Autore Topic: Perchè sono possibili le incredibili assoluzioni per infermità  (Letto 1079 volte)

0 Utenti e 1 Visitatore stanno visualizzando questo topic.

Offline Giuseppe83

  • Affezionato
  • **
  • Post: 859
Ho pensato di inserire una spiegazione sintetica relativa ad un argomento che viene spesso trattato. Liberi di trasferirla in una discussione già aperta.

                              NORMATIVA (artt. 88 - 89 - 90 c.p.)
Si deve guardare alla condizione dell’agente al momento del fatto.
-Se era affetto da un’infermità che escludeva del tutto la c.i.v. -> niente pena 
-Se era affetto da un’infermità che riduceva di molto la c.i.v., senza però escluderla ->  pena ridotta
-Se era in preda a emozioni o passioni ->  pena intera 


                     PROBLEMATICHE (non di carattere giuridico)
1.1) L'infermità psichica, che ha un significato ancora più ampio di malattia psichica, è qualcosa di estremamente vago e volubile. [Per esattezza, l’infermità può anche essere fisica: basta che incida sulla c.i.v.]
1.2) Come si distingue l’infermità psichica dallo stato emotivo o passionale (che può escludere la c.i.v., sebbene il legislatore, per responsabilizzare, non dia rilevanza a ciò)?
2.1) Si può accertare obbiettivamente l'effetto dell'infermità sulla c.i.v.?
2.2) Di più: si può distinguere obbiettivamente l’entità dell’effetto  (esclusione – grande riduzione  - piccola riduzione – nessuna riduzione della c.i.v.)?
2.3) Per  i due punti precedenti, il problema è aggravato dal fatto che queste valutazioni vanno compiute con riferimento ad un momento passato (quello in cui fu commesso il delitto).

Infine, mi domando: quanto il giudice può essere influenzato dalla propaganda femminista, che vuole le femminucce sempre incapaci di fare coscientemente del male?

                                                     
                    PER L’INFERMA PSICHICA CHE EVITA IL CARCERE
La situazione è un po’ complessa da spiegare. La disciplina codicistica originaria è stata modificata da legislatore e Corte Costituzionale.
Per chi era del tutto incapace, esiste l’ospedale psichiatrico giudiziario (art. 222). Per chi lo era solo in parte e ha scontato la pena ridotta, esiste la casa di cura e custodia (art. 219). Di fatto non esistono differenze tra i due istituti, che non sono considerati comunque luoghi adeguati alle loro finalità. La durata minima della permanenza è rapportata alla gravità del delitto commesso.
Queste misure si applicano soltanto se si ritiene probabile che il soggetto commetta nuovi reati. Altrimenti si è liberi.
Non si applicano se il delitto era colposo (o, limitatamente all’ospedale, se non era  grave).
Il giudice può sostituire l’ospedale con la libertà vigilata se non c’è pericolo e il soggetto può essere curato ugualmente; lo stesso può fare con la casa se il delitto non era grave.

