Autore Topic: Poste italiane o cosche italiane?quando la mafia si nasconde dentro la posta...  (Letto 1037 volte)

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Offline Salar de Uyuni

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FRANCESCO CARBONE: HO DENUNCIATO E ORA MI RITROVO SENZA LAVORO E NESSUNO CHE MI ASCOLTI
 Autore: lospecchioblog
 Girando per Facebook si trovano diverse pagine, molte divertenti, altre interessanti. Poche, però, ti colpiscono come quella di Francesco Carbone, un uomo che a 35 anni si ritrova senza lavoro con una famiglia sulle spalle da mantenere, un uomo rigettato in Sicilia, nella sua terra d’origine, dopo aver lavorato a Verona per le Poste Italiane. Vi chiederete perché: semplicemente perché ha fatto il suo dovere di cittadino, ha denunciato ciò che era da denunciare, non ha chiuso un occhio quando bisognava stare con tutti e due gli occhi ben aperti. Ma è proprio questo il problema: la sua storia ci rivela quello che è il “marciume italiano”; ci rivela un Paese nel quale si preferisce lasciar correre, a volte chiudendo anche entrambi gli occhi (uno solo non basterebbe…).
Quest’intervista ci fa capire come (e quanto) la politica influisca in ogni aspetto della vita sociale, quanto conta avere appoggi, quanto conta essere, in pratica, clientes. E quanto (purtroppo) conta stare zitti, non denunciare, altrimenti le porte si chiudono. E se si bussa nessuno più risponde.
Francesco Carbone.
 La tua storia è la prova evidente del malaffare che dalla politica tocca poi tutti gli ambiti anche del sociale. La tua storia dimostra quanto la legge non sia super partes. Cerchiamo allora di capire meglio. Partiamo dal principio. Tu eri responsabile a Verona della ditta che ha l’appalto di Poste Italiane.
Quali erano le condizioni di lavoro?

Francesco Carbone:''per quanto riguarda la sicurezza e sull’igiene, c’erano gravi carenze sia da parte di Poste italiane e sia da parte delle ditte appaltanti e su questo argomento ho fatto tre esposti all’Usl di Verona sezione Spisal che ho allegato alla denuncia presentata in procura e autoarchiviata con metodi mafiosi dai procuratori capo Papalia e Schinaia.
Nella denuncia scannerizzata e pubblicata sul mio profilo si possono vedere le denunce presentate e tutte le carenze da me denunciate.

Quali sono la minacce e le vessazioni che ti hanno portato alle dimissioni?
Carbone:''Come descritto anche sulla denuncia, praticamente hanno coinvolto forze dell’ordine appartenenti ai servizi segreti, o altro simile indirizzo, che invece di tutelare me hanno fatto in modo che io ritardassi la presentazione della denuncia in procura.
Sono stato minacciato da un dirigente con fare mafioso, che mi ha detto: “hai pestato i piedi a chi non dovevi e da oggi ti verrà controllato contestato e sanzionato tutto”. Dal giorno successivo hanno messo un dipendente di Poste Italiane di guardia accanto al mio posto di scarico per controllare ogni mio movimento.
L’appaltante per telefono (telefonata registrata) un giorno mi disse: “lei e’ un morto di fame, mi denunci pure, tanto io pago e ho soldi lo stesso fino a che campo. A lei l’aggiusto io, la mando in Sicilia per come so io. Anzi la denuncio per aver fatto lavorare persone in nero”.
Continue sono state le sanzioni economiche per disservizi anche non causati dagli autisti della ditta in appalto, ma con la colpa data lo stesso agli stessi. La ditta, invece di fare provvedimenti disciplinari agli autisti , decurtava direttamente dalle buste paga le somme da dare a Poste Italiane per le sanzioni, con la complicità della sindacalista che consigliava di pagare le multe, altrimenti dopo diversi provvedimenti disciplinari si poteva perdere anche il posto di lavoro.
Un giorno i due bracci destro dell’appaltante mi dissero che era inutile che mi mettevo contro Poste Italiane e contro l’appaltante in quanto erano coperti politicamente sia per il fatto che l’appaltante era il nipote dell’ex capo della polizia e dei servizi segreti Ferdinando Masone, sia perché mi fecero notare che gli appaltanti del centro sud del servizio postale in appalto facevano tutti riferimento a un ex Ministro della Giustizia e tutto ciò per incutermi paura e farmi desistere dalla mia guerra per i miei diritti.

