Queste statistiche e queste affermazioni sono completamente false. tra l'atro non risultano gli autori di queste scioccheze. Comunque volete farvi 2 risate e vedere la caratura dei nostri luminari ? Ecco un esempio
Un cuore modello femminile
Alla presentazione dei risultati del progetto "La donna di cuore", campagna di prevenzione promossa dalla SIC insieme ai supermercati COOP, si delinea un'altra tipologia di rischio cardiaco
Una donna su 3 muore a causa di una malattia cardiovascolare e dopo i 55 anni d'età le cardiopatie colpiscono il sesso femminile in maniera uguale se non superiore agli uomini. L'infarto in rosa è diagnosticato in ritardo, rispetto a quanto si verifica nell'uomo, perché si presenta con sintomatologia differente, ancora poco conosciuta. Sono alcuni degli aspetti che hanno spinto gli esperti della Società italiana di cardiologia (SIC) a mettere il cuore femminile al centro di un'indagine effettuata nei supermercati COOP fra ottobre 2007 e febbraio 2008. I risultati della ricerca sono stati presentati il 15 maggio a Roma durante una conferenza stampa. "Il dato che salta maggiormente agli occhi - ha spiegato Francesco Romeo, presidente di FIN SIC, il braccio operativo della società scientifica - è che il 71% delle oltre 4.600 donne visitate ha il colesterolo più alto rispetto ai valori desiderabili. Il 48% supera persino il valore già abbastanza allarmante di 200. In più, solo il 36% effettua attività fisica regolare e ben il 23% fuma, in media 10 sigarette al giorno. Forte allarme anche per sovrappeso e obesità: il 30% del campione ha problemi di peso, il 12% è obeso e l'1,1% è fortemente obeso. Tutti elementi che devono far riflettere sul fatto che, se per la metà sono i fattori genetici a influire sul rischio di malattie cardiovascolari, per l'altra metà contano i fattori ambientali, su cui si può e si deve intervenire". Nel corso dell'incontro il presidente uscente della SIC, Francesco Fedele ha colto l'occasione per lanciare un appello al viceministro alla Salute Ferruccio Fazio per rivedere e aggiornare le carte del rischio cardiovascolare. "Occorre una rivisitazione critica di queste carte - ha spiegato Fedele - alla luce dei dati che stanno emergendo in particolare sul mondo femminile. Le tabelle attualmente a disposizione, infatti, fanno abbassare il livello di guardia perchè sono state compilate sulla base di una popolazione che non corrisponde a quella di oggi e non tengono in considerazione le ultime conoscenze sul pericolo corso dalle donne in determinate condizioni, soprattutto nella fascia d'età 40-60 anni". "Le donne di oggi - ha aggiunto Francesco Romeo, - non sono più quelle di una volta, che stavano a casa ad aspettare i mariti: oggi hanno anche due lavori, sono sempre in attività e spesso stressate. Questo aumenta il rischio cardiovascolare e lo equipara a quello degli uomini". Le tabelle che utilizzano i medici per calcolare il rischio cardiovascolare del singolo paziente devono essere aggiornate con le più recenti evidenze scientifiche, soprattutto per quanto riguarda le donne.
IL DOTTORE-PAPÀ «HO CHIAMATO DI NASCOSTO IL PEDIATRA. E ALL’OSPEDALE RASSICURAVO I PAZIENTI»
Io, medico e la febbre di mia figlia
Il pneumologo Harari: l’influenza arriva a casa, assalito dai
dubbi. «Ho chiamato di nascosto il pediatra. E all’ospedale
rassicuravo i pazienti»
MILANO - Non bastavano i malati in ospedale, torno a casa e
mia figlia, due anni e mezzo, ha la febbre a 39; è giovedì sera.
