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Classifica Gender Gap WEF 2010
Guit:
http://www.repubblica.it/economia/2010/10/12/news/gender_gap-7976966/
Parecchio materiale in rete ma difficile capire come si fanno i calcoli. Mi aiutate a capirci qualcosa?
L'Italia è 49esima per esempio nell'accesso all'educazione, ma io sapevo che ci sono a scuola più donne che uomini, per non parlare poi del corpo docente ma quello è un altro discorso.
Poi addirittura saremmo 95esimi come salute e aspettativa di vita! Avete letto bene. In un campo dove le donne sono avvantaggiate com'è possibile che siano date per svantaggiate? O forse non è questo il calcolo e sono i giornali a riportare male l'informazione?
mik:
Ho dato un'occhiata a The Global Gender Gap Index 2007 del WEF.
La stranezza dei risultati per educazione e salute si comprende analizzando gli assurdi criteri utilizzati dai ricercatori.
Per dare un'idea a pag. 4 scrivono: "Our aim is to focus on whether the gap between women and men in the chosen variables has declined, rather than whether women are "winning" the "battle of the sexes". Hence, the Index rewards countries that reach the point where outcomes for women equal those for men, but it neither rewards or penalizes cases in which women are outperforming men in particular variables"
Cioe', se le donne hanno risultati migliori rispetto agli uomini, l'indice dell'eguaglianza(!) non ne tiene conto!
Guardando i dati sull'istruzione(educational attainment) si nota l'effetto di questa decisione.
Nel caso della Norvegia(il n° 2 al mondo tra gli stati piu' egualitari) si vede che i risultati femminili nell'istruzione terziaria e in quella secondaria sono migliori di quelli maschili(rispettivamente 98% e 97% contro il 64% e il 96% maschile), ma in entrambi i casi il rank riportato e' 1 (1 indica la perfetta parita', 0 la totale diseguaglianza). Cio' e' particolarmente evidente nel caso dell'istruzione piu' elevata, dove il valore e' 1,54 (3 donne ogni 2 uomini), dato che indica una forte diseguaglianza a sfavore degli uomini, della quale non si tiene minimamente conto, riportando il valore a 1.
Questo fa si' che, pur essendo i dati femminili nettamente migliori negli alti livelli di istruzione, leggermente migliori in quella secondaria ed uguali in quelle di base, il risultato finale non indica la realta', cioe' che in Norvegia sono gli uomini ad essere discriminati nel campo educativo.
Questo modello e' usato in tutti i 4 campi di indagine dello studio.
Nel settore della salute (Health and Survival) si giunge a considerare una maggior longevita' femminile il dato naturale, percio' il valore di parita' e' spostato a 1,06 (e' il rapporto tra mortalita' media delle donne-87,5 anni- e quella degli uomini-82,5).
Quindi, se per caso gli uomini e le donne in un particolare paese vivono lo stesso numero di anni, cio' indica una situazione di discriminazione per le donne. L'assurdita' ed il sessismo antimaschile di cio' e' evidente.
Il dato preso in esame e' quello relativo alla Healthy life expectancy (aspettativa di vita in buona salute, quindi non gli anni effettivamente vissuti). Sempre nel caso della Norvegia si vede che gli anni sono 74 per le donne e 70 per gli uomini: un netto vantaggio per le donne, che pero' diventa svantaggio in quanto l'equita' e' fissata nel rapporto 1,06 a favore delle donne: essendo il rapporto di poco inferiore a 1,06(contando evidentemente anche i decimali), cio' fa si' che il risultato come rank sia il 63° posto nel mondo.
Un altro esempio: in Argentina i valori per l'aspettativa di vita in buona salute sono 68 per le donne e solo 62 per gli uomini. Il rapporto e' 1,10 a favore delle donne; quindi supera il dato di 1,06(considerato eguaglianza), ma per la regola di non tenere mai conto del vantaggio femminile, il rank diventa 1 (perfetta uguaglianza).
