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Classifica Gender Gap WEF 2010

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Giuseppe83:
Mik, ci sono abbastanza dati per ricostruite il vero gap? Ovviamente solo per l'Italia (e, al limite, per il paese più femminista)?

mik:

--- Citazione da: Giuseppe83 - Ottobre 18, 2010, 22:03:07 pm ---Mik, ci sono abbastanza dati per ricostruite il vero gap? Ovviamente solo per l'Italia (e, al limite, per il paese più femminista)?

--- Termina citazione ---

Per fare un calcolo preciso servono competenze che non ho. Inoltre, non sarebbe possibile comunque perche' alcuni valori non sono fissi, ma variano. Per esempio il sex ratio at birth(female/male) e' fissato a 94,4 femmine ogni 100 maschi. In realta' esso varia naturalmente entro un intervallo di 94-96 (ciò è quanto sostengono i demografi).
C'e' anche da tenere presente che sono state fatte scelte discutibili come considerare l'aspettativa di vita in buona salute e non gli anni effettivamente vissuti o dare un peso eccessivo a dati come women in ministerial positions (questo dato è stato in gran parte responsabile della discesa in classifica della Francia, come ho scritto in un post precedente).

Ciò che si può facilmente capire leggendo i dati del rapporto è la sua inattendibilità nel raggiungere il suo scopo dichiarato: presentare dati scientificamente validi per misurare il gender gap.
Nell'introduzione gli autori sostengono che il gender gap sia stato colmato per l'80% nei Paesi Scandinavi, ma tenendo presente che essi non considerano i campi in cui le donne sono in vantaggio (come l'istruzione superiore e universitaria e l'aspettativa di vita media) è evidente che il dato è inferiore alla realta'.

L'uso strumentale che viene fatto di questo rapporto deriva anche da come viene interpretata la posizione del singolo Paese nella classifica: chi legge che le Filippine sono al 9° posto e l'italia al 74° può facilmente dedurne(o essere indotto a dedurre) che la condizione femminile sia nettamente migliore nelle Filippine piuttosto che in Italia. Ovviamente leggendo il rapporto questo fraintendimento non è possibile poichè gli autori spiegano chiaramente che cio' che viene misurato è la differenza tra la condizione maschile e femminile nei singoli Paesi, ma la gente si forma un'opinione sulla base di ciò che viene riportato e spiegato (spesso molto male) dai media, sovente più dai titoli che dal contenuto. E' sufficiente dare un'occhiata ad alcuni articoli di questi giorni per rendersi conto della facilita' con cui i dati possono essere fraintesi.

Guit:
C'è un'importante precisazione da fare che riguarda il metodo di sommare i rank delle quattro aree prese in esame: salute, lavoro, educazione e political empowerment.

I rank singoli vengono sommati e il totale diviso per 4, ottenendo così il rank totale.

In tutti i casi che ho osservato il political empowerment è sempre il valore più basso, ed è quindi quello che maggiormente contribuisce all'abbassamento del rank totale.

Ma a differenza di salute, lavoro ed educazione, che riguardano la totalità della popolazione, il political empowerment riguarda un sottogruppo e non viene considerata l'incidenza sulla popolazione totale di una nazione del gruppo politico, ottenendo così una stima al ribasso della condizione di vita della maggioranza dei cittadini, dei quali solo una componente marginale possiede ambizioni politiche.

In sostanza, se prendessimo i valori reali (non tagliati a 1), ed escludessimo il political empowerment, otterremmo in quasi tutti i paesi un indice di uguaglianza prossimo se non in taluni casi superiore a 1 !

Senza considerare poi, che includere la differenza naturale uomo-donna per l'aspettativa di vita (in buona salute), ammette un metodo che dovrebbe essere seguito anche per fissare la parità di performance lavorative spostata a favore degli uomini, in virtù della loro maggiore prestazione e del non essere coinvolti come le donne nella maternità.

Ma in questo caso non è stato fatto e la parità lavorativa è fissata a 1.



mik:
Lo score complessivo del Paese è dato dalla somma degli scores relativi ai 4 sottoindici (economia, istruzione, salute e politica) diviso per 4.

Si possono fara alcune considerazioni ulteriori.

Political Empowerment: tiene conto solo di 3 dati (donne in Parlamento, in "ministerial positions" e numero di anni con "head of state" donna).
Per Head of State si intende chi presiede l'esecutivo: quindi nel Regno Unito, per esempio, si considerano i 12 anni di governo Thatcher(1979-1990) e non il Capo delle Stato, che è dal 1952 la Regina Elisabetta II. Ciò per spostare l'attenzione sulle cariche elettive, ma non tenendo in conto che non tutti i Paesi monarchici prevedono la successione femminile al Trono: in qualche modo questo dato andrebbe tenuto in considerazione.
Maggior rilevanza ha il concentrarsi esclusivamente sul Parlamento e il Governo, dimenticando che esistono un numero enorme di incarichi pubblici a livello regionale, provinciale e comunale (per citare il caso italiano): nell'introduzione (pag.4) gli autori ammettono questo limite: "A clear drawback in this category is the absence of any variables capturing differences between the partecipation of women and men at local levels of government."

