Da Il Giornale
Sgarbi sulla ''separazione delle carriere''
Tre donne fanno tremare il governo
La Prestigiacomo va nel gruppo misto
di Vittorio Sgarbi
Dopo i tormenti della Carfagna e il pasticcio al Senato di Rosi Mauro Berlusconi deve affrontare il "caso Prestigiacomo". Lo strappo di Stefania: "Lascio il Pdl, non mi riconosco più nel partito". La nota di Palazzo Chigi: solo un incidente
Lo strappo di Stefania Prestigiacomo è solo l'ultimo episodio. Su una lapide, a lettere capitali, andrebbero scritte le parole di Barbara Berlusconi: «Mara Carfagna? La cosa più grave è che trovi il coraggio di lagnarsi... Se si sente discriminata lei, che dai Telegatti è diventata ministro, la cosa assume dimensioni grottesche». Diversamente da Paolo Guzzanti e da Filippo Facci, esponenti del centrodestra, di pensiero autonomo, e critico fino alla rottura mi sono sempre astenuto dal fare osservazioni su Mara Carfagna. Ho trovato enorme che, diventata deputata nel 2006, fosse nominata ministro nel 2008.
Il pensiero unico e politicamente corretto l’haportata ad essere la beniamina del mondo gay. Ma la posizione della Chiesa, apparentemente retrograda, non lede le pari opportunità, sancisce il primato della famiglia natura. Come avrebbe dovuto sostenere, al di là delle convinzioni personali, un ministro di centrodestra. Ma, liberale e di larghe vedute e istintivamente tollerante, Berlusconi non la richiamò all’ordine, determinando la sensazione di un’incoerenza vantaggiosa solo per la bella ministra. Inevitabile che la Carfagna abbia completamente dimenticato quello che oggi le ricorda implacabilmente Barbara Berlusconi: «Penso solo che quelle che mio padre chiama pubblicamente “debolezze” abbiano inciso sulla sua vita privata, ma anche sulla sua vita politica».
Ed era difficile non pensare all’ingratitudine nei confronti di Berlusconi, che oggi la figlia Barbara denuncia, il giorno in cui la Carfagna, con sdegno e orgoglio, dichiarò che, per il contrasto con un suo collega di partito Cirielli, uomo onesto e probo immune da inchieste giudiziarie che hanno, per esempio, investito, fino alla richiesta d’arresto (compagni magistrati che sbagliano?) l’amico del cuore Italo Bocchino, si sarebbe dimessa da ogni ruolo nel partito, al Parlamento e nel ministero, riparandosi a vita privata. E, parimenti, all’indignazione di Veronica Lario cui la Carfagna non era mai piaciuta. Sembrava esagerata la sua reazione: «Forza Italia non mi ha scelto per la bellezza», fingendo di ignorare che Berlusconi l’ha voluta e scelta fino all’incredibile voltafaccia in nome della sua dignità politica. Ma il virus è evidentemente contagioso. Ed ora tocca a Stefania Prestigiacomo, altra bella, assurta per merito al ruolo di ministro dell’Ambiente. La Prestigiacomo però mette le mani avanti, stabilendo un paradosso della ragione: «Non mi dimetto da ministro, ma dal Pdl. Un’uscita degna di Fini, suo buon amico. Il quale, alle illazioni su un loro rapporto amoroso, invece di essere lusingato, rispose con disprezzo: «Sono indignato che qualcuno possa averlo pensato».
Veramente l’opposto del candido e onesto Berlusconi. Voglio specificare: non so e non credo che Fini sia andato a letto con la Prestigiacomo, ma non vedo l’offesa nell’attribuirglielo, La risposta onesta sarebbe dovuta essere: «Non è vero, ma mi sarebbe piaciuto». Di Fini abbiamo visto la parabola con l’ostinazione e la tenacia nel conservare il posto di presidente della Camera andandosene dal partito che aveva contribuito a fondare. Della Prestigiacomo non potevamo immaginare che si sarebbe mossa nella stessa direzione, riproducendo quel passo della processione del Venerdì Santo a Taranto che si chiama «nazzicata » e che serve a stare fermi pur andando avanti. Un passo avanti e due indietro. Così resta ministro, ma si dimette dal partito che l’ha voluta ministro. Era difficile fare peggio di Pecoraro Scanio come ministro dell’Ambiente, ma neanche lui sarebbe stato capace di tanto.