Offline Zoltan2

  • Affezionato
  • **
  • Post: 1069
Re: Perchè sono possibili le incredibili assoluzioni per infermità
« Risposta #1 il: Ottobre 15, 2010, 02:11:19 am »
La questione dell'infermità mentale è chiaramente "la variabile indipendente" che consente di intervenire sui processi in maniera arbitraria per decidere da dietro le quinte l'esito del processo. L'intera definizione di "infermità mentale" è assurda, in quanto la "follia" stessa è un concetto molto soggettivo e vago. Si potrebbe discutere a lungo su quanto sia assurdo definire una persona "incapace di intendere e volere" in maniera arbitraria, poiché tale definizione non dà ragione delle infinite sfumature della psiche umana. Attuando tale distinzione grossolana, sembrerebbe che ci sono persone che non sono completamente in grado di decidere e capire quello che fanno e persone che invece hanno sempre pieno potere sulle loro azioni. La realtà è molto molto più complessa, ovviamente. La realtà è che lo stesso concetto di potere decisionale è ben discutibile, poiché ognuno di noi agisce sempre sotto la guida dei propri istinti, del nostro stato d'animo e degli stimoli esterni. Noi non siamo, e non saremo mai, fautori del nostro destino, delle nostre azioni in maniera completa. Se per "intenzionalità" intendiamo la capacità di una persona di dominare i propri istinti con la "ragione", si può affermare che tale controllo sia meno influente di quanto si possa immaginare. Le nostre azioni non sono il prodotto di una decisione "metafisica" proveniente da una parte del nostro cervello totalmente indipendente e libera, ma sono il prodotto dell'alchimia dei nostri processi mentali biochimici, questi ultimi dipendenti solo da stimoli esterni e interni. Quando una persona compie un omicidio per esempio, lo fa sempre per una ragione ben precisa, anche se la sua parte cosciente non se ne rende conto. Ci sono persone che hanno ucciso per sfogo, altri per frustrazione, altri per paura. Ma non possono esistere persone che hanno deciso arbitrariamente di uccidere e persone che non lo hanno "deciso" completamente in quanto, appunto, la stessa capacità decisionale è un'illusione della nostra natura. La stessa capacità di controllo sulle nostre azioni è essa stessa un processo che non possiamo controllare: tale capacità è anch'essa una capacità soggettiva e innata. Non si può decidere di avere, arbitrariamente, maggiore controllo sulle proprie azioni; ma tale capacità è presente solo nella quantità che la natura (e il nostro cervello) ci consentono di avere. L'intenzionalità, insomma, è più che altro un'illusione, in quanto gran parte di essa altro non è che il prodotto di processi mentali e ambientali NON controllabili.

In poche parole, le nostre azioni sono il prodotto di due fattori: La nostra natura innata e gli stimoli esterni. Ovvero: le nostre azioni NON possono essere giudicate come intenzionali o non intenzionali. Al massimo, si può giudicare l'individuo in base alle sue capacità innate (genetica). Se giudichiamo l'intenzionalità o meno in realtà stiamo giudicando le capacità di controllo maggiori o minori che l'individuo ha sui propri impulsi e sui propri istinti. E' concettualmente paradossale giudicare l'intenzione come qualcosa di indipendente (anche parzialmente) dalla natura del soggetto! Seguendo quindi questo ragionamento, si evince automaticamente che chiunque compia un'azione lo fa per conseguenza alla propria natura e agli stimoli ambientali che ha vissuto. Quindi non esistono persone "incapaci di intendere" né persone "capaci di intendere" ma al massimo persone con più o meno controllo sulle proprie azioni e semplici conseguenze a stimoli e situazioni esterne.

Voglio fare un esempio. Ci sono stati casi di madri che hanno ucciso i figli e queste sono state assolte in quanto "incapaci di intendere e volere" poiché, dopo analisi peraltro grossolane e superficiali è stato deciso che la componente istintiva è stata tanto forte da annebbiare la razionalità di queste persone. (...Ci si potrebbe anche chiedere, peraltro: Ma davvero conosciamo così bene i processi mentali umani da poter giudicare in maniera così approfondita? E le persone che se ne sono occupate, soggette a errori e soggettività, hanno il diritto di dare un giudizio così importante?)  

