Vediamo ragazzi cosa ne pensate di questo quadro , proposto da un'uomo, un mio Professore.
Una psico-sociologia della sessualità e del potere necessita ancora di essere scritta circa il caso italiano la cui specificità è legata alla forte "presenza" della chiesa catolica. L'uso della pornografia è un modo illusorio di produrre la liberazione della sessualità, come libertà illimitata, come profonda relazione dell'Eros.
Le dimensioni della sessualità e del potere sono anche intrecciate con il ruolo dell'uomo e della donna all'interno della famiglia e nelle relazioni sociali. Il problema presenta alcuni aspetti che riguardano:
a/ la socializzazione del maschio italiano al rapporto genitale e l'idea che è impossibile sviluppare con una donna una relazione basata sulla pura amicizia indipendentemente dal coinvolgimento corporeo.
b/ l'adattamento della donna al ruolo passivo dell'essere corteggiata con un lungo, insistente rituale.
c/il controllo familiare sull'educazione sessuale e un comportamento con un doppio standard per l'uomo e per la donna.
d/ il sottosviluppo sessuale dell'uomo che si basa sulla convinzione che il potere dell'uomo sia potenza sessuale; partner sessuali, conquiste sessuali, orgasmo sessuale.
L'ideologia maschile del predominio attraverso la rappresentazione sessuale priva la relazione uomo-donna di profondità lo stesso rapporto. L'oggetto sessuale della donna in contraposizione ai soggetti sessuale e relazionali al punto tale che una donna non è considerata soggetto se non c'è la relazione e il ruolo intrafamiliare, per cui da soggetto d'amore, da venerare/come madre, sorella, moglie , figlia/, in mancanza della relazione si trasforma in oggetto da usare e sfruttare/ come prostituta o come altra donna da "adescare"/. In rapporto a tale contesto l'orientamento dell'uomo cerso lo sfruttamento sessuale ed il conseguente meccanismo di difesa della donna contro tale oggettivazione e alienazione del rapporto uomo-donna, vizia in partenza la possibilità di qualsiasi rapporto di profonda amicizia.
Molto spesso il rapporto uomo-donna si trasforma in una relazione di coppia-gabbia; il meccanismo della società opera attraverso legami basati sulle coppie, ma il legame non è una coppia ma bensi è un elemento isolato. Una coppia-gabbia sviluppa un'esclusiva, assorbente relazione con pochissime aperture verso la società verso la gente non accoppiata. Una coppia aperta non è un invito alla promisquità sessuale, ma spesso rivella il profondo vuoto a livello emotivo ed a livello intellettuale che è stato latente a causa dell'enfasi erotica totalizzante. Quando l'Eros perde i suoi effetti di droga i due partner si ritrovano già legati per la vita.
Chi si ritrova qui? E delle coppie aperte che ne pensate?
dunque, analisi interessante, ma sintesi confusa.
il punto a) non è da condividere, prova ne sia che giustamente la prima è la donna a vedere, per forza di cose, se quel tale maschio è da considerare un partner o meno. infatti chiede amicizia quando vede che il tipo non puo secondo lei essere un partner. dico giustamente, perché è sacrosanto che una persona da sola voglia prima di tutto realizzarsi sentimentalmente. meno ovvi e condivisibili sono i criteri attraverso cui la donna ritiene tizio valido come partner e caio valido come amico. ed in questo non è lei l'unica responsabile, se dobbiamo dir la verità: bene o male, le relazioni sociali da cui scaturiscono quelle amorose (grosso abbaglio della storia umana) sono tali che l'uomo cerca, e la donna è oggetto di tale ricerca. se l'uomo cerca e trova tizia, logicamente tizia è oggetto di tale ricerca. il che significa che l'uomo non si occupa di vedere se tizia è adeguata o meno a lui, in quanto la sta già "perseguendo", è per così dire impegnato all'azione. dal canto suo lei, che è oggetto della azione di lui, è libera da incombenze di azione, e quindi pensa. se poi aggiungiamo che a perseguire tizia, mediamente, non ci sia solo tizio ma anche caio e sempronio, è chiaro che lei deve decidere da chi esser perseguita. non essendo lei in possesso di elementi congrui di giudizio, non può fare altro che congetturare, supporre, cavillare, sulla base dei pochi indizi che ha. essendo questi pochi indizi il tutto di cui lei si trova in possesso, per lei quel che pensa è legge. questo quadro appare ribaltato solo se è lei a perseguire lui, ma ciò si verifica solo quando la donna si trova di fronte a un dio. a quel punto, il tizio in questione, in quanto perseguito non è soggetto a giudizio da parte sua: il giudizio caso mai c'è stato prima. può sempre esser rivedibile, ma in pochissimi casi, dato che fin quando permane l'idea nella testa femminile, sempre di un dio si tratta!!!!
il punto b) è conseguenza di quanto detto a proposito del punto a)
il punto c) è condivisibile senza discussione, almeno credo; e si tratta forse del peggior guaio della storia dell'uomo, almeno per quanto mi riguarda, appunto il doppio standard - orribile, da incubo, altro che civiltà.
il punto d) di concerto con quanto detto sui primi due punti, è esatto ma non è un purtroppo, bensì un meno male, un vivaddio che lo sia. anzi ci si dovrebbe lamentare che per la donna generalmente non sia così, a meno di non avere incontrato il dio di turno.
infatti il problema maggiore non è tanto l'impossibilità di amicizia (nel senso di invece di amore) tra uomo e donna: per quello basta che non vi sia attrazione da parte di entrambi ed il gioco è fatto. quanto all'amicizia nel quadro dell'amore, invece, quella è impossibile in quanto non esiste nella donna una cultura di individuo, esiste solo una cultura di specie. quando la donna riesce ad esser quel che deve essere solo con il dio e non con uno alla pari, in realtà ottempera ad un imperativo di specie (maschio valido per la miglior progenie possibile), non di individuo. se avesse la cultura dell'individuo, sarebbe "porca" con tizio, accoglierebbe la "porcaggine" di tizio nei suoi confronti, ritenendo questo amore e non bassezza, e contribuirebbe a quella sana reciprocità che prevede la tanto agognata amicizia nel quadro dell'amore, e non solo invece di esso, come chiede ad uno che non ritiene alla sua altezza come partner.
spero di essere stato chiaro e ritengo che le conclusioni maturate dallo scienziato o dalla scienziata (mi pare più probabile, sebbene il documento dica il contrario) di turno siano di natura prevalentemente autobiografica. non è che la donna venga vista solo in funzione dell'uomo, è la donna che finisce con i suoi comportamenti a voler questo: insomma se innamorata, subordinata; per non esser subordinata, deve fare a meno dell'uomo. insomma non esiste una cultura femminile alla pari.
forse, scusate l'aforisma, il problema è anche aritmetico: perché si produca un rapporto, tocca pronunciar 2 sì, mentre perché non si produca basta 1 solo no.