Dei tre sottoindici che compongono il Political Empowerment, è da notare come il "Years with female head of state" pesi per ben il 44,3%, il "Women in ministerial positions"  per il 24,7% e "Women in Parliament" per il 31%.

Questa distribuzione del Weight  tra i tre sottoindici appare già molto discutibile: così la Svezia, che ha uno score di 0,87 per Women in Parliament e 0,82 per Women in ministerial positions, ottiene un punteggio di soli 0,471 (Political Empowerment) totalizzando 0 nel years of female head of state: è evidente l'eccessivo peso dato alla guida dell'esecutivo.
Il caso francese è emblematico delle distorsioni provocate dalle scelte degli autori del Genger Gap: il calo da 47 (2009) a 26 (2010) nel women in ministerial positions fa perdere alla Francia 0,13 punti nel Political Empowerment, che si traducono in un calo dello score complessivo del Paese di 0,03. Ciò equivale all'intero calo della Francia: da 0,733 nel 2009 (18° posto) a 0,703 nel 2010 (46° posto).


Sul campo Health and Survival si può fare un'ulteriore considerazione (oltre a quelle già trattate in precedenti post): il Sex ratio at birth ha un peso del 69,3 % contro appena il 30,7 % dell'aspettativa di vita in buona salute. A ciò occorre aggiungere che è stato fissato come equo il valore di 94,4 nate femmine ogni 100 maschi quando non esiste un valore fisso e l'oscillazione naturale è 94-96.
Il peso eccessivo dato al sex ratio e il fatto che sia leggermente al di sotto del livello di equità dagli autori arbitrariamente fissato a 94,4 (l'Italia ha un valore di 94, che è del tutto naturale), unito al riportare a 1 il vantaggio femminile nell'aspettativa di vita, comporta per l'Italia il calo dello score Health and Survival di 0,03 e quello generale di 0,0075: ciò significa che questi soli 2 errori fanno calare lo score dell'Italia di 3/4 di punto percentuale. Se si tenesse conto del vantaggio femminile nell'aspettativa di vita, il guadagno per lo score generale dell'Italia sarebbe di 0,0125 (cioè dell'1,25 %).
Un analogo calcolo che tenesse conto del vantaggio femminile nel campo Educational Attainment farebbe aumentare lo score complessivo dell'Italia del 2,75 % (0,0275).

Già da questi calcoli si può comprendere come l'intera "classifica" ne verrebbe modificata e il gender gap ridotto rispetto ai calcoli degli autori ( frutto di precise scelte politiche).

Una considerazione finale sulla Svezia: essa occupa il 4° posto nel mondo ( score 0,8029). Calcolando i vantaggi femminili (nettissimi nell'istruzione terziaria: 1,59) nei primi tre campi e non tenendo in considerazione le riserve suddette sul Political Empowerment svedese (che, se tenute in considerazione, ridurrebbero ulteriormente il gender gap) si può calcolare che lo score generale svedese vada aumentato di almeno il 5% ( score 0,05).
Se a ciò si aggiungessero tutte le considerazioni svolte sul peso dei singoli sottoindici, sulla opportunità della presenza stessa di alcuni ( come quello relativo all'Head of State), sulla sottovalutazione dell'indice dell'istruzione terziaria ( Weight 12,1 % contro il 45,9 % dell'istruzione primaria e il 19,1 % dell'alfabetizzazione) e di quello dell'aspettativa di vita (che dovrebbe essere sostituito dagli anni effettivamente vissuti) rispetto al sex ratio alla nascita (solo per citare alcuni degli elementi criticabili nel rapporto), il gender gap svedese risulterebbe ulteriormente ridimensionato in modo radicale.
Analoghe considerazioni possono essere fatte per tutti gli altri Paesi.

Guit:
Ragionando in astratto (cioè, in concreto). Qual'è il principio utilizzato per la scelta degli indicatori?

Primo. Perché una maggiore rappresentanza di un sesso in politica è considerata benefica per tutti gli appartenenti a quel sesso? Non è questo antistorico considerando che tutti i diritti femminili sono stati ottenuti per mezzo di apparati politici maschili? Non è anti-egualitarista, dal momento che c'insegnano che un uomo o una donna, purché capaci, sono equivalenti?

Secondo: perché non è stato scelto uno o più indicatori capaci di riflettere la condizione dei sessi rispetto a diritto di famiglia e diritto riproduttivo, aree mi sembra ben più importanti per la vita di un individuo medio, rispetto al political empowerment?

Insomma, è una classifica per i cittadini o per i radical chic?

Risposta: è una classifica radical chic, propinata come rappresentativa della condizione di tutti.

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