Delle denunce dunque hanno portato a queste minacce. Denunce che tutti per legge sarebbero tenuti a fare giusto?

Carbone:''In teoria si, ma nella pratica non lo fa nessuno.

A quali organi hai denunciato queste irregolarità?

Carbone:''Sindacato Cgil; Direzione provinciale del lavoro Verona; Ispettorato del Lavoro Verona; Procura di Verona; Ministro Brunetta; Ministro Sacconi; Ministro Alfano; tutti Onorevoli e Senatori via e-mail; Consiglio Superiore della Magistratura.''

Cosa ti hanno risposto al momento?

Carbone:''Nessuna risposta da parte di nessuno e nessun intervento è stato fatto tranne una misera ispezione da parte dell’Usl, che comunque ha portato a una denuncia penale nei confronti dell’appaltante.

E poi? Cosa è cambiato con le tue denunce?

Carbone:''L’unica cosa che è cambiata è che dopo che sono andato via hanno dato per la prima volta dopo 7 anni i dispositivi di protezione individuali agli autisti e hanno incaricato un addetto alla sicurezza, figura totalmente assente dal 2001 al 2007.

Passiamo al secondo aspetto di questa vicenda che ha dell’incredibile. Una volta che è stato fatto di tutto per estrometterti, prendi tutto il materiale a tua disposizione e ti rechi alla Procura della Repubblica per una denuncia. Qui come sono andate le cose?

Carbone:''Mi hanno voluto accompagnare i finanzieri con cui ho collaborato per mesi e la cosa strana è che mi hanno detto di consegnare e fare ratificare solo la copia che lasciavo in Procura e che la mia copia non dovevo farla ratificare. Io invece me la sono fatta ratificare senza dirgli nulla e quindi erano convinti che io non avessi alcuna ricevuta della denuncia presentata in Procura.''

Quanto la politica c’entra in questa vicenda? Si parla infatti anche di coperture politiche...

Carbone:''Già il fatto che nessun politico mi ha voluto fare un’interrogazione parlamentare o che sia intervenuto è già un’evidente copertura politica ed entra in gioco il vecchio detto “Cane non mangia Cane” anche se il “Cane” sarebbe obbligato per legge ad intervenire. Come diceva spesso l’appaltante “Poste Italiane è un grande calderone dove tutti ci mangiano e nessuno controlla”.

E invece tu hai cercato aiuti dalla politica? Quante porte in faccia hai ricevuto e quanta disponibilità? Se puoi fai anche i nomi…

Carbone:''Non ho alcun problema a fare i nomi, in quanto sono loro e non io a dovermi vergognare o ad aver paura dalla giustizia.
La disponibilità c’è stata solo via e-mail da parte di esponenti di Idv che subito si è tramutata in una gran porta in faccia.
Borghesi di Idv mi aveva detto via e-mail di far pervenire tutta la mia documentazione alla sede del partito ed io, per evitare che la documentazione non arrivasse a destinazione, l’ho portata a mano fino alla sede del partito a Roma in Via Maria. Ma non solo non sono stato accolto dall’Onorevole, ma sono stato educatamente buttato fuori dalla sede del partito.
Barbato (ancora Idv) è l’Onorevole che ho chiamato al cellulare quando sono andato a protestare davanti al Parlamento, ma ha negato dicendo di non conoscermi. Quando gli ho detto che la telefonata che avevamo fatto 2 giorni prima era stata registrata ed era inutile che facesse finta di non conoscermi, allora mi ha risposto e mi ha detto che la competenza non era sua e che dovevo rivolgermi a Pedica.
Sonia Alfano (Idv) ha avuto per quasi un mese tutta la mia documentazione con tutte le mie denunce per ricevermi solo per miseri 10 minuti nei quali mi dice che la mia vicenda non e’ di competenza del Parlamento Europeo.''

Da quanto tempo non ottieni una risposta? Perché pensi tu non possa (o debba) avere una risposta?

Carbone:''Avere una risposta negativa significherebbe omettere una denuncia con prove allegate e quindi il rischio è di ricevere una mia denuncia querela o una mia opposizione che porterebbe la risposta da negativa a positiva e, dunque, a un inizio di processo.
Il non avere alcuna risposta, per loro, è un modo per sfiancarmi e farmi uscire fuori di senno per far in modo che io faccia qualche cazzata e riversare qualcosa su di me, o di farmi desistere visto che sono anche senza soldi, e cercare di far perdere più tempo possibile affinché, anche se il processo avesse luogo, si arriverebbe a una prescrizione.''

