Scusatemi ma adesso voglio fare le pulci a questa situazione.
Non disponendo di tabelle o calcoli, voglio usare semplicemente la logica per smontare quello che a me pare proprio essere solo un'ennesima scusa perottenere dei privilegi belli e buoni a scapito del genere maschile.
Analizzo la situazione sotto vari punti di vista.
Primo punto di vista.
Immaginiamo che il dato secondo il quale le donne guadagnino meno degli uomini sia ottenuto mettendo assieme il monte totale degli stipendi delle donne e dividendolo poi per il numero di donne occupate e facendo lo stesso con gli uomini.
E' chiaro che, almeno, in questo caso, vi sia un gender gap.
Ma occorre tenere conto di alcune cose.
La prima: in questo calderone allora, sicuramente, vanno infilate anche le posizioni dirigenziali. Ma, correggetemi se sbaglio, le posizioni dirigenziali non sono sottoposte a CCNL. Ergo si fanno con contrattazione privata (un po' come i calciatori, diciamo...). "Se ti do tot, tu lavoreresti per me?" "NO!! voglio tot più 100"! A questo punto sta al datore di lavoro accettare o meno... o al futuro dirigente accettare o meno. Qui entra in campo la capacità personale di contrattazione! Chi impedisce alle donne di non accettare un lavoro che ritengono, a livello personale, sottopagato???
La seconda: in questo calderone non si terrebbe conto che le donne non sono impiegate nei lavori pericolosi (dai quali si guardano ben bene dal domandare quote rosa). Mi pare perfettamente legittimo, razionale e ovvio che questi lavori siano pagati meglio degli altri. E' più corretto pagare di più chi lavora a 40 metri di altezza per costruire un viadotto piuttosto che chi lavora comodamente seduto dietro ad una scrivania.
Secondo punto di vista.
Pensiamo a chi è sottoposto a CCNL.
In questo caso, la retribuzione è stabilita PER CONTRATTO e dal contratto NON SI PUO' USCIRE!!! (a meno che tu non ti chiami Marchionne... ma questo è altro discorso...)
Dove lavoro io una donna che occupa il mio stesso livello e fa il mio stesso lavoro viene pagata esattamente come me!!
E se non lo fosse, basterebbe recarsi da qualunque magistrato o Ispettorato del lavoro per denunciare la cosa! E in quattro e quattr'otto state sicuri che a quel datore di lavoro che non applicasse il CCNL farebbero un mazzo tanto per comportamento antisindacale!
Ma mi spingo oltre!! Rapportiamo lo stipendio alla produttività. Anche qui mi pare pacifico che, laddove serve un lavoro basato sulle doti fisiche, un uomo, mediamente, possa produrre più di una donna.
Ora: se io, uomo, produco 1000 pezzi al mese e vengo pagato 1000 euro al mese e una donna produce 500 pezzi al mese per limiti fisici e guadagna 1000 euro al mese, chi è che guadagna di meno????? A voi la risposta!
Terzo punto di vista.
Ho parlato di CCNL.... vediamo ora i tipi di lavoro che esistono in Italia. Sostanzialmente sono di due tipi, alla fin fine: il lavoro statale e quello privato.
Lavoro statale: non conosco le buste paga delgi statali ma presumo siano pubbliche...quindi consultabili. Ma senza consultare, può essere plausibile che uno Stato applichi il principio secondo il quale un uomo debba essere pagato più di una donna a parità di mansione e livello??????? Ma quando mai????????? Per cortesia: siamo seri!
Lavoro privato: ho già detto che un privato che applicasse una paga differenziata tra uomo e donna andrebbe contro il CCNL quindi sarebbe perseguibile per legge...
Ma ragioniamo anche qui. Lo scopo ultimo del privato è, ovviamente, il guadagno, il fare soldi, creare utili.
Allora... voi siete il privato e dovete assumere una persona: scegliete un uomo o una donna??? Se fosse vero che gli uomini percpiscono uno stipendio maggiore delle donne, quale datore di lavoro sarebbe tanto pazzo da assumere una persona che gli costa di più in termini di stipendio quando può tranquillamente assumerne una che può pagare meno solo per il suo genere sessuale??? Mi chiedo se siano, allora, pazzi questi imprenditori ad assumere gli uomini, visto che devono pagare loro uno stipendo più alto?????
Quarto punto di vista.
Cosa è uno stipendio? Si misura, da decenni ormai, non tanto a pezzi prodotti ma a ore lavorate. Se io lavoro quel numero di ore mi dovranno dare quel dato stipendio.
Si può obiettare che le donne, alla fin fine, guadagnino meno poiché, poverette, costrette dalla società patriarcale (sic!!) a occuparsi anche della famiglia e quindi obbligate ad accontentarsi di contratti atipici, part time.
Se io lavoro la metà delle ore che lavora un uomo che occupa la mia stessa posizione e ha il mio stesso livello, guadagno la metà?? CERTO CHE NO! Guadagno di più!!!!!! Perché le ore a part time sono pagate, se la memoria non mi inganna, di più delle ore lavorate in un orario full time! Quindi, a rigor di logica, chi lavora part time, sì che prende uno stipendio inferiore, ma il tempo che egli passa al lavoro è pagato di più di chi fa le proverbiali otto ore!!
Quindi: chi guadagna di più?????????
E' chiaro che se diciamo che le donne guadagnano meno e poi non consideriamo il fatto che, magari, lavorano meno ore.....
Quinto punto di vista.
Lavoro in nero. Qui è effettivamente una jungla. Qui vale tutto. Ivi compreso il fatto che un uomo venga pagato più di una donna, a parità di mansione e livello.
Ma dove sono i dati certi, visto che si basano su calcoli aleatori???????????????? Il lavoro in nero è proverbialmente "sommerso", non si sa molto e non si possono avere dati certi. Quindi è scorretto metterlo nel "calderone". E non voglio nemmeno pensare a tutte quelle donne che, magari, lavorano part time per avere la possiblità di lavorare anche in nero.... e guadagnare di più in barba al fisco (e a queste statistiche del menga...), o a quelle altre che preferiscono continuare a lavorare in nero perché sennò, altrimenti, perderebbero il mantenimento ottenuto dopo la separazione..... (e secondo voi quante sono? Tante o poche??)
Ma possibile che nessuno, a certa gente, sia in grado di fare questi semplici ragionamenti???
Se qualcuno ha dati certi che smentiscono quanto ho scritto, per cortesia, si faccia avanti.
E chiederò scusa per i miei, in tal caso, madornali errori di valutazione.