni prava che tale attraversamento comporta; di portare, da adulti, quel «bambina/o interiore» chiuso dentro ciascuno di noi (maschi e femmine) e di doverne tenere conto per edificare una società pacifica, multietnica, multiculturale, libera, creativa e a «misura di bambino»: del bambino dentro di noi e dei bambini intorno a noi. 

E proprio del femminile, sua caratteristica, suo naturale orientamento, mettere al centra i valori della vita. Anzitutto vivere ed amare e, poi, custodire, conservare, coltivare, accudire, sostenere, creare attenzione, consenso, cura intorno a tutto ciò che viene concepito, si sviluppa, nasce e deve crescere: così nel corpo come nella mente. E, ancora, è propensione delle donne, loro innata disposizione, dare fiducia alle emozioni, sostanza all'anima. Si tratta di «un'azione culturale», dentro e fuori le famiglie, tra le pareti domestiche e nel sociale, iniziata dalle donne e ancora in atto, proprio grazie alle donne e ai loro movimenti di opinione, alla loro presenza in politica, nei sindacati, nel mondo della cultura, dell' arte, dell'economia, del pensiero. Si tratta di un progetto che potrà realizzarsi solo con il loro consenso, con l' efficacia del loro pensiero. Solo con la loro decisiva presenza. Le donne debbono esserci, con tare, esprimersi. Non debbono tacere sui problemi fondamentali della vita, delIa politica, delIa cultura, dell' arte, delIa fede. Debbono intervenire per dire «no» alIa cultura delIa violenza e delIa morte. 

Quel no alIa violenza costituisce il nucleo originale del loro modo di essere e di ogni speciale filtra che le bambine e i bambini da loro cresciuti ed educati utilizzeranno per guardare, nel microcosmo come nel macrocosmo, le vie del mondo. Infatti, le donne, in tutto il mondo, accudiscono e cresco no i loro figli, li curano sin dalla nascita, Ii seguono e Ii assistono nei primi anni di vita e, nella stragrande maggioranza dei casi, Ii accompagnano, con la loro presenza ed il loro consiglio, fino all' adolescenza piena; Ie donne, in tutto il mondo, costituiscono pili del 70% del personaIe insegnante e / 0 addetto all' educazione scolastica e all' assistenza sanitaria dei bambini e delle bambine, dei ragazzi e delle ragazze fino alIa laro piena adolescenza. Le donne, dunque, devono comprendere, fino in fondo, il valore e l'importanza e la responsabilità che deriva da tutto questo. Le donne debbono comprendere fino in fondo il valore e l'importanza che deriva da tuto questo.

Le donne (e i bambini) sono l'attuale «classe operaia del mondo». Dai dati Unicef risulta, infatti, che 828 milioni di donne svolgono i due terzi del lavoro che si fa nel mondo e che, per quel lavoro, ricevono un decimo del reddito mondiale e possiedono un centesimo dei beni disponibili. E a questo sfruttamento si aggiunge, quello del non poter accedere al conforto e al sostegno delIa cultura attraverso la scolarizzazione (130 milioni di bambini non ricevono istruzione 81 milioni sono bambine). Senza un «nuovo contratto sociale» che cancelli l'infamia di questi dati, nessuna autorita, rispettosa e stabile, pub essere concepita e durare. AIle donne, a loro e soltanto a laro, toccherà, soprattutto, il compito di rivoluzionare la filosofia del diritto finora concepita dagli uomini, in nome del rispetto di cibo che e «primario» in quanta e vita che da «origine alIa vita». 

Le donne danno vita alIa vita e, pertanto, la loro liberta, il rispetto «sacrale» delIa loro integrità fisica e psichica, e la sola garanzia del futuro possibile per l'umanità. Infatti, la dea offesa, la dea violata che si fa violenta e, per gli uomini, per «i figli delle dee» e per la società tutta, l'origine di ogni anomia, separazione, disgregazione, dispersione, disperazione, sfiducia, assenza di speranza e di futuro. Se Ie donne diranno «no» alIa violenza , se esse riprenderanno in mano il gomitolo d' Arianna, il filo del quale permette all'uomo di entrare nel labirinto, affrontare e distruggere il «minotauro» delIa violenza e tornare vivo, indietro, Ie famiglie non saranno pili trappole; Ie coppie non saranno pili gabbie. E la società cammbierà aIle radici solo se Ie donne continueranno a coltivare e ad espandere la consapevolezza di se, individuale e collettiva; se esse sapranno battersi per conservare l'intimità delle loro case, del loro essere centro e cuore delIa vita familiare ed esigere, anche con la forza delIa legge, con la sostanza delle loro scelte culturali, che tutto questa si armonizzi con il pubblico esercizio del lavoro, delIa politica, dell'operativita culturale. 

I figli delle donne renderanno felici la donne se Ie madri da cui sono stati allevati avranno saputo (insieme agli uomini, con gli uomini, se possibile!) esigere una società «a misura e rispettosa» delIa differenza tra i sessi. La differenza tra uomini e donne deve poter dare aIle donne (e agli uomini) la possibilità di realizzarsi e di con tare, nella famiglia e nella società, in ragione e tenendo con to del loro modo di essere fisico e psichico, della loro identità sessuale, dei loro bisogni, dei loro obiettivi. 

