Autore Topic: Essere donna è mica un handicap?  (Letto 978 volte)

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Essere donna è mica un handicap?
« il: Febbraio 01, 2011, 23:19:25 pm »
non vorrei malignare, ma visto anche il modo di porre la questione, l'articolo mi sembra più guidato da interessi che da senso di giustizia, comunque:
(per chi vuole, c'è la possibilità di lasciare un commento sul sito al link indicato)




http://www.generazioneitalia.it/2011/01/31/essere-donna-e-mica-un-handicap/

Francia e Germania discutono su due proposte di legge che mirano a “riservare fino al 40% di posti alle donne nei consigli di amministrazione”. La motivazione? Troppi uomini. E non è mica falso. Riflettiamo però. Riteniamo il posto “riservato” una soluzione al sessismo imperante? Le cosidette Quote Rosa, sono una risposta che mira a risolvere il problema? Oppure altro non è che un semplice contentino? Fossi donna, mi arrabbierei. Essere donna non è un handicap, e le quote rose non tutelano e non risolvono, semplicemente certificano un problema di fondo, il sessismo maschile. Anche perché il riservare dei posti per legge non garantisce il rispetto del sacro principio della meritocrazia. Non si possono selezionare risorse umane in virtù del sesso. E’ discriminazione al contrario. Un partito come Futuro e Libertà, che si fonda sulla meritocrazia e sull’uguaglianza, sui pari diritti e sulla libera competizione, non può e non deve prevedere quote rosa riservate. Piuttosto, il nostro partito deve garantire pari opportunità, deve adoperarsi affinchè tutti possano avere gli stessi strumenti, stessa visibilità, stessa ricompensa e stesso percorso sociale. Un partito plurale e democratico non pone vincoli e non effettua scelte mirate. Le Pari Opportunità, per il nostro partito, devono riguardare espressamente coloro che vivono situazioni socio-economiche disagiate, gli anziani, i portatori di Handicap, ma non certo l’essere donna. Perché, per noi, non esiste l’essere uomo o l’essere donna, ma esiste l’individuo, con la sue qualità umane e professionali. L’impegno di Futuro e Libertà deve essere il riconoscimento a pieno titolo del merito, competenza e militanza, a prescindere dal sesso o dall’orientamento sessuale o religioso. Perché per lottare contro il sessismo non c’è mica bisogno di porre etichette all’essere donna, riservandole spazi che le toccano di diritto invece. Stabilire quote per legge sarebbe come riconoscere la violazione di ciò che è un diritto costituzionale. E ciò non è più ammissibile. E non dovrà esserlo in FLI. Meritocrazia e valorizzazione della militanza (per le cariche politiche) sono a mio avviso la forma migliore e più dignitosa, per tutelare i diritti della donna.
Io ho riposto le mie brame nel nulla.
(Stirner , L'Unico e la sua proprietà)
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