Lo studio si suddivide in 14 settori(raggruppati in 4 aree principali) : dal momento che se le donne superano i risultati maschili, il rank riportato e' sempre 1 (perfetta eguaglianza), ma cio' non si verifica nella situazione opposta, e' sufficiente che le donne abbiano un punteggio peggiore degli uomini in un solo settore per essere considerate discriminate.
Il fatto che negli altri campi abbiano valori migliori di quelli maschili non e' preso minimamente in considerazione.
Tutto cio' ci fa capire chiaramente 2 cose:
1) le statistiche possono essere facilmente deformate per sostenere tesi false e di parte: questo lo abbiamo gia' visto in altri casi come le statistiche sulla causa principale di morte per le donne sotto i 44 anni e la presunta migliore competenza delle donne nella guida automobilistica. Ora questi nuovi dati serviranno ad alimentare il solito piagnisteo vittimista ed ipocrita del femminismo, come gia' avvenuto nelle altre situazioni.
2) la ricerca (realizzata da alcuni studiosi di prestigiose universita' come Harvard) e commissionato dal World Economic Forum di Davos( una delle "istituzioni" piu' "prestigiose" del capitalismo liberista mondiale) dice implicitamente ma molto chiaramente una cosa: l'eguaglianza tra i sessi si situa in un qualsiasi punto che sia tra il 50% e il 100%, se a favore delle donne. Quindi se gli uomini vivono di meno, hanno un'istruzione peggiore e, in un non lontano futuro, guadagneranno menoe saranno poco rappresentati nei centri di potere politico ed economico, cio' non significa e non significhera' mai uno discriminazione contro il sesso maschile.
Cio' e' esattamente quello che il femminismo ha sempre inteso quando ha parlato(e parla) di eguaglianza. E' da sottolineare, a mio parere, la perfetta coincidenza con le posizioni espresse dal "vertice" del capitalismo mondiale: cio' con buona pace di chi pensa al femminismo come ad un movimento contro il sistema socio-economico attuale.
mik:
IL SOLE 24 ORE del 13 ottobre 2010 in un articolo intitolato "L'Italia scivola sulle pari opportunita'" (Governo italiano-rassegna stampa) tra l'altro scrive: "Il nostro paese rientra nella minoranza che ha visto le condizioni delle donne in peggioramento con la conseguente discesa dell'Italia al 74esimo posto della classifica dal 72esimo del 2009 e dal 67esimo del 2008"La REPUBBLICA.IT del 12 ottobre 2010 (Donne, l'Italia delle discriminazioni siamo al 74esimo posto su 134 Paesi) tra l'altro scrive: "Le donne in Italia sono sempre piu' svantaggiate. ......<L'Italia continua a risultare uno dei Paesi dell'Ue con il punteggio piu' basso ed e' peggiorata ulteriormente rispetto all'anno scorso>, osserva il Wef nel rapporto reso noto oggi".
"L'indice del Wef misura quattro elementi: partecipazione e opportunita' economica delle donne-materia per la quale l'Italia occupa la 97esima posizione- l'accesso all'educazione (qui l'Italia ha una relativamente buona 49esima posizione), le differenze tra uomo e donna in termini di salute e di aspettative di vita (95esima) e l'accesso femminile al potere politico (54esima)".
Piu' o meno questo e' il modo in cui vengono riportati al pubblico dai media i dati del Global Gender Gap Index 2010 in Italia, un Paese dove la condizione delle donne e' presentata in peggioramento. E questa e' la percezione che il pubblico ha ascoltando queste notizie.
Cio' che non viene detto (o viene malamente spiegato all'interno) sono i criteri che determinano lo scivolamento di un Paese nella classifica globale(o un suo avanzamento). Se si vanno a confrontare i dati del rapporto si puo' notare come queste variazioni di classifica non dipendono quasi mai da un peggioramento del gender gap del singolo Paese, quanto piuttosto dal miglioramento di altri stati.