Domini e donne, donne ed uomini, debbono essere messi in condizione di conoscere se stessi e di conoscersi; di scegliere il proprio stile di vita, il proprio lavoro, i propri equilibri di coppia e familiari, individuando gli strumenti scientifici, culturali, sociali ed umani atti a creare queste condizioni ed avendo «pari opportunità» per realizzarle. Laddove, pertanto, non esiste una politica economica che preveda il sostegno, la tutela, l'attenzione «proprio» al lavoro delle donne, alla loro presenza attiva, «a tutto campo», nella società, armonizzando tale operatività con la loro condizione di creatrici di vita e con il loro ruolo familiare; laddove la violenza fisica e psichica nei confronti delle donne sia tollerata e,perfino, alimentata in modo subdolo; laddove non si progetti un diverso futuro della famiglia nel quale Ie responsabilità, i «carichi» e gli impegni, dentro e fuori casa, con e per i figli, siano equamente distribuiti tra uomini e donne, non c'e futuro per la società del mondo. Se non come fallimentare ripetersi di un passato che non garantisce, a tutt'oggi, la dignità di un futuro umana mente accettabile, armonico, pacifico. In tal senso, vanno rilette Ie scelte di solitudine che, pure, si moltiplicano tra Ie donne; in tal senso vanno lette Ie tante rinunce alla maternità o Ie numerose ripulse a concepire dei figli con un partner, per ricercare la vita affidandosi magari al freddo abbraccio di una provetta, che la consapevolezza di essere «comunque» sole, suggerisce ad a1cune di loro. 

Ma Ie donne non possono e non debbono sperare che la realizzazione di una società, «rispettosa della differenza di genere sessuale» e, soprattutto, a misura di una cambiamento che Ie veda, in primo piano e, con loro, i bambini, avverrà per volontà degli uomini e dei loro governi. Le donne debbono capire, sapere, accettare che la realizzazione, in senso lato, di un diverso futuro per questa pianeta in crisi, per l'intero mondo e, s'intende, per la nazione, per il paese, per la società piccola o grande nella quale esse vivono, passa necessariamente per Ie loro mani e che mai come ora e che ora, per l'ultima volta, quello che Ie donne faranno, entrando e rimanendo «in massa» nella società, nella politica (senza, però, lasciare che Ie famiglie marciscano; senza rinunciare a dare vita alla vita!), sarà decisivo. Per tutti. 

Non si tratta, nel far questo, di negare agli uomini, ne di metterli da parte, ne di castrarli, ne di togliere loro un potere che, peraltro nei secoli, Ii ha soltanto resi schiavi. Si tratta «semplicemente» e «ad oltranza» di realizzarsi come donne, come madri, come lavoratrici, come pensatrici, come politiche, come artiste, come creatrici di vita e di cultura. Si tratta di dare a se stesse (ottenendole con la lotta, se necessario!), quelle «pari opportunità» che, assai spesso, vengono negate alle donne ma che Ie donne, assai spesso, negano a loro stesse per condizionamento culturale, per psichica induzione all'asservimento. I «rapporti a due», del resto, nascono solo dopo che il rapporto con se stessi ha preso corpo e si e realizzato. E non esiste liberta che si possa esigere dagli altri se prima non la si e conquistata «dentro di se»; se non ci si e confrontati e se non ci si continua, quotidianamente, a confrontare, con la schiavitù delle proprie paure, dei propri limiti, delle proprie frustrazioni, per superarle! 

Le coppie si formano e possono dirsi tali se ci sono due persone autonome che, amandosi, so no in grado di condividere l' esperienza del quotidiano e di rispettarsi con l' obiettivo comune di conoscersi vicendevolmente e di vivere in modo paritario. Con fiducia, lealtà, liberta. Nessuna violenza, nessuna sottomissione e possibile in simili coppie. Nessuna famiglia di «perseguitati» e di «persecutori»; nessun lager delIa psiche; nessuna gabbia, nessuna trappola, nessun equivoco, nessuno scenario di violenza, dominio, costrizione pub nascere da un incontro, passionale e consapevole, «tra pari». Se una donna pub edificare con un uomo una coppia così fatta, l' equilibrio del suo cuore e del suo corpo, l' equilibrio del cuore e del corpo di lui, sono garantiti. E garantiti sono i figli e garantita e la società che, nel tempo, si struttura avendo quale riferimento non «creature di sabbia» ma «creature di anima». Creature di sole. Creature di luce. 

«La vita e un dolore che non passa mai, la vita e un pia cere che non passa mai». (Anonimo)

I sentimenti degli esseri umani vanno educati come la loro mente.