Niente, tutto in fumo. Venerdì mattina vado in ospedale, non
facciamo che rispondere alle domande di chiarimento dei nostri
pazienti con problemi respiratori sul vaccino per l’influenza
H1N1, «Lo devo fare? È proprio necessario? ma mi hanno detto
che..., ho letto su internet...». Un vero delirio, non abbiamo
tempo per dilungarci in spiegazioni con tutti, il telefono non ces-
sa di squillare, quando rispondiamo la domanda è sempre la
stessa: «E il vaccino?». Anche nei corridoi veniamo fermati da
malati che cercano risposte. Poi ci sono i pazienti che le
polmoniti da influenza A ce l’hanno davvero e il nostro tempo è
per loro, vengono ricoverati e cominciano i dubbi: quando fare
il tampone per la conferma diagnostica del virus? Cominciare a
trattare in attesa dell’esito o aspettare il risultato? E per quanti giorni trattare? Ci telefoniamo tra
colleghi: tu quanti casi hai visto? Come sono andati? Ma hai messo in isolamento il malato? Per
quanti giorni? I dubbi e le domande sono molti più delle certezze che le diverse indicazioni
operative regionali e ministeriali vorrebbero trasmettere.
I DUBBI - Torno a casa, è venerdì sera, mia figlia ha sempre 39 e la febbre non scende, non mangia
e beve poco, mi appello alla mia razionalità di medico e cerco di non preoccuparmi, con mia moglie
non accenno al dubbio che sia la nuova influenza, non voglio agitarla anche se lei mi sembra molto
più tranquilla di me, ma lei non è medico, appunto. Sabato idem, chiamo una amica pediatra ver-
gognandomi un po’, mi tranquillizza e rifiuto con un gesto di superiorità del quale mi pento subito
la sua offerta di visitarla a casa. Ausculto la piccola, mi sembra vada tutto bene, febbre a parte.
Comincio a rompere il velo del silenzio con mia moglie e accenno alla possibilità che sia la nuova
influenza, ho qualche esitazione nel nominarla, quasi che evocarne il fantasma possa farla
materializzare; 25 anni di medicina e tutto il mio illuminismo scientifico si stanno sbriciolando nel
giro di poche ore. La giornata è costellata di telefonate di amici e pazienti con febbre, naturalmente
tranquillizzo tutti. Intanto studio gli ultimi lavori usciti sulla pandemia, leggo dei decessi tra i bambini e tra le persone sane, pochi, certo, ma ci sono. Mi sfiora un dubbio: e se l’avessi passata io ?
LA PEDIATRA - È domenica, Anna ha ancora 39, nascondendomi in bagno mando un sms alla mia
amica pediatra, «la bambina ha ancora la febbre, la porterei in ospedale a farle dare un’occhiata», e
annuncio i miei irragionevoli propositi a mia moglie che continua a essere molto più tranquilla di
me. L’amica mi risponde come speravo, verrà a vedere la bambina, accenno a un educato rifiuto, ma
mi dice che è sulla sua strada e non lascia spazio a repliche. Arriva e mi rendo conto, essendo questa
volta dall’altra parte, come la presenza di un medico possa rassicurare, solo a vederla entrare sto me-
glio. Tutto bene, acqua e zucchero, qualche consiglio e un po’ di pazienza e tutto passerà. Chiac-
chieriamo un po’, mi racconta della baraonda nelle sale d’attesa, delle riunioni di aggiornamento
sulla pandemia strapiene e mal organizzate e con informazioni confuse. Squilla il telefono, e' un
collega che dirige una pneumologia alle porte di Milano, è stanchissimo, hanno 4 casi di polmonite
da H1N1, deve curarli e contemporaneamente perdere tempo a giustificarsi con la sua Asl che
protesta per l’eccessivo consumo di antivirali. La domenica trascorre tra telefonate e piccole
commissioni. Anna finalmente si sfebbra. Domani è lunedì, si torna in ospedale, il caos
dell’influenza mi aspetta ma almeno mia figlia sta bene
Sergio Harari
direttore dell'Unità di Pneumologia ospedale San Giuseppe di Milano
06 novembre 2009
Questa e' una perla. DIRETTORE DELL'UNITA' DI PNEUMOLOGIA. e SE LA FA ADDOSSO PERCHE' LA FIGLIA HA LA FEBBRE.
Chiama la pediatra. Un pneumologo chiama la pediatra per una forma RESPIRATORIA. naturalmente la moglie era piu' tranquilla. Lui invece si e' dato da solo dell'INCAPACE. E epr civetteria lo va anche s scrivere sul cprriere della sera. Abbiamo capito ora a che livello e' la presunta SCIENZA ? iNETTO E VANITOSO . ( Naturalmente l'ordine dei medici di Milano si guardera' bene dal radiarlo )