Autore Topic: Un'epoca di acque basse  (Letto 1444 volte)

0 Utenti e 1 Visitatore stanno visualizzando questo topic.

Offline jorek

  • Veterano
  • ***
  • Post: 1648
  • Sesso: Maschio
Un'epoca di acque basse
« il: Novembre 17, 2010, 23:08:15 pm »
Un'epoca di acque basse (Alain de Benoist )
pubblicata da INFORMAZIONE SCORRETTA il giorno martedì 16 novembre 2010 alle ore 11.01

Cornelius Castoriadis soleva dire che viviamo in una «epoca di acque basse». L'espressione era ben trovata. L'Europa oggi sembra non avere alcun contenuto sostanziale. Non mira a nessun progetto comune, non vuol più avere nessun ruolo storico. Addirittura, nessuno è d'accordo nell'individuare ciò che la potrebbe definire. L'Europa si trasforma lentamente in un vasto caravanserraglio, senza storia, senza memoria e senza frontiere. Costituisce una sorta di massa inerte, ma agitata da tutte le parti. Vi si esiste senza viverci. Vi ci si muove incessantemente, ma per non andare da nessuna parte. Vi si osservano mille forme, che però non hanno contorni. Vi abbondano i poteri, ma non ha potenza. Tutti pretendono di essere differenti, ma l'indistinzione è la regola.

 

Le immagini e i rumori si succedono sul registro dell'effimero e della superficialità. Puntano ad attirare l'attenzione, a distrarre, a far pensare ad altro, o più precisamente ad impedire di pensare. L'insignificante diventa legge generale. Viene da pensare al mondo descritto nel film dei fratelli Wachowski, Matrix. Ognuno vi considera vero quel che è inautentico, ognuno vi è manipolato nel momento stesso in cui si crede libero. Mai gli uomini hanno tanto creduto di fare quel che vogliono, mai sono stati assoggettati a così tante regole. Non sanno, del resto, cosa davvero vogliono, dal momento che è lo stesso sistema a modellare i loro desideri. La pubblicità, onnipresente, ripete instancabilmente il medesimo e unico messaggio, ovvero che la felicità risiede nell'acquisizione di oggetti, nell'accumulo delle cose. L'ideologia della merce, alla continua ricerca di nuovi sbocchi, generalizza il vuoto spettacolare-mercantile. Siamo alla reificazione dei rapporti sociali, al trionfo senza limiti della dialettica dell'avere sulla comunità dell'essere.

 

Ogni giorno vengono distrutti migliaia di posti di lavoro, ma nessuno pensa a difendere qualcosa che non sia il proprio interesse personale. Le lotte sono esclusivamente di categoria, senza che alcunché le subordini a qualcosa di più generale. Gli scontenti si addizionano ma non si aggregano. Al sistema si rimprovera di distribuire male le cose, non di essere ormai capace solamente di produrre cose. La stessa vita politica è caratterizzata dalla neutralizzazione-privatizzazione, dalla sfiducia e dall'astensione. In regime di atomizzazione sociale, quando ogni esistenza individuale viene vissuta come un assoluto, le masse non racchiudono dentro di sé nessuna capacità di mobilitazione. Inerti e spugnose, svuotate di qualunque energia; pronte ad assorbire tutto, si sono trasformate in quelle «maggioranze silenziose» delle quali parlava Baudrillard, che sono maggioranza soltanto come silenzio.

 

La più grande vittoria del sistema consiste nell'aver persuaso le menti non delle proprie qualità ma del proprio carattere fatale. Il sistema non pretende di essere perfetto, sostiene che non esistono alternative. Ma se non si può più sperare in un mondo migliore, non c'è più niente da fare. Così si generalizza quel «disagio della civiltà» di cui parlava Sigmund Freud. Il disagio deriva dal fatto che le persone sperimentano immense miserie in un mondo in cui viene loro ripetuto che non possono che essere felici. Tocqueville, come è noto, aveva previsto tutto ciò. E anche Nietzsche, quando evocava «l'ultimo uomo».