L' educazione sentimentale aiuta a «sentire» (e a non fingere e / o rappresentare) Ie emozioni, consente di accettare e gestire la forza dei sentimenti e delle passioni canalizzandone e finalizzandone costruttivamente Ie energie; 1'educazione sentimentale favorisce ogni esperienza purché compiuta nel rispetto di se stessi e degli altri; insegna a non giudicare secondo schemi prestabiliti, valori astratti, utilitaristiche opinioni di parte. L' educazione sentimentale alIa «non violenza» e basata suI dialogo, suI confronto, sulla ricerca, sulla progettualità e va utilizzata in ogni situazione: a scuola, in famiglia, sul lavoro, in politica, nella fede.
Riguarda ogni aspetto delIa vita, ogni contatto con se stessi e con gli altri. Chi e educato sentimentalmente non minaccia. Non accetta la violenza e l' omertà, non consente sopraffazioni, non rinnega la liberta. Rispetta Ie opinioni e i valori altrui, crede nella legge.

Chi e educato sentimentalmente pratica 1'amicizia, la solidarietà, 1'alleanza; ha dignità, tiene conto dell' altro, non ne violerebbe mai l' opinione o la decisione, non ne offenderebbe mai l’esigenza e la libertà. Non abuserebbe ne del corpo, ne delIa mente, ne dell'immaginario di un altro. Chi è educato sentimentalmente integra l'amore con il sesso, il piacere e il desiderio con rispetto delIa volontà e dell'accettazione altrui. Non si vergogna ne dei sentimenti, ne dei pensieri, ne del corpo e delle sue esigenze. Sa che non esistono «peccati» se ciascuno assume Ie proprie responsabilità e, soprattutto, se e messo in condizione di farlo.
Chi e educato sentimentalmente non accetta di sottomettersi: non e ne schiavo, ne padrone. Per lui gli altri sono sol tanto compagni di viaggio per amore. Chi e educato sentimentalmente ha rispetto del ruolo familiare, lavorativo, sociale che detiene e, nella stesso modo, rispetta e si confronta con i ruoli degli altri. Chi e educato sentimentalmente ha fiducia nella speranza. E flessibile ma non fragile, e esperto ma non diffidente. Aspira all' armonia, al bene, alIa bellezza, all' amore.

L'educazione sentimentale e educazione all'amore: e l'amore non conosce «diversità», non discrimina, non nega, non distrugge. L'amore non e «a condizione che» l' altro sia come 10 desideriamo.
L'amore permette di esistere. E liberta dalla paura, dalla solitudine, dalla morte. L'amore e identità.

Offline Animus

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Re: La forza delle donne per cambiare la società
« Risposta #1 il: Ottobre 10, 2010, 15:18:33 pm »
Interessante e molto lungo da commentare punto per punto.. impossibile (a meno di dedicargli ore), mi concentro dunque solo sulla prima affermazione, che come le fondamenta, regge tutto l'edificio:


Dare vita alla vita e un potere grande. Dare vita alla vita e un potere che, da sempre, gli uomini invidiano alle donne. Cosi, prima «dell'invidia del fallo «esiste» l'invidia del grembo».

Allora, l'invidia uterus, sicuramente esiste, ma è la stessa che "provano" tutti gli (altri) animali: si vede che è la femmina a "dare vita alla vita", e bona lì.
Non mi sembra che questo causi nel regno animale grandi sconvolgimenti.

L'invidia penis invece, che voglio ricordare, nasce da un "contratto" per la femmina ritenuto "capestro" (chiaro, per coloro che non sono adepte all'autocoscienza femminile è trattenuto nell'incoscio) dove uno c'ha solo il piacere - il coito- e l'altra i dolori - il travaglio con tutti gli annessi e connessi  (il siamo nate per soffrire delle mamme/nonne), è invece fonte di grandi sconvolgimenti/dolori.

Ed il contratto è certamente capestro.
E' come se uno di voi scrivesse un'intera opera letteraria, di 3.200 pagine (3.2 kg), e dovesse dividere la fama (parità dei diritti "editoriali") con un socio che vi apponga solo il punto conclusivo all'opera stessa.

Sareste contenti?
Non covereste del rancore?
come minimo non gli direste almeno renditi utile?

E' dunque vero, che ogni male, la Storia, inizia con la scoperta della paternità.
E' sul sentimento originario, che non siamo in accordo con le amiche femministe.. ;)

Animus

Ti sentirai più forte, un uomo vero, oh si , parlando della casa da comprare, eggià, e lei ti premierà, offrendosi con slancio.  L'avrai, l'avrai, con slancio e con amore … (Renato Zero)

Ha crocifissi falci in pugno e bla bla bla fratelli (Roberto Vecchioni)

Offline Animus

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Re: La forza delle donne per cambiare la società
« Risposta #2 il: Ottobre 10, 2010, 15:41:50 pm »
Un'ultima considerazione di poca importanza.
L'autrice del testo, cmq ripeto, di buona qualità, non usa il termine invidia del pene o invidia penis, secondo la nomenclatura freudiana, ma usa, guarda caso, "invidia del fallo", ossia, usa un termine che è sinonimo di sbagliato, di qualcosa che dovrebbe essere evitato: dovrebbe non esserci.

Un lapsus?
C.V.D

 :cool:
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