Oggi com’è la tua vita?

Carbone:''Secondo te com’e’ la vita di un padre di famiglia che non ha un lavoro e che cerca disperatamente di fare emergere la propria vicenda con tutti i pochi mezzi che ha a disposizione?''

Come ti sei mosso e come ti stai muovendo per cercare di smuovere le acque, per far sì che le tue denunce non rimangano lettera morta?

Carbone.''Ho pensato da subito che il mezzo più economico sarebbe stato il passaparola per diffondere il più possibile la mia vicenda visto che nessuno mi voleva rispondere via e-mail e non sapevo a chi chiedere aiuto.
Con Facebook ho trovato lo strumento che mi serviva ed è stato un ottimo mezzo per arrivare ad avere la prima intervista in una tv locale, “Tv Alfa”, e l’interessamento di tanti blogger e qualche radio antimafia.''

Quanto è assurdo, secondo te, che un cittadino, solo per aver fatto nient’altro che il suo dovere, ovvero denunciare ciò che non va, oggi si ritrova in queste condizioni?

Carbone:''Non e’ assurdo se si pensa di stare in un sistema dittatoriale com’è oggi l’Italia, dove tutti i politici fanno il teatrino facendo finta di litigare interpretando ognuno la sua parte in questa grande soap opera in cui gli attori sono politici, magistrati, banchieri e giornalisti e gli spettatori sono il popolo italiano fesso che crede a tutto ciò che vede in tv o che legge sui giornali.
Purtroppo l’ignoranza è dilagante e, se solo gli italiani si mettessero la Costituzione e il Codice penale in mano, capirebbero che in questo Paese non viene rispettato né l’uno e né l’altro da coloro che dovrebbero essere i garanti sia della Costituzione e sia del Codice penale e parlo di tutte le correnti politiche del Parlamento, nessuna esclusa.''

Pensi ancora che questo Paese sia a tutti gli effetti “democratico” e “funzionante”?

Carbone:''Non ho mai pensato che fosse funzionante o democratico in realtà. Ma visto che ci sono le leggi e ancora sono attuabili, nel mio piccolo pretendo che siano rispettate.''

Internet è un ottimo canale per diffondere la tua vicenda. La pagina “Francesco Carbone. Il coraggio di denunciare” conta ad oggi più di diecimila fans e speriamo che quest’intervista possa servire a qualcosa. Cosa speri o pensi di ottenere? Speri un giorno si possa ottenere giustizia?

Carbone:''Come ho detto prima Facebook è stato un fratello per me e sicuramente avrò giustizia. E’ necessario, però, che la mia vicenda diventi di pubblico dominio.
Non devono dare risposte solo a me, ma a tutto il popolo italiano.''

Aderisci al gruppo Facebook di Francesco Carbone e aiutiamo tutti, nel nostro piccolo, a far sì che la sua vicenda diventi di dominio pubblico. Facciamo in modo che la sua lotta sia la lotta di tutti! La verità non deve conoscere individualità o singoli: dobbiamo sentirci tutti chiamati in causa! Tutti possiamo (e dobbiamo) essere Francesco!

Qui la pagina facebook di Francesco Carbone con tutta la documentazione
https://www.facebook.com/pages/Francesco-Carbone-il-coraggio-di-denunciare/107453602609163


« Ultima modifica: Febbraio 07, 2011, 14:45:35 pm da Salar de Uyuni »
Da quando dio e' morto in occidente,pare aver prestato la sua D maiuscola al nuovo oggetto di culto la ''Donna''

Offline Salar de Uyuni

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Francesco Carbone e l’Italia senza pudore
da http://www.agoravox.it/Francesco-Carbone-e-l-Italia-senza.html
 
“Mi chiamo Francesco Carbone e vi scrivo pubblicamente dopo avervi scritto in privato molte volte senza ricevere alcuna risposta seria da parte vostra e le poche risposte che mi avete dato sono solo vergognose”. Così inizia la lettera aperta datata 3 ottobre e inviata da Francesco Carbone a “Tutte le autorità dello Stato e ai mezzi d’informazione”. E’ una lettera infuocata: “codardi”, “massoni”, “mafiosi”, “mi fate schifo”, ma anche se sembrano parole un po’ forti, un motivo per scriverle c’è ed è validissimo.