 

Ma il peggio non è in questo. Il peggio è che il sistema non può più essere contestato, non più tanto perché rifiuta e sanziona la contestazione, ma perché la assorbe e la digerisce, immunizzandosi in tal modo contro di essa. Non sono più soltanto i falsi ribelli ad essere in discussione. Aggiungendosi ai "pentiti" e agli allineati, i falsi ribelli sono coloro che pretendono di prendersela con i tabù dominanti, quando invece da un bel pezzo non fanno altro che sfondare porte aperte ed esibire insolenze calcolate, adatte tutt'al più a far loro attribuire la redditizia posizione di buffone di corte o di opposizione di sua maestà. (Eppure, in ogni società, è facile individuare dove si trovano i veri tabù: sono quelli la cui rimessa in discussione scatena azioni giudiziarie). Il dramma è, semmai, che la vera rivoluzione non trova più nessun punto d'appoggio, nessun agente storico che le consenta di incarnarsi. Ci sono sempre, certo, dei veri ribelli, ma essi vivono in solitudine, o rinchiusi in cerchie marginali che non hanno più alcuna presa sul mondo. Il sistema dominante ingoia tutto, si nutre di tutto. Un «Picasso» in altri tempi era un quadro, oggi è un'automobile. Guy Debord lo si espone alla Biblioteca nazionale di Parigi, i manifesti del maggio Sessantotto servono alle pubblicità commerciali e si fabbricano dei loghi utilizzando il volto di Karl Marx, di James Dean o di Che Guevara. La straordinaria capacità del sistema di recuperare a proprio profitto quasi ogni cosa pone direttamente una domanda: che cosa è irrecuperabile? Ma l'enigma del soggetto storico persiste tal quale.

 

Non si tratta certo di rimpiangere i "grandi racconti" della modernità, che hanno fatto di gran lunga il loro tempo. Bisogna però pur constatare che il deficit di senso — la scomparsa dei "punti di riferimento" — che i nostri contemporanei percepiscono confusamente è prima di tutto la conseguenza del crollo di tutti i progetti collettivi. Quel che fa difetto è l'orizzonte di senso creato da valori condivisi, la chiara consapevolezza che il vivere assieme è portatore di un destino comune. L'esistenza individuale trova il modo di realizzarsi soltanto collocandosi all'interno di un orizzonte di senso comune. E la reciprocità fra i singoli individui ad aprire lo spazio di ciò che è comune, inteso come il luogo di un reciproco riconoscimento. L'essenza della vita comune non è generica, ma storica: costituisce il sito della storia, il luogo della messa in comune (koinonía), ciò a partire dal quale la storia avviene.

 

Ebbene, mentre l'Europa esce dalla storia, il resto del mondo è scosso da sommovimenti e soprassalti, che lasciano prevedere sismi in arrivo. Le onde d'urto si propagano da un continente all'altro, mentre le minacce si accumulano. Le scadenze ecologiche si precisano un po' più ogni giorno, il sistema finanziario mondiale si mantiene ormai in uno stato di imponderabilità, la crisi sociale si generalizza, gli squilibri demografici si accentuano, un nuovo ordine geopolitico del mondo va disegnandosi.

 

«La fine della speranza è l'inizio della morte», diceva il generale de Gaulle. La disperazione è sicuramente una sciocchezza, ma il fatto che sia una sciocchezza non rassicura affatto. Non basta ricordare che la storia è, per definizione, sempre aperta per potersi convincere che tutto finirà con l'aggiustarsi. Innanzitutto, la storia non è aperta su qualunque sviluppo, perché vi sono dei processi che non possono che giungere al termine. Inoltre, può anche essere aperta al peggio. Ciò che conta, in queste condizioni, è prestare attenzione ai segni premonitori. Quando la storia risorge, lo fa in forme sempre inedite, destinate a deludere i nostalgici che sognano un semplice ritorno al vecchio ordine delle cose. Noi stiamo andando verso queste cose inedite. Non sappiamo che cosa saranno, e non le faremo accadere. Accadranno da sé. La vera scossa sistemica sarà interna al sistema, ma esterna alla volontà degli uomini che, in ogni caso, non conoscono mai la storia che fanno. La storia non è tanto aperta quanto piuttosto imprevedibile. Tutto ciò che nella storia ha fatto rumore è stato preceduto da un grande silenzio. Kata-strophè vuol dire rovesciamento. Anche nelle epoche di acque basse la marea, un giorno, finisce con l'arrivare.

di Alain de Benoist - 15/11/2010

 

Fonte: Centro Studi Opifice

[tratto da Diorama letterario n. 299]

Offline Animus

  • Veterano
  • ***
  • Post: 4409
  • Sesso: Maschio
    • uomini3000
Re: Un'epoca di acque basse
« Risposta #1 il: Novembre 17, 2010, 23:39:00 pm »

L'Europa oggi...non vuol più avere nessun ruolo storico.
Costituisce una sorta di massa inerte ...Vi abbondano i poteri, ma non ha potenza.