Dall'altro canto voglio portare alla luce il fatto che è avvenuto per le strade di Roma qualche giorno fa, in cui un uomo ha tirato un pugno a una donna stordendola dopo che lei lo aveva aggredito con calci, pugni e schiaffi ripetutamente. Badate bene, riporto tale episodio solo per esempio, ma potreste sostituire con esso qualsiasi azione o reazione comune. In tale episodio, non verrà applicata la regola dell'infermità mentale, poiché il gesto dell'uomo, agli occhi pur sempre soggettivi dei giudici sembrerà esagerato, immotivato e soprattutto arbitrariamente voluto. Come se quel pugno fosse il solo prodotto della decisione di un computer e non come la reazione istintiva e non controllabile a determinati stimoli esterni aggressivi. Ma chi può giudicare tale gesto istintivo o non istintivo, lecito o non lecito, realmente voluto o una semplice reazione a una serie di stimoli esterni?? L'omicidio dei figli da parte delle madri viene giustificato dalla frustrazione della madre, e da quella che definiamo come sindrome "post partum". Bene, nell'ottica giudiziaria il reato non deve essere punito in quanto la donna non è mossa da volontà propria ma forzata e manipolata da una condizione mentale.
E allora io dico: L'uomo che si vede aggredire, malmenare e denigrare, non è stato anch'esso portato al gesto incriminato (il pugno) da una inevitabile (e non controllabile) azione istintiva scaturita da una serie di stimoli esterni che hanno prodotto tale reazione? Perché una madre che uccide il figlio per stress e frustrazione non deve essere condannata e un uomo provocato, impaurito e aggredito che reagisce d'istinto rilasciando un pugno deve invece essere definito come "TOTALMENTE intenzionale"?

Se definiamo "incapace di intendere e di volere" una donna che uccide il figlio a causa dello stess causato dalla sindrome post partum, siamo sicuri che un uomo che stupra una donna a causa di enormi frustrazioni sessuali e stress indotto (poichè lo stupro è conseguenza sempre di una condizione psicologica "estrema") debba essere condannato come se fosse vi fosse una reale differenza fra i due reati? Non sono entrambi reati scaturiti da una mancanza di controllo su impulsi aggressivi indotti da stress e frustrazione?!?! E allora se entrambi sono reazioni irrazionali e incontrollabili trascinate da impulsi e instinto, perché si vuole "capire" la ragione di un gesto e invece "non capire" la ragione dell'altro?

E' chiaro che questo modo di interpretare la realtà è assurdo e ipocrita, perché interpreta due fenomeni sostanzialmente IDENTICI (ovvero reazioni a condizioni ambientali e psicologiche NON controllabili e determinabili dall'interessato) come due azioni DI NATURA COMPLETAMENTE OPPOSTA.

Concludo arrivando al teorema che:

"Esistono persone con maggiori capacità di controllo e con caratteristiche psicologiche e biochimiche differenti, ma non esistono persone che decidono indipendentemente di fare una certa cosa, ma solo persone che vengono portate dalla loro natura a comportarsi in un certo modo se sottoposte a un certo stimolo esterno"

E comunque, se si vuole credere alla semplicistica visione delle cose secondo cui c'è chi "intende" e chi "non può" allora basterebbe la stessa natura di tale visione a contraddire i giudizi sulle persone ritenute "incapaci di intendere".
Se davvero affermiamo che, almeno entro minime variazioni, ci sono persone che sanno intendere più di altre e quindi controllarsi maggiormente; allora non ha senso condannare maggiormente queste persone rispetto a chi compie un delitto e non era capace di intendere e volere. Se questi ultimi hanno minore controllo su di loro significa che possiedono capacità (ovviamente genetiche cioè innate) minori di controllo e coscienza sulle loro azioni e, per questo, dovrebbero essere giudicate, se non doppiamente colpevoli, almeno allo stesso pari di chi ha agito "coscientemente". Come qualcuno nel forum aveva già detto: "Se non sono capaci di controllarsi come gli altri, a maggior ragione non dovrebbero essere doppiamente colpevoli?"

E badate bene, come già detto la capacità di controllarsi è anch'essa una capacità innata e quindi predeterminata e non controllabile dal soggetto.

« Ultima modifica: Ottobre 15, 2010, 02:24:34 am da Zoltan2 »
La donna media sogna 10, pretende 10 e ottiene solitamente 8.
L'uomo medio sogna 8, chiede 4, e, se gli va bene, ottiene 1.