Prima di tirare le somme della vicenda però, la illustrerò così come la racconta Francesco e così come è testimoniata dai documenti ufficiali da lui diffusi. Brevemente:

Per sette anni Francesco Carbone è stato il responsabile per Verona della ditta che ha l’appalto di Poste Italiane. Ad un certo punto Francesco inizia a lamentarsi per la mancanza assoluta di sicurezza e igiene sul posto di lavoro, l’obbligazione a fare lavori che, per contratto, non gli competevano, la presenza di lavoratori pagati in nero, straordinari sottopagati in nero, mezzi di trasporto mal messi e spesso senza revisione, estorsione di denaro agli autisti prelevato dalle loro buste paga sotto forma di rimborsi, continui insulti e minacce da parte del personale e dei dirigenti di Poste Italiane.

La situazione è insostenibile e gravissima quindi Francesco decide di denunciare la cosa, per primo ad un dirigente della Cgil, che però oltre a non fare nulla gli consiglia di non “disturbare” gli alti dirigenti di Poste italiane. Non è finita. Vista la perseveranza di Francesco, il dirigente riferisce a tutti gli autisti della ditta che per colpa sua perderebbero il lavoro, creando attorno al denunciante il vuoto. La seconda denuncia che scrive Francesco Carbone è all’Ispettorato del lavoro. Denuncia la presenza di lavoratori in nero con tesserino identificativo fornito dai dirigenti di Poste italiane. Il direttore ordinario della Procura di Verona Palumbo non procede con l’ispezione perché ha forti dubbi sulla veridicità di quanto affermato da Francesco, senza verificare alcunché e senza denunciarlo per false informazioni a pubblico ufficiale. La USL di Verona, dopo la denuncia per le irregolarità riguardanti sicurezza e igiene, e soprattutto dopo la minaccia di denuncia (contro di loro) per omissione di atti di ufficio da parte di Francesco, esegue solo qualche controllo, senza lavorare realmente per concludere le indagini. La quarta e ultima sconfitta per Francesco Carbone arriva quando, dopo mesi di collaborazione con i Servizi Segreti e la Guardia di Finanza, non si svolgono i controlli sull’evasione fiscale denunciata e addirittura si tenta di far ritardare la denuncia che doveva presentare in Procura.

Francesco è costretto a dare le dimissioni in seguito a minacce e vessazioni di stampo mafioso ricevute dai dirigenti della ditta appaltante e di Poste italiane, appoggiati, come dichiarato da loro stessi, dalla politica e dalla (mala)giustizia. Ciliegina sulla torta, il Direttore del Triveneto di Poste italiane manda una raccomandata al datore di lavoro di Francesco per interdirgli l’entrata in tutti gli uffici di Poste italiane.

Però, testardo, indignato, Francesco è stanco di quell’Italia che è solo “spaghetti e mandolino” e decide di denunciare con video, foto, registrazioni e documenti ufficiali ad una Procura della Repubblica i gravi reati penali che si stavano perseguendo in Poste italiane. Dalla presentazione della denuncia sono passati 17 mesi e 8 giorni quando il Capo della Procura Schinaia decide di archiviarla senza nemmeno avvisare Francesco né interpellare il Gip, come prevede la legge.

Francesco presenta altre nove denunce, scrive a svariati Ministri e a tantissimi giornali, tv e blog. Praticamente niente e nessuno ha il coraggio di raccogliere le denunce fatte da Francesco e aiutarlo a diffondere la sua vicenda. Se non qualche spiraglio di libertà.

Il finale della storia non è a lieto fine, soprattutto perché siamo nella vita reale e non basta svegliarsi per far finire l’incubo: Francesco si è dovuto trasferire in Sicilia con tutta la sua famiglia, è a oggi disoccupato da 2 anni, e si chiede se “secondo voi è giusto e normale in una Nazione definita civile, perdere il posto di lavoro, perdere la dignità, perdere il diritto di avere giustizia per aver fatto il mio dovere e aver preteso i miei diritti?”.

Una fogna che chiamano Paese, Nazione, Italia. E noi tutti che ci viviamo in questa fogna e pur di non sentirne il puzzo cerchiamo di puzzare più di lei. Mentre chi, come Francesco, ha ancora il coraggio di denunciare.

Da quando dio e' morto in occidente,pare aver prestato la sua D maiuscola al nuovo oggetto di culto la ''Donna''