E anche Nietzsche, quando evocava «l'ultimo uomo».

Già...

Giacchè così stanno le cose: l'immeschinimento e l'appiattimento dell'uomo europeo cela il nostro più grande pericolo, dato che questa vista infiacchisce..
Oggi noi non vediamo niente che voglia diventare più grande, abbiamo il presentimento che si andrà sempre più giù, più giù, finchè si diventerà più sottili, più bonari, più avveduti, più amanti degli agi, più mediocri, più indifferenti , più cinesi, più cristiani - l'uomo, non v'è dubbio, diventa sempre "migliore"...
Qui appunto sta la fatalità dell'Europa - con la paura dell'uomo abbiamo perso anche l'amore per lui, il rispetto per lui, la speranza in lui, anzi la volontà di lui.
La vista dell'uomo rende ormai stanchi - che cos'è oggi il nichilismo se non è questo?...Noi siamo stanchi dell'uomo.

F. Nieztsche



Quando Nietzsche dice "Oggi" .. correva l'anno 1887!

Io ormai l'ho detto e lo ripeto spesso, quest'uomo era un genio.
Eppure a volte mi pare, che anche quest'appellativo gli stia decisamente stretto....
Ti sentirai più forte, un uomo vero, oh si , parlando della casa da comprare, eggià, e lei ti premierà, offrendosi con slancio.  L'avrai, l'avrai, con slancio e con amore … (Renato Zero)

Ha crocifissi falci in pugno e bla bla bla fratelli (Roberto Vecchioni)

Offline jorek

  • Veterano
  • ***
  • Post: 1648
  • Sesso: Maschio
Re: Un'epoca di acque basse
« Risposta #2 il: Novembre 17, 2010, 23:44:54 pm »
quando ho letto l'articolo,in particolare la parte da te citata,ho pensato "sta a vedere che animus ci fa un pensierino".io al contrario di nietsche el cose le posso prevedere solo in un arco di tempo che al massimo tocca il quarto d'ora  :P

Offline Animus

  • Veterano
  • ***
  • Post: 4409
  • Sesso: Maschio
    • uomini3000
Re: Un'epoca di acque basse
« Risposta #3 il: Novembre 17, 2010, 23:49:40 pm »
quando ho letto l'articolo,in particolare la parte da te citata,ho pensato "sta a vedere che animus ci fa un pensierino".io al contrario di nietsche el cose le posso prevedere solo in un arco di tempo che al massimo tocca il quarto d'ora  :P

Credimi già vedere quello che c'abbiamo davanti al naso ... è una gran cosa... non è da tutti.

Per vedere avanti 100 anni invece, beh.......... :rolleyes:
Ti sentirai più forte, un uomo vero, oh si , parlando della casa da comprare, eggià, e lei ti premierà, offrendosi con slancio.  L'avrai, l'avrai, con slancio e con amore … (Renato Zero)

Ha crocifissi falci in pugno e bla bla bla fratelli (Roberto Vecchioni)

Offline jorek

  • Veterano
  • ***
  • Post: 1648
  • Sesso: Maschio
Re: Un'epoca di acque basse
« Risposta #4 il: Novembre 18, 2010, 11:48:52 am »
piu che riuscire a "vedere avanti" è l'essere riuscito a cogliere una verità oggettiva, esser riuscito a formulare un pensiero valido per diverse età storiche, come la fine dell 800 e questo periodo

Offline Archiloco

  • Affezionato
  • **
  • Post: 238
  • Sesso: Maschio
Re: Un'epoca di acque basse
« Risposta #5 il: Novembre 18, 2010, 12:22:44 pm »
Alain de Benoist è a livello mondiale,uno dei pochi intellettuali fuori dal coro, che critica la società contemporanea da una prospettiva non marxista.Credo che Massimo Fini abbia alcune idee in comune con lui.

Offline jorek

  • Veterano
  • ***
  • Post: 1648
  • Sesso: Maschio
Re: Un'epoca di acque basse
« Risposta #6 il: Novembre 18, 2010, 12:40:41 pm »
alain de benoist è partito da ambienti neofascisti per evolversi ed arrivare a costituire ilpensiero della nouvelle droit (tutto questo negli anni '70). Si con fini ha diversi punti in comune anche se i due hanno origini politiche diverse