Andarsene rimanendo. Delle contraddizioni della Prestigiacomo io mi ero accorto quando venendo a Palermo Valery Giscard d’Estaing, presidente emerito della Repubblica francese per un importante convegno sull’energia eolica, lei mi pregò di non insistere ad invitarla perché, pur essendo siracusana e ministro dell’Ambiente (la Sicilia è devastata dalle pale eoliche) la questione non la riguardava perché la Sicilia era una regione autonomae il governo non aveva competenze sulla materia. Cosa non vera. Ma faticherei ad immaginare che Tremonti, la Gelmini, Sacconi o Maroni si dichiarassero incompetenti sulla Sicilia per non mettere in discussione il suo statuto autonomo. Ma la Prestigiacomo al convegno non si vide.
E nonostante le indagini della magistratura sugli interessi della mafia nell’eolico si è pronunciata soltanto per rimproverare al presidente Lombardo di avere contrastato l’azione criminale delle imprese interessate a questo affare. Se oggi Berlusconi deve fare i conti con due ministre «nazzicatamente » dimissionarie, a fasi alterne, un giorno sì e un giorno no, chi dal partito e chi dal governo, con continui e improvvisi capricci (e lui nella sua bontà e generosità è incline a perdonarle), Bossi si trova con la severissima Rosi Mauro che, per favorire la riforma Gelmini, applica agli emendamenti un ritmo rap, sovrapponendoemendamenti approvati ed emendamenti respinti, in un’accelerazione parossistica che favorisce le proteste dell’opposizione. La sua azione è commissariata dal presidente Schifani, ma la sua fede cieca nella lotta le ostacola la comprensione della realtà. Fa casino, ma è uno spirito nobile.
Mai oserebbe fare e neppure pensare quello che hanno fatto la Carfagna e la Prestigiacomo. E infatti, coerentemente, non si dimette né dalla vicepresidenza della Camera né dal partito. A chi osserva appare comunque che, dopo la crisi dovuta a Veronica Lario e a Elisabetta Tulliani,oggi l’instabilità politica sia legata al temperamento e al comportamento di altre tre donne capricciose e difficili. E non bisogna dimenticare la minaccia continua e carsica che viene dalla Mussolini e dalla Santanchè, anche e soprattutto quando si dichiarano totalmente fedeli a Berlusconi. Ma la più pericolosa è certamente Michela Vittoria Brambilla, indisponibile a dimettersi come le sue colleghe, ma pronta a crociate che sembrano fatte apposta per creare difficoltà a un uomo già pieno di problemi come il presidente del Consiglio. Il suo animalismo, infatti, non si esprime soltanto, indiscriminatamente, contro la caccia e i cacciatori che hanno votato compatti per il Pdl, ma arriva fino a mettere in dubbio e a contrastare tradizioni storiche, di grande significato, come il Palio di Siena. Berlusconi tra i vari venti di crisi, si aspetti anche questo e pensi, delle tante donne che lo circondano, all’intelligenza e al buonsenso di sua figlia Barbara.
Dal suo pensiero potrà derivargli un suggerimento: la separazione delle carriere. Non pensando soltanto a quella dei magistrati. Ma a quella delle belle ragazze. Chi si è distinta e ha mostrato il suo merito nell’amore o nella grazia fisica non deve necessariamente fare il ministro. Si tratta di carriere sperate. Se Berlusconi ne è sempre stato convinto per i magistrati, ora credo che lo cominci a pensare anche per le ragazze che ha portato al governo.