Il fatto, un brutto e grave caso di cronaca cittadina: una ragazza marocchina ha rifiutato a più riprese le avance di uno spasimante e lui per vendetta le ha tirato dell'acido addosso, sfigurandola.
E poi è stato prodotto questo capolavoro:
http://www3.lastampa.it/torino/sezioni/cronaca/articolo/lstp/384947/Come è stato difficile convincere Hasna a raccontare la sua storia. Hasna con il viso sfigurato, Hasna che è ancora bellissima, Hasna che ha paura di tutto e forse, più di tutto, ha paura di non essere compresa. «Mi vedono così, tutta bruciata. Dicono che sono una puttana, che me lo sono meritata. Ma non è vero. Io non ho fatto niente di male. Ho solo detto a quel ragazzo che non volevo fare l’amore con lui. Sono stata gentile: “Mi dispiace, scusa, non voglio”. Mi seguiva dappertutto. A Porta Palazzo, alla fermata del 49, insisteva. Mi anche ha fatto vedere una collana: “Voglio stare con te, sposami”. Al terzo rifiuto mi ha ridotto così. E io non conoscevo neanche il suo nome».
È l’ora di pranzo. Al Valentino due fidanzati corrono vicini. Hasna si è messa una sciarpa di lana intorno alla faccia per coprire le cicatrici. La tiene stretta sul naso per non farsi vedere, ma adesso urla e in parte si scopre: «Perché?» Dopo cinque mesi nel reparto grandi ustionati del Cto, dopo nove operazioni chirurgiche al viso, agli occhi, alle braccia, sul petto e lungo la schiena, è tornata a respirare l’aria non filtrata della città. Fuori ha scoperto qualcosa di doloroso quasi quanto l’acido muriatico: «Sono sola. A Torino nessuno si preoccupa per me. A parte i medici e gli infermieri dell’ospedale, che sono stati molto gentili e mi hanno trovato un alloggio. Non so da che parte iniziare». Troppi pensieri difficili le girano in testa: «Leggo di Yara e di Sarah, ne parlano tutti i giorni in televisione. Di me invece nulla, solo perché sono marocchina. Ma sono anche io una ragazza scomparsa».
Hasna Beniliha, 19 anni, originaria di Casablanca, stringe in mano un piccolo diario azzurro della serie televisiva americana O.C. Dentro ha scritto alcune frasi a matita. Conti economici a due cifre. Intanto cerca di imparare l’italiano. Si è iscritta a un corso di cucina: «Sono brava a cucinare - spiega - il mio sogno è lavorare in un ristorante». Fra le pagine del diario tiene una fotografia scattata l’ultima volta che è andata in Marocco, otto mesi fa. È bionda, truccata, ha messo un rossetto rosa, sembra più grande della sua età. Si capisce che pensa alla ragazza della foto, quando dice di sentirsi anche lei una ragazza scomparsa: «Ero bella, guarda... Ora sono rovinata per sempre. Me l’aveva giurato: “Se non stai con me, non starai più con nessuno”».
Era la sera del 28 agosto. Corso Principe Oddone, alla fermata del pullman: il suo pretendente la stava aspettando. Tre giorni dopo i carabinieri della Compagnia Oltredora, agli ordini del capitano Luigi Isacchini, hanno arrestato l’uomo che voleva rovinare per sempre Hasna Beniliha. Si chiama Abderrahim Soufi, 23 anni, stava scappando verso Asti e poi oltre.
Ma quello che gli investigatori hanno scoperto nelle settimane successive, forse, è ancora più sconcertante. Anche un amico marocchino di Soufi è stato arrestato. È accusato di avergli comprato l’acido muriatico. È stata quindi una scelta meditata e condivisa, quasi una punizione collettiva. Perché Hasna non voleva rassegnarsi all’idea di essere un oggetto, che si può avere in cambio di una collana rubata. La vita di Hasna Beniliha era già abbastanza dura prima che succedesse tutto questo. Sposata in Marocco a 15 anni. È arrivata a Torino a 17 per stare vicina a suo marito, operaio in una fabbrica del Canavese. Ma ogni minimo tentativo di indipendenza, contrastava con i programmi delle due famiglie d’origine. Hanno litigato fino a separarsi.
Prima dell’acido muriatico Hasna faceva la badante e altri lavori in nero. Divideva con un’amica un piccolo alloggio a Barriera di Milano.
Stava cercando di diventare una donna in grado di provvedere a se stessa. «Dell’Italia avevo visto solo alcune fotografie - racconta - ma pensavo che avrei trovato più libertà per le donne, più benessere. Mi sbagliavo». Non ha avuto il coraggio di parlare a sua madre: «Non capirebbe, siamo lontani. Aggiungerei altro dolore». Anche la lettura dei giornali, in questi giorni, non fa bene al suo umore: «Certe volte penso alla storia di Ruby, marocchina come me, 19 anni, coperta d’oro dal presidente Silvio Berlusconi. Dice di essere generoso, di aiutare le persone in difficoltà. Allora mi domando: chissà se potrebbe farlo anche me, anche se adesso non ho più una bella faccia e un bel corpo?». Hasna sorride piena di amarezza.
È brutto arrivare ai suoi occhi attraverso le poche persone che si sono interessate in questi mesi. Un amico marocchino dice così: «Ormai per lei è meglio morire, tanto è rovinata». Non è vero, Hasna è ancora bella. Hasna è ancora una bambina.