L'Italia e' passata dal 72esimo posto nel 2009 al 74esimo nel 2010 .I dati in calo si riferiscono a:
i) Wage equality for similar work: un leggero calo in un indice molto discutibile in quanto pretende di parificare le paghe tra i due sessi non per lo stesso lavoro, ma per lavori diversi ritenuti "similar"
ii)Women in ministeral positions: secondo il rapporto si e' passati da 24 donne nel 2009 a 22 nel 2010 (female-to-male-ratio: da 0,32 nel 2009 a 0,28 nel 2010).
Risultano in aumento i seguenti dati:
i) Estimated earned income: da 0,49 a 0,50 (female-to-male-ratio)
ii) Professional and technical workers: da 0,88 nel 2009 a 0,89 nel 2010 (female-to-male-ratio)
iii) Enrolment in secondary education.: da 1,01 a 1,02
iv) Envolvment in tertiary education: da 1,40 a 1,41
Tutti gli altri dati sono stabili. E' evidente che il gender gap tra i due sessi si e' leggermente ridotto, non e' aumentato come invece viene fatto in qualche modo intendere. Cio' che e' realmente successo e' che altri Paesi lo hanno ridotto di piu', scavalcando l'italia nella classifica e facendole perdere alcune posizioni.
Occorre anche tenere presente il peso che viene dato dai ricercatori a singoli dati, fatto verificabile nel caso della Francia. Essa e' passata di colpo dalla 18esima posizione nel 2009 alla 46esima nel 2010, ma se si controllano le singole voci, si puo' constatare che indicano tutte stabilita' o riduzione del gender gap, eccetto per il Women in ministerial positions: in calo da 47 donne nel 2009 a 26 nel 2010 (female-to-male-ratio da 0,88 a 0,36). Il relativo rank e' passato da 4 a 33 determinando da solo gran parte del calo francese.
E' da sottolineare come tutti i dati che indicano condizioni di vantaggio per le donne rispetto agli uomini vengano sistematicamente riportati a 1(perfetta eguaglianza), in tal modo falsando non di poco la reale situazione. Cio' porta a risultati interessanti. Prendiamo il caso dell'italia(2010) nell'Educational Attainment, suddiviso in quattro indici:
i) Literacy rate 0.99 (female-to-male-ratio)
ii) Enrolment in primary education 0,99
iii) Enrolment in secundary education 1,02
iv) Enrolment in tertiary education 1,41
Ora, e' da sottolineare che gli ultimi due dati indicanti un lieve vantaggio nella istruzione secondaria delle donne(1,02) e un fortissimo squilibrio sempre a favore delle studentesse nell'istruzione terziaria(1,41) ricevano entrambi il rank 1(perfetta eguaglianza).
Al contrario, nei primi due dati, la lievissima differenza a sfavore delle donne (0,99) fa si' che i rank assegnati siano 61esima posizione per Literacy rate e 90esima per Enrolment in primary education. Cio' comporta che il rank complessivo del sottoindice Educational Attainment sia 49esimo.
Chi legge che la posizione dell'italia in campo educativo e' 49esima nel mondo e' percio' indotto a ritenere che vi sia un grave gender gap a sfavore delle donne in Italia; la realta' e' esattamente l'opposto: vi e' un grave gender gap a sfavore degli uomini(in questo come in molti altri Paesi), ma di questo i ricercatori autori dello studio non se ne curano minimamente.
Piu' che uno studio sul gap di genere(che dovrebbe misurare gli squilibri a sfavore di entrambi e combatterli) si tratta in realta' di una ricerca smaccatamente di parte, che dimostra bene quale concezione della parita' abbiano gli autori.
Considerazioni analoghe possono essere fatte per Health and Survival. Anche qui i vantaggi in termini di maggior longevita' delle donne in buona salute vengono sempre annullati, riportando il rank a 1 (perfetta eguaglianza); va anche sottolineata l'assurdita' di considerare il valore 1,06 come quello paritario(cioe' si ritiene che la maggior longevita' femminile sia un fatto naturale e non la conseguenza di determinati modelli socio-economici e culturali). Cosi', anche se le donne in un determinato Paese vivono di piu' ma non tanto da raggiungere il rapporto di 1,06 gli autori classificano il dato come gender gap a sfavore delle donne. In Norvegia, dove le donne raggiungono i 74 anni(in buona salute) e gli uomini 70, dato che il rapporto e' leggermente inferiore a 1,06 cio' comporta un rank di 63: si presenta cio' come una discriminazione contro le donne cio' che in realta' e' discriminatorio contro gli uomini.
Tenendo presente in modo realmente equo tutte le differenze tra i due sessi, e' ovvio che la classifica risulterebbe profondamente diversa e lo squilibrio di genere ridimensionato.
Si tenga inoltre presente che alcuni squilibri a sfavore delle donne sono anche il risultato di una minore scolarizzazione della popolazione femminile nel passato e quindi destinati ad essere colmati in futuro. Il forte squilibrio nei risultati nell'istruzione terziaria a vantaggio delle donne, se non corretti con politiche attive di riequilibrio a favore degli uomini, determineranno per le prossime generazioni una progressiva marginalizzazione della popolazione maschile dal punto di vista socio-economico e di rappresentanza politica.
L'assoluto disinteresse manifestato dagli autori pseudo-egualitari di questo rapporto(e per deduzione dall'istituzione che ha commissionato lo studio) danno chiare indicazioni sulle tendenze in atto e sui loro possibili sbocchi.
Giuseppe83:
Per l'istruzione universitaria, basta dare un'occhiata ai laureati dell'anno solare 2009: le femmine sono il 57.9% (169.706 femmine contro 123.316 maschi).
http://statistica.miur.it/scripts/31gennaio/TOTALI.ASP
C'è anche la divisione per area di studio.
PS: comunque lo sapevamo che, quando parlano di "diritti", intendono in realtà "privilegi".
mik:
Guit, aggiungo queste considerazioni che erano gia' implicite nei post precedenti, ma credo meritino di essere sottolineate.
Ho confrontato i dati della Healthy Life Expectancy dei Gender Gap Report(Wef) del 2007 e 2010 riferiti a tre stati: Paesi Bassi, Regno Unito e Svizzera.
Paesi Bassi:
anno 2007: donne 73 uomini 70 1,04 (female-to-male ratio) rank 87
anno 2010: donne 74 uomini 72 1,03 (female-to-male ratio) rank 98
Regno Unito:
anno 2007: donne 72 uomini 69 1,04(female-to-male ratio) rank 85
anno 2010: donne 73 uomini 71 1,03(female-to-male ratio) rank 97
Svizzera:
anno 2007: donne 75 uomini 71 1,06(female-to-male ratio) rank 67
anno 2010: donne 76 uomini 73 1,04(female-to-male ratio) rank 84
Tenendo sempre presente che l'eguaglianza e' fissata a 1,06 invece di 1 perche' la differenza di longevita' a favore delle donne e' considerata naturale dagli autori della ricerca, si puo' notare che in tutti e tre gli stati il rank aumenta tra il 2007 e il 2010, il che significa che il gender gap sfavorevole alle donne peggiora.
Tuttavia l'apettativa di vita in buona salute per le donne aumenta tra il 2007 e il 2010 in tutti i tre Paesi(1 anno in piu' di vita).
Quella degli uomini aumenta anch'essa(2 anni in piu').
La riduzione della differenza tra donne e uomini(da 3 a 2 anni nei Paesi Bassi e nel Regno Unito, da 4 a 3 anni in Svizzera) viene interpretata non come una riduzione della diseguaglianza tra i sessi(quindi una riduzione del gender gap), bensi' come un peggioramento della diseguaglianza femminile. Cio' fa scendere la posizione occupata da tutti i tre Paesi in questo particolare settore.
Tutto questo e' conseguenza della decisione di considerare la maggior longevita' femminile come naturale e non frutto di realta' sociali, economiche e culturali: quindi gli autori affermano implicitamente che ogni tentativo di aumentare la vita media maschile portandola al livello di quella femminile e' in realta' una violazione dell'eguaglianza tra i sessi.
Prova solo ad immaginare quali reazioni indignate e furibonde provocherebbe una simile tesi se fosse rivolta contro le donne.
Ogni ulteriore commento e